Le elezioni romene, segnate da bassa affluenza alle urne, disegnano un panorama politico incerto. Ai social democratici la maggioranza dei voti, ai liberal democratici quella dei seggi. Per il nuovo governo restano centrali le figure di Basescu e Tariceanu
Colpo di scena alle elezioni in Romania, dove il partito liberaldemocratico (Pdl) di centrodestra, fino ad oggi all'opposizione e strettamente legato al presidente della Repubblica Traian Basescu ha ottenuto tre seggi in parlamento più dell'alleanza di centrosinistra Psd-Pc ( Partito socialdemocratico - Partito Conservatore), nonostante abbia ottenuto un numero inferiore di voti.
Dopo il conteggio finale, il Pdl si è assicurato 166 seggi contro i 163 della coalizione tra socialdemocratici e conservatori. Il risultato è frutto della nuova legge elettorale, che abbina il voto uninominale a quello sulle liste: così i candidati che hanno ottenuto solo decine o centinaia di voti entreranno nel nuovo parlamento, mentre altri che hanno raccolto molti più consensi ne resteranno fuori. Tutto dovuto ad una complicata redistribuzione dei voti, definita da più parti "assurda". Lo stesso premier uscente, Calin Popescu Tariceanu, durante lo spoglio è stato sul punto di perdere il proprio mandato di deputato, ed è riuscito ad entrare in parlamento all'ultimo momento.
Con un'affluenza al voto ai minimi storici (meno del 40%) i romeni hanno confermato la loro avversità verso la propria classe politica, di cui numerosi rappresentanti sono indagati per corruzione (che in Romania è endemica e generalizzata ), ma che si sono comunque candidati e sono stati anche eletti, nonostante il voto uninominale, che in generale "espone" molto di più la personalità dei candidati. Da questo punto di vista, secondo il presidente Basescu, che in passato aveva promosso una campagna anti-corruzione, presto passata nel dimenticatoio, il risultato di queste elezioni è paradossale. Il tema della lotta alla corruzione, hanno fatto notare in molti, è stato quasi del tutto assente dalla campagna elettorale.
Sono solo quattro i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 5%: oltre al Psd-Pc e al Pdl hanno ottenuto seggi in parlamento il Pnl (Partito nazionale liberale) e l'UDMR (Unione dei Magiari della Romania). Resta fuori e non sarà più un partito parlamentare il partito estremista-nazionalista "Romania Mare" (Grande Romania) di Corneliu Vadim Tudor, che si rivela il grande perdente delle prime elezioni a voto uninominale tenute in Romania.
Nonostante i risultati siano definitivi, è ancora impossibile dire chi abbia vinto effettivamente le elezioni in Romania. Questo sarà possibile solo dopo le consultazioni che porteranno alla formazione del nuovo governo. Se restiamo al numero di preferenze, a vincere è la coalizione di sinistra guidata dai socialdemocratici, ma per numero di mandati la vittoria appartiene ai democratici liberali, anche se per un margine minimo di tre seggi.
Secondo i risultati finali del Ufficio Elettorale Centrale (BEC), la "coalizione rossa" Psd-Pc raccoglie il 33,09% dei voti per la Camera dei Deputati e 34,16% al Senato. Il Psd, formazione politica erede del vecchio partito comunista, non ha espresso preferenze riguardo ai possibili futuri partner di governo, ed è disposto quindi ad aprire negoziati con tutti.
Il Pdl, legato al presidente Basescu, ha ottenuto il 32,36% dei voti alla Camera dei Deputati e il 33,57% al Senato, un punto percentuale in meno all'alleanza dei socialdemocratici, ma, come già visto, avrà tre mandati in più nel parlamento.
Il terzo partito, il Pnl del premier uscente Calin Popescu Tariceanu, nonostante abbia preso "solo" il 18,57% alla Camera e 17,74 % al Senato è considerato da molti "il vero vincitore " della tornata elettorale, perché sembra avere il potenziale politico per giocare il ruolo di ago della bilancia nella formazione della futura coalizione che guiderà il paese. Il Pnl potrebbe quindi tornare al governo sia insieme ai socialdemocratici che ai democratici liberali.
Rispetto ai primi, il partito di Tariceanu ha una sorta di "debito politico", in quanto ha governato negli ultimi anni, nonostante la mancanza di una maggioranza in parlamento, proprio grazie all'appoggio esterno assicurato dal Psd. Pnl e Pdl sono stati invece alleati nelle elezioni del 2004, ma a causa di animosità personali tra Basescu e Tariceanu la loro alleanza è andata in frantumi, nonostante professino una dottrina ideologica piuttosto simile.
Siccome nessun partito ha ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento, toccherà al presidente della Repubblica decidere chi sarà il prossimo primo ministro in Romania. Tutto dipende ora dalle strategie per le future alleanze che ogni partito deciderà di adottare.
L'Udmr, (Unione dei Magiari della Romania) con il suo elettorato stabile intorno al 6% è l'ultimo partito ad entrare in parlamento, e potrebbe anche stavolta fare parte dal governo: il suo leader, Marko Bela, ha annunciato di aver ricevuto segnali positivi da tutti i partiti interessati a creare una maggioranza di governo.
Anche il presidente del Consiglio Nazionale del Psd, Adrian Nastase, ha affermato che i socialdemocratici terranno negoziati con tutti i partiti per la formazione del nuovo governo. Anche il presidente del partito Mircea Geona, ora possibile candidato alla poltrona di premier, non esclude alcuna alleanza, purché si governi.
Il vicepresidente del Pnl, Crin Antonescu ha fatto sapere che ci sono possibilità reali che il leader liberale Calin Popescu Tariceanu continui a fare il primo ministro. La prima possibile variante per governare resta la coalizione con i democratici liberali. La seconda riguarda un governo Psd-Pnl con Tariceanu premier. I liberali, nonostante siano solo il terzo partito, non rinunceranno facilmente alla carica di primo ministro, coscienti del loro ruolo chiave nei negoziati. Dall'altra parte, secondo un altro esponente liberale, l'ex presidente della Camera Bogdan Olteanu, se necessario il Pnl è pronto a diventare un partito di opposizione.
Corteggiati da tutti, i liberali intendono firmare un protocollo d'intesa con l'Unione dei Magiari di Marko Bela. Si avvicinerebbero così ad un 25% dei voti, percentuale che gli offrirebbe un peso ben diverso nei negoziati.
Secondo Basescu, comunque, prima del 12 dicembre la Romania difficilmente avrà un nuovo governo. Il capo dello stato ha più volte ricordato che, secondo le prerogative che gli spettano, tocca a lui scegliere il futuro premier, visto che nessun partito ha ottenuto più del 50% dei voti. Visto il desiderio di Basescu che il Pdl guidi il prossimo esecutivo, il candito alla poltrona del premier del Pdl, Theodor Stolojan, ha al momento ottime possibilità di ricevere il mandato presidenziale. E' questa l'unica soluzione che, per il momento, Basescu accetterebbe davvero a cuore aperto. Theodor Stolojan, economista di formazione, è stato già premier di un governo tecnico all'inizio degli anni '90.
A prescindere dalla formula adottata, alcuni analisti già pronosticano vita breve per il futuro governo della Romania, spingendosi a scommettere su elezioni anticipate fra due anni. Il prossimo esecutivo avrà comunque un compito duro, dovendo sopportare tutti gli effetti della crisi economica, ormai già molto sentita anche in Romania: disoccupazione, difficoltà nel settore creditizio e diminuzione delle esportazioni.
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