Trent'anni di Premio Sacharov
27 febbraio 2018
Il 2018 segna il trentesimo anniversario del Premio Sacharov per i diritti umani. Il Parlamento europeo lo ha celebrato raccontando le storie di quattro difensori dei diritti umani contemporanei, tra cui quella dell’attivista Jadranka Miličević.
In occasione dei 30 anni del Premio Sacharov per la libertà di pensiero, premio conferito ogni anno dal 1988 dal Parlamento europeo (PE) a singoli, gruppi e organizzazioni che hanno contribuito a proteggere la libertà di pensiero e i diritti umani in tutto il mondo, il PE ha recentemente pubblicato il libro fotografico “I difensori delle nostre libertà”. Realizzato in collaborazione con quattro grandi fotografi dell’Agenzia Magnum, la pubblicazione ripercorre le storie, le vite e l’impegno di due uomini e due donne che si battono per i diritti umani: tra questi troviamo l'attivista Jadranka Miličević.
Jadranka è un’attivista bosniaca, impegnata sin dalla sua fuga da Sarajevo nel 1992 in favore dei diritti delle donne e contro ogni discriminazione. Dopo essersi lasciata alle spalle la città di Sarajevo assediata, Jadranka si rifugiò in Serbia dove entrò a far parte dell’organizzazione femminista e pacifista Donne in Nero di Belgrado. Era l’inizio di un impegno per i diritti umani, in particolare delle donne, che non conoscerà fine. “Con l’attivismo ho iniziato una nuova vita, l’unica vita che amo”, ricorda Jadranka che spiega alla fotografa Bieke Depoorter - che l’ha ritratta durante il suo lavoro tra Bosnia, Montenegro e Serbia - la sensazione di aver perso i primi trent’anni della sua esistenza. La sua vita prima che diventasse un’attivista.
Con le Donne in Nero di Belgrado e altre attiviste in Italia, Germania, Spagna e Ungheria, Jadranka ha contribuito alla creazione di una rete transnazionale di sostegno alle donne vittime di maltrattamenti, in particolare in Bosnia e Croazia. Ha inoltre fondato due organizzazioni femministe impegnate per la promozione della parità di genere, e per l’integrazione delle donne nelle società post-guerra, promuovendo il loro lavoro e contrastando ogni forma di discriminazione. Il lavoro di Jadranka e delle sue colleghe si concentra anche sul tema della trasmissione della memoria: "Il nostro scopo è provare a esercitare pressioni affinché il governo costruisca luoghi della memoria. Aiutiamo le donne isolate e vedove di guerra a difendere i loro diritti. E, ovviamente, cerchiamo i corpi delle persone scomparse. Al memoriale di Srebrenica-Potočari l’elenco delle vittime conta 8.372 nomi, ma sono state ritrovate e identificate solo 6 800 salme”, racconta l'attivista.
Raccontandosi alla fotografa Depoorter Jadranka dice: “L'attività militante e il fatto di occuparmi degli altri è ciò che mi ha permesso di sopravvivere”. Probabilmente è lo stesso per gli altri tre protagonisti della pubblicazione: Asma Kaouech, attivista che ben rappresenta la nuova generazione di tunisini dopo la rivoluzione del 2011; Ameha Mekonnen, l’avvocato etiope che si batte per il diritto di giornalisti e blogger di esprimere liberamente le proprie opinioni, e Samrith Vaing che sostiene la lotta delle minoranze contro l’accaparramento dei terreni da parte delle multinazionali in Cambogia.
Consegnato per la prima volta nel 1988 a Nelson Mandela e al dissidente sovietico Anatolij Marcenko, il Premio Sacharov va ben oltre la cerimonia annuale. Con il connesso programma di borse di studio il PE intende sostenere concretamente gli uomini e le donne che si espongono a rischi enormi per far avanzare le libertà e i diritti nei loro rispettivi paesi. Un impegno che va sostenuto ogni giorno perché, come dimostrano le cronache recenti, i diritti fondamentali non sono mai al sicuro. Ovunque nel mondo negli ultimi anni gli spazi per la società civile si sono progressivamente ridotti. Anche in Unione europea, come ha ricordato il PE durante la seduta plenaria dello scorso 7 febbraio.
Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.