L'economia romena continua a crescere, ma è più fragile di quanto possa sembrare. Ed intanto la politica si organizza per i prossimi appuntamenti elettorali
Il 2019 si preannuncia come un anno quantomeno interessante in Romania, sia dal punto politico sia da quello economico e sociale. All’inizio del 2019 la Romania ha assunto la presidenza dell’Unione europea che dovrà onorare per sei mesi. Nel frattempo il governo di Bucarest guidato dalla social-democratica Viorica Dăncilă dovrà occuparsi anche di elezioni europee, previste a fine maggio. Per i politici romeni le europee rappresentano un vero e proprio test in vista delle elezioni presidenziali (che si terranno a novembre o dicembre) e delle parlamentari previste per il 2020. Ed è per questo che a Bucarest si sta pensando intensamente a nuove alleanze politiche.
Ma a preoccupare maggiormente i romeni, già dagli inizi dell'anno, sono i segnali che arrivano dall'economia del paese. Questo nonostante il governo ritenga nel 2019 di poter annunciare una crescita economica del 5,5% del Pil, che si discosta dal 3,8% di crescita previsto dalla Commissione europea e del 3,4% del Fondo monetario internazionale.
Dato il contesto europeo, dove in alcuni paesi, come l'Italia, si gioca sul filo della recessione, l'economia romena potrebbe sembrare in piena salute. Non è così. Nel giustificare la sua stima l’esecutivo di Bucarest promette che alla base della crescita economica vi saranno gli investimenti, mentre gli analisti è probabile poi spieghino che tale crescita sta avvenendo solo via consumo e inflazione (la più alta dell'Ue).
Per mantenere le proprie promesse elettorali il governo nel 2018 ha aumentato stipendi e pensioni, misure che hanno inciso sull’inflazione. Il 2019 è partito invece con nuove tasse, per rimpinguare le casse dello stato. Tra queste una tassa denominata “sull’avidità”: per tentare infatti di tenere il deficit pubblico sotto il 3% il governo ha introdotto una tassazione sugli utili delle banche.
La moneta nazionale, il Leu, si sta svalutando a ritmo sostenuto. Dragoș Frumosu, presidente della Federazione dei Sindacati dell’Industria Alimentare ha dichiarato ai media locali che l'inflazione sta incidendo in modo rilevante sul tenore di vita della popolazione. Secondo Frumosu gli aumenti di stipendi che hanno preso avvio il primo gennaio saranno annullati completamente dall’aumento dei prezzi. Il presidente dei sindacati dell'industria alimentare ricorda che la crescita economica spettacolare della Romania degli ultimi anni (con il record del +7% del Pil nel 2017) era basata sul consumo e non sulla produzione che ultimamente sta diminuendo. ”Gli unici che continuano a portare soldi nel paese sono i romeni che lavorano all’estero e questo non è normale”, sottolinea Frumosu. Nel frattempo in Romania si temono quest'anno aumenti di prezzi del 6-8% per gli alimenti.
Secondo Eurostat oltre 7 milioni di romeni, il 35,7% della popolazione, sono esposti alla povertà. Nonostante in questo campo la Romania continui a registrare progressi (-8,6% rispetto al 2008), il paese continua a restare tra i tre paesi con il tasso di povertà maggiore dell'Ue: la Bulgaria (38,9%) e la Grecia (34,8%).
I litigi politici che incidono sull’economia
Nonostante sia già febbraio, la Romania non ha ancora approvato la legge del bilancio per l’anno in corso. Già dagli ultimi mesi dell’anno scorso la legge di bilancio è oggetto di dispute tra il governo e il capo dello stato Klaus Iohannis.
Quest’ultimo si è rifiutato di dare il via libera al bilancio poiché i social-democratici al potere avevano previsti tagli ai fondi dei servizi segreti. Il presidente del PSD Liviu Dragnea ha continuato sulla propria strada ribadendo "l’opportunita" di tagliare fondi ai servizi e destinarli ad esempio alla sanità. A favore di Dragnea in questa diatriba sta la disastrosa situazione della sanità, con i medici che avvertono che anche i fondi destinati sono insufficienti e che quest’anno il sistema sanitario rischia il collasso.
Il disegno di legge che presenta il bilancio è stato finalmente pubblicato sul sito del ministero delle Finanze ma dev’essere ancora approvato dal Parlamento. È stato definito sull'ipotesi di crescita economica del 5,5%, un'inflazione del 2,8% e un deficit del 2,55% del Pil.
Europee
A maggio si svolgeranno anche in Romania le elezioni europee. Per il Parlamento europeo la Romania ha a disposizione 32 seggi e la concorrenza è alle stelle visto che Bruxelles è molto ambita, a partire dalle opportunità salariali che interessano sia il singolo politico in corsa che il suo partito di appartenenza.
In vista delle prossime elezioni di maggio (un test per le elezioni presidenziale di fine anno in Romania) si è costituita l’alleanza tra l'USR (l’Unione Salvate la Romania) - terza forza politica del paese, costituita nel 2015 come un’alternativa alla vecchia classe politica coinvolta in scandali di corruzione, ottenne nelle elezioni politiche del 2016 l’8,8% dei voti - e la nuova formazione politica Plus (il Partito della Libertà, Unità e Solidarietà di Dacian Cioloș, ex commissario europeo nonché ex premier della Romania). I due movimenti hanno concordato liste comuni alle europee e poi valuteranno se presentarsi uniti anche alle presidenziali di fine anno ed alle politiche del 2020. L’Alleanza USR Plus si presenta come una possibile alternativa di governo.
Intanto dal principale partito della Romania, il PSD di Liviu Dragnea, continuano le migrazioni verso un nuovo partito, "Pro-Romania", guidato dall'ex socialdemocratico nonché ex premier Victor Ponta. Il partito, di ideologia progressista e social liberale, è formato soprattutto da vecchi membri del PSD. Ponta è riuscito di recente ad attirare nel partito la commissaria europea, Corina Crețu (anch’essa una ex PSD ) e l’ex premier PSD Mihai Tudose. Pro Romania si presenterà da solo alle elezioni europarlamentari e spera di ottenere un risultato attorno all'8-10% dei voti, corrispondenti a circa 3-4 parlamentari.
Alle elezioni europee non mancheranno all’appello i liberali – il PNL - di Ludovic Orban (che appoggia ed è appoggiato dal capo dello stato Klaus Iohannis), seconda formazione del paese, l’UDMR (l’Unione Democratica dei Magiari della Romania) e l'ALDE ( l’Alleanza dei Liberali e dei Democratici) di Călin Popescu Tăriceanu, anch’esso un ex primo ministro della Romania ora partner di governo con il PSD.
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