Quest'estate è stata segnata, in Turchia, da crescente insofferenza nei confronti dei richiedenti asilo provenienti dall'Afghanistan. Un'intervista alla sociologa Didem Danış
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans )
Didem Danış è una sociologa e professoressa presso l'Università di Galatasaray. Lavora da quindici anni sul tema della migrazione in Turchia. Con i membri dell'Istituto Francese di Studi Anatolici (IFEA), ha visitato Van dal 3 al 5 agosto scorsi. Questa città, vicino al confine con l'Iran, è un importante punto d'ingresso per i rifugiati che passano attraverso la Turchia.
Anche prima che Kabul cadesse in mano ai talebani, le immagini dei rifugiati che attraversano in massa il confine tra Iran e Turchia circolavano già nei media turchi e sui social network. Questo ha esacerbato il sentimento anti-migranti che ha pervaso l'opinione pubblica turca dall'inizio dell'estate. La migrazione afghana verso la Turchia tuttavia non è cosa nuova...
Al momento, c'è una retorica dell’odio verso i migranti in Turchia. Io cerco di attenuare questi atteggiamenti mostrando in particolare che il passaggio di migranti non è un qualcosa di nuovo. Negli ultimi due anni, con il Covid-19, il numero di persone che attraversano il confine è diminuito, ma nel 2018 e 2019 ci sono già stati grandi arrivi di afghani in Turchia.
A fine luglio/inizio agosto, tra 1000 e 2000 persone attraversavano il confine ogni giorno. I numeri sono importanti, ma la situazione oggi non è diversa da quella di due, tre anni fa. Bisogna anche sottolineare che il numero di attraversamenti aumenta significativamente in estate, un fenomeno che è stato osservato per quasi un decennio. In inverno, è davvero difficile e pericoloso attraversare le montagne coperte di neve.
Dopo la nostra visita a Van, i numeri sembrano essere diminuiti e i giornalisti presenti lì hanno parlato del passaggio di circa 300 persone al giorno. Questo è dovuto al controllo rafforzato del confine da parte delle forze di sicurezza turche.
Qual è la situazione a Van?
Van è una città piuttosto povera. Non ci sono molte opportunità di lavoro per i rifugiati lì, così continuano il loro viaggio verso altre città turche.
Poiché i controlli sono stati rafforzati nella regione, Van è diventata una città pericolosa per gli afghani che possono essere arrestati, mandati in un centro di detenzione e poi deportati in Iran. Non ci sono molte deportazioni legali, ma ci sono certamente deportazioni illegali che ovviamente non sono documentate.
Quando i centri di detenzione sono pieni, le autorità turche rilasciano agli afghani un documento che permette loro di viaggiare. Senza questo prezioso documento non possono comprare un biglietto dell'autobus e così ricorrono ai contrabbandieri. In effetti, le frontiere non finiscono a Van: a causa dei controlli della polizia, si può dire che ci sono diverse frontiere in Turchia. Ci sono tre o più percorsi alternativi diversi per i contrabbandieri, e cambiano continuamente a seconda della presenza delle forze di sicurezza.
Così i rifugiati rimangono alla periferia di Van e i contrabbandieri organizzano il loro passaggio verso l'interno del paese. I contrabbandieri hanno stabilito un sistema efficiente e collaborano con alcuni attori locali. Per esempio, al confine, alcuni abitanti del villaggio li aiutano a controllare dove sono i soldati turchi o iraniani. A Van, avvertono della presenza di agenti di sicurezza turchi. Penso anche che i contrabbandieri siano legati a certe istituzioni: la corruzione fa parte del sistema di contrabbando.
I piccoli contrabbandieri vengono spesso fermati dalla polizia, mentre le reti più grandi con buoni rapporti con gli agenti di sicurezza hanno maggiori probabilità di poter contrabbandare più persone, per esempio in grandi camion. A Van, ho anche incontrato dei tassisti che organizzano viaggi per gli afghani: da Van a Konya, alcuni fanno pagare 5.000 lire turche (circa 500 euro), altri il doppio. Questo fa parte dell'economia di questa città di confine dove il contrabbando è sempre esistito. Prima era la droga, la benzina, il gas o il tè... Oggi, sono i rifugiati a trovarsi al centro del traffico.
Quale la destinazione finale di questi rifugiati?
La destinazione desiderata è spesso l'Europa, ma in realtà è dove possono trovare un lavoro. Economicamente, la Turchia è un paese interessante. Finora il governo li lasciava lavorare, spesso in nero, le autorità chiudevano un occhio. A Istanbul e in altre grandi città, possono lavorare nell'edilizia, sulle coste dell'Egeo e del Mediterraneo lavorano nel settore turistico. Si tratta sempre di lavori mal pagati e in cattive condizioni, poiché questi lavoratori non hanno mezzi per far valere i loro diritti. Tuttavia, non descriverei questa migrazione come economica. Direi che è più una strategia di sopravvivenza.
L'arrivo dei talebani al potere cambierà probabilmente la situazione. Oggi gli afghani che sono in Turchia non sono i più istruiti. C’è certamente più di un rifugiato politico delle classi sociali più agiate, ma sono molto pochi.
Oggi, secondo le cifre ufficiali, più di 6.000 afghani hanno chiesto asilo in Turchia negli ultimi cinque anni. Le autorità analizzano i dossier, ma se sono riconosciuti come rifugiati, non possono rimanere nel paese perché Ankara non concede lo status di rifugiato ai non europei. Quindi devono aspettare di nuovo per essere reinsediati in un paese terzo e ci possono volere più di dieci anni.
La maggior parte degli afghani che ha scelto di rimanere in Turchia faceva parte delle comunità turkmena o uzbeka e conosceva la lingua turca...
I turkmeni e gli uzbeki sono ben accolti dalla società turca perché sono considerati come turchi dell'Afghanistan. Loro stessi sottolineano che sono turchi e questo li aiuta nella loro vita quotidiana, se vengono controllati dalla polizia per esempio.
Anche per il Partito d'Azione Nazionalista (MHP, partito nazionalista di estrema destra), che è l'alleato dell'AKP nella maggioranza di governo, questa fratellanza è importante. Ora vedremo se il governo permetterà agli uzbeki in Turchia di beneficiare del ricongiungimento familiare.
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