Bosnia Erzegovina: "Non una di più"
11 ottobre 2023
Oggi, a Sarajevo, Banja Luka, Mostar, Tuzla, Gradačac, Zenica Lukavac e Bijeljina, cittadine e cittadini scenderanno in piazza a protestare e dire “Basta!” ai femminicidi, alla violenza sulle donne e sulle minori, e chiedere alle istituzioni misure concrete a tutela delle vittime.
L’aumento dei femminicidi in Bosnia Erzegovina sta preoccupando cittadine e cittadini, oltre a donne attiviste di gruppi formali e informali, che hanno deciso di smettere di tacere. Alle 16 di oggi urleranno tutte e tutti insieme la loro protesta al grido di “NITI JEDNA VIŠE!” (Non una di più, in Italia corrispondente alla campagna "Non una di meno").
“Perché protestare? Perché il 48% delle donne della Bosnia Erzegovina ha subito violenza sessuale e violenza di genere. Perché l’84% delle violenze che avvengono in casa sono perpetrate da familiari e non vengono denunciate alle autorità competenti. Perché il 70% delle indagini dei casi segnalati alle procure, vengono poi archiviate. Perché a causa di pene blande, molte delle vittime, assieme ai figli e ai familiari, sono esposti a costante e brutale violenza. Perché siamo stanche di vedere crescere di mese in mese il numero delle vittime, mentre la violenza contro le donne e le ragazze viene generalmente percepita o come un problema privato o come qualcosa che è 'colpa loro', perché hanno la 'lingua lunga', perché 'la scollatura è eccessiva', perché 'fanno finta di essere intelligenti', perché 'hanno scelto la persona sbagliata' […]. Non è colpa loro! La colpa, in primo luogo, è di un sistema di disuguaglianza profondamente radicato nella società: una coscienza patriarcale ampiamente coltivata che considera le donne e tutti gli 'altri' come esseri umani inferiori, oggetti di proprietà, soggetti oppressi e spinti all’ultimo posto della scala socioeconomica: la prima sotto l'attacco di un eccessivo abuso di potere e dell'uso della forza. A casa, per strada, sul posto di lavoro, nello spazio pubblico. Non si sentono sicure da nessuna parte. La colpa è delle istituzioni e delle politiche che lo permettono. È colpa dell’opinione pubblica.”
Lo scrivono le organizzatrici della protesta, della “Ženska mreža BiH ” (Rete delle donne di BiH”), in un comunicato in cui elencano le richieste rivolte alle istituzioni, che verranno lette pubblicamente in ogni piazza.
Si chiede, ad esempio, che venga valutato il rischio di recidiva, per ogni caso di violenza domestica segnalata e altre forme di violenza contro donne e bambini contemplate dalla Convenzione di Istanbul, e che venga garantita la massima tutela delle vittime, comprese misure di emergenza e misure protettive.
Che le indagini vengano svolte il prima possibile a seguito del reato denunciato, soprattutto laddove vi è il rischio che la vittima venga sottoposta ad ulteriore violenza, o nei casi in cui le vittime vengono esposte a successive minacce o intimidazioni da parte dei perpetratori, che potrebbero influenzare la decisione di testimoniare in tribunale. Che vengano avviati procedimenti disciplinari per agenti di polizia che non forniscono protezione alle vittime e previste sanzioni per mancata azione di funzionari pubblici.
A seguire una serie di richieste relative ai procedimenti, sia in fase di indagine preliminare come in fase processuale, oltre a riforme della legislazione attuale. Ad esempio l'introduzione del reato specifico di femminicidio, con pene previste da minimo 10 anni di reclusione all'ergastolo.
Inoltre, il riconoscimento dei bambini come vittime di violenza domestica, anche se solo testimoni di violenza contro altri membri della famiglia, e che la violenza psicologica contro le donne venga inserita nel codice penale.