E' tra le rassegne dedicate alla letteratura più rilevanti in Europa. Un'esplorazione del padiglione della Romania
(Originariamente pubblicato da Adevărul il 31 marzo 2017)
Ventidue incontri, con altrettanti dibattiti e presentazioni di libri, accomunati dal filo conduttore “diagonali e confluenze franco-romene”, hanno animato lo stand della Romania di quest’anno al salone Livre Paris che si è svolto tra il 24 e il 27 marzo a Parigi.
Il mitico Livre Paris è un gigantesco bunker in cui si concentrano nello stesso luogo e nello stesso tempo persone e libri dal mondo intero. C'è chi ha la scrittura nel sangue, chi la lettura nel DNA e chi ha trasformato in una professione il far incontrare a tu per tu scrittori e lettori sul più atteso palcoscenico letterario dell’anno della capitale francese. Quest’anno Livre Paris annoverava 3000 autori e 800 eventi distribuiti su quattro giornate, con un focus su un paese ospite. Se nel 2013, come ricordiamo, era la Romania, nel 2017 è il Marocco e, implicitamente, la letteratura africana, a godersi la vetrina.
Collocato in posizione strategica vicino al paese ospite, lo stand della Romania, allestito dal Centro Nazionale del Libro (CENNAC) con il sostegno di ICR Parigi, si è contraddistinto per l’interfaccia estremamente luminosa. Più informale, con una superficie sensibilmente maggiore rispetto all’anno scorso, lo spazio è stato raddoppiato in modo intelligente dall’enorme specchio che rivestiva la parete del fondale. L’architetto Răzvan Luscov ha immaginato, inoltre, un soffitto attraversato da diagonali luminose di neon, in accordo con il tema generale proposto dal CENNAC, “Diagonali e confluenze franco-romene”. Grazie alla superficie riflettente, persino i libri sembravano più visibili e copiosi, i visitatori si avvicinavano più facilmente e la comunicazione era più intensa, stimolata dalle profondità dello spazio raddoppiato. Proprio lì accanto, lo stand del Marocco proponeva un’architettura interattiva originale, con un muro circolare e alto quanto quello che circonda un suk, composto da decine di casette-alveoli. Dentro a ogni alveolo erano appese le pagine di un autore africano che il pubblico poteva strappare e portare con sé per leggerle più tardi, o come ricordo. Sia lo stand della Romania che quello del Marocco sono entrati nella “Top 5” dei più bei stand di Livre Paris 2017 compilato dalla rivista letteraria ActuaLitté.
L’attenzione rivolta all’architettura, in un luogo dove si parla dell’immaginazione generata dalle parole, si accompagna alla convinzione che lo scrivere e la scrittura sono entità autonome che fanno parte dell’inventario di oggetti preziosi di questo mondo. La dichiarazione d’amore appartiene all’editore francese Franck Guyon, che insieme a Séverine Gallardo ha pubblicato per l’editrice Marguerite Waknine un’edizione molto originale dell’opera di Urmuz dal titolo "In abstracto", nella nuova traduzione di Nicolas Cavaillès. Allo stand, l’esperto di avanguardia letteraria Petre Răileanu ha ricordato il prestigio di cui quest’opera singolare e stupefacente, di sole cinquanta pagine, godeva tra i grandi rivoltosi del linguaggio formatisi in seguito, come Eugène Ionesco in Francia, dopo il repentino tramonto del meteorite Urmuz, spentosi per sua volontà a soli quarant’anni, nel 1923.
Folgorazioni (trans)umane
Mentre sulla scena francese del Centre National du Livre (CNL) Enki Bilal, popolare autore francese di album a fumetti e graphic novels, dibatteva con il neuropsicologo e scrittore Axel Kahn di “transumanismo” e “uomo aumentato”, lo stesso argomento veniva affrontato sul piano letterario allo stand della Romania, durante la presentazione di un romanzo sconvolgente: "Il mercante di incipit" di Matei Vișniec, tradotto in francese da Laure Hinckel ("Le marchand de premières phrases") per le edizioni Actes Sud e premiato di recente con il prestigioso Prix Jean-Monnet de littérature européenne. Cosa accade al processo creativo in un’epoca di macchine-creature e programmi sempre più complessi, con assistenza elettronica? Che libertà di creazione resta agli autori-umani, quando il format della pagina elettronica quasi impone loro cosa scrivere? Di quanto tempo dispongono i traduttori-umani per le sfumature, quando esistono kit per la traduzione automatica? Matei Vișniec e Laure Hinckel hanno condotto un dialogo luminoso, dal tema affascinante e inquietante, in perfetto accordo con le riflessioni dei loro confratelli francesi: le macchine, i computer, la tecnologia diverranno sempre più sofisticati, ma l’effetto folgorante trasmesso all’altro, che si realizza nel presente delle emozioni, resterà di matrice puramente umana.
Se, a quanto pare, “l’uomo aumentato” è un’idea che il futuro recupererà al più presto, i libri “aumentati” esistono già. La presentazione de "Il regno di Saša Kozak" ("Le royaume de Sasha Kozak") di Iulian Ciocan, nella traduzione di Florica Courriol, pubblicata dalle edizioni Belleville di Parigi ne è la riprova. Presenti con l’autore e la traduttrice all’evento moderato dalla giornalista letteraria Florence Noiville (Le Monde des Livres), le giovani editrici Marie Trebaol e Dorothy Aubert hanno spiegato i dettagli tecnici di come deve essere letto il libro di finzione aumentata di Iulian Ciocan: un piccolo simbolo sulla pagina qua e là rimanda al sito della casa editrice, dove il lettore può ascoltare, ad esempio, la melodia dei lăutari di cui parla il romanzo. Oltre a questi accorgimenti in linea con i progressi tecnologici, lo scrittore moldavo ha così sintetizzato l’universo del suo romanzo: “L’ambiente sociale può generare molti più traumi di quanto non facciano alcune persone della propria vita”. E poiché Livre Paris si fonda sul credo secondo cui la letteratura delimita le frontiere, è una gioia di lettore constatare che, con la partecipazione e le opere di autori come Dumitru Crudu, Emilian Galaicu-Păun, Radmila Popovici, Tatiana Țîbuleac o Iulian Ciocan, la letteratura romena degli autori di Bessarabia è sempre più di casa allo stand della Romania.
Tempo salvifico per l’anima
Ci sono libri in cui ti senti talmente “a casa”, che voltata l’ultima pagina vorresti diventare un personaggio privilegiato che continui ad abitare nell’universo della finzione. Con un titolo che è tutta una promessa, "La vita comincia di venerdì" di Ioana Pârvulescu è stato tradotto da Marily Le Nir per l’editrice Seuil. L’editrice Odile Serre si è lasciata ammaliare dall’atmosfera della Bucarest del 1897, la cui vita quotidiana viene descritta dall’autrice con un formidabile senso del dettaglio: “Sono stata conquistata dal fascino di un’epoca in una capitale europea che i francesi non conoscono, mi ha conquistato la scrittura elegante dalla struttura classica, la costruzione del romanzo in 13 capitoli che vogliono dire 13 giorni, la trama dal finale aperto nonché l’arte del dettaglio che dà al romanzo un’impressione di credibilità, di familiare, essendo allo stesso tempo un’immersione in un’altra epoca”, ha sintetizzato l’editrice di Seuil. Per la traduttrice Marily Le Nir, il fascino del romanzo ha anche a che fare con l’atmosfera di calore e fiducia che emana dall’universo in cui si sviluppano i personaggi. Caratterizzato da un’erudizione spettacolare, che tuttavia si intreccia alla narrazione con grazia,"La vita comincia di venerdì" è al contempo una replica finzionale e letteraria a tutti i cliché sulla Romania, ammette Ioana Pârvulescu: “L’azione del romanzo si svolge nel 1897, anno in cui Bram Stoker inventa Dracula, che è in pratica tutto quel che oggi si conosce della Romania, oltre al recente riferimento di Harry Potter che in Romania si domano i draghi! Ho voluto mostrare un’altra Bucarest, una capitale che si stava civilizzando, francofona, un luogo cosmopolita dove nessuno mai si annoiava, dove il tempo della vita era salvifico per l’anima, poiché all’epoca si era convinti che qualsiasi sacrificio fatto gettasse le basi per il futuro, una forma di fiducia essenziale che oggi si è persa”.
Buone notizie e formule ispirate
Da un Salone del libro si va via con una pila di libri da leggere in tutta quiete, con la luce negli occhi degli autori incontrati, una manciata di formule eloquenti e, perché no, l’allegria delle buone notizie.
I poeti invitati sono stati prodighi di argomenti ispirati al dibattito moderato dal filosofo e traduttore Bogdan Ghiu attorno all’assioma secondo cui la poesia sarebbe insostituibile: “La poesia ti attraversa il corpo: quando la somatizzi, cominci a sudare” (Dinu Flămând), “esiste un istinto poetico quasi animalesco che è insostituibile” (Simona Popescu), “la poesia è un dialogo tra te e te” (Cosmin Perța), “i poeti citano la lingua per mantenerla viva” (Bogdan Ghiu), “non scrivo poesia per un ascoltatore esterno, è un’esigenza puramente interiore” (Jean Poncet), “la poesia è inevitabile ma se ne scrive troppo poca: un organismo malato secerne anticorpi, una società malata secerne poeti” (Ion Mureșan)”.
Le buone notizie vengono... dai libri. Instancabile rievocatore dell’esilio romeno parigino, lo scrittore Basarab Nicolescu ha fatto allusione, accanto a Dumitru Țepeneag e George Banu, alla sua Parigi personale, durante una tavola rotonda moderata da Matei Vișniec. E nei suoi scritti memorialistici compaiono figure essenziali di scrittori come quelli che nel decennio 1970-1980 frequentavano il cenacolo di Neuilly, celebre tra gli esuli, che si svolgeva a casa di L. M. Arcade: lì si potevano incontrare Monica Lovinescu e Virgil Ierunca, Sanda Stolojan, Theodor Cazaban, Bujor Nedelcovici, Matei Cazacu, ma anche Mircea Eliade, Stéphane Lupasco, Vintila Horia, Horia Damian. La buona notizia è la fondazione di un Museo del Libro e dell’esilio romeno a Craiova, ospitato dalla Biblioteca Aman, con un patrimonio librario senza precedenti, con numerose dediche originali di personalità dell’esilio o scrittori importanti, nato dalla collaborazione tra Basarab Nicolescu, Cristian Bădiliță e Lucian Dindirică.
Un patrimonio vivo
Sulle pareti dello specchio dello stand erano scritti, in caratteri rossi, oltre quaranta nomi di scrittori, artisti o personaggi storici che abbracciano due secoli di dialoghi e confluenze franco-romene. Considerando l’eredità lasciata da figure appartenenti a questo patrimonio culturale, quanto è viva e feconda tale connessione oggi? Questo l’interrogativo dell’incontro allo specchio al quale hanno partecipato le scrittrici Irina Teodorescu, Fanny Chartes e il presidente dell’Istituto Culturale Romeno Radu Boroianu.
Per Irina Teodorescu, scrittrice romena di espressione francofona, autrice del romanzo "Les etrangères" (Gaïa éditions) il desiderio di Francia si è innestato sull’apertura verso il mondo e l’altro: “Il desiderio mi ha fatto uscire, da me stessa, dal mio paese, dalla mia lingua, mi ha spinto a voler comprendere parole che non capivo, e a diventare scrittrice”. Per l’autrice francese Fanny Chartres, traduttrice di letteratura romena e autrice del romanzo "Strada Zambila" (ed. Ecole des loisirs), la curiosità e il desiderio di Romania si sono trasformati in una convinzione: “Se dovessi associare la Romania a qualcosa in particolare, questo qualcosa sarebbe la poesia”. Per Radu Boroianu, il dialogo attuale tra Francia e Romania è legittimato dal patrimonio accumulato negli anni e dalla grande opportunità data a tutte le voci di talento invitate a Livre Paris di dialogare anche nel 2017 allo stand della Romania. Del resto, proprio nel periodo del salone parigino, diversi scrittori e personalità del mondo della cultura, specie dalla Francia, hanno scritto una lettera pubblica con cui chiedono che Radu Boroianu resti alla direzione dell’Istituto Culturale Romeno anche nel prossimo mandato: “Radu Boroianu ha contribuito all’integrazione attiva della cultura romena nel paesaggio culturale francese. Da sempre, la Romania intrattiene un rapporto privilegiato con la Francia, e Radu Boroianu si è imposto come mediatore tra le due culture. Il suo progetto di ampio respiro riguardante la lingua latina e la comunità costituitasi su tale base rappresenta una scommessa essenziale per l’affermazione della nostra identità latina nello spazio europeo”, si afferma nel testo di solidarietà firmato da Basarab Nicolescu, Matei Vișniec, Geoge Banu, Dumitru Țepeneag, Dinu Flămând e Constantin Chiriac.
A mo’ di conclusione, riflessi e riflessioni...
Con uno stand ispirato, creazione dell’architetto Răzvan Luscov e lodato dalla stampa francese, 1700 titoli portati dalla Romania da Libris Brașov, e oltre venti tra presentazioni di libri, dibattiti e incontri, la Romania ha avuto al Salone Livre Paris una presenza consistente, nella buona tradizione degli eventi organizzati dal Centro Nazionale del Libro, dall’ICR e da ICR Parigi.
Per riassumere lo spirito della partecipazione romena a Livre Paris 2017, potremmo scegliere due affermazioni, entrambe simboliche, ascoltate questi giorni a Parigi: la boutade “il romeno è nato francese”, pronunciata più volte, ma anche “è la prima volta che sento di non essere venuto a rappresentare la Romania, ma a rappresentare me stesso come scrittore”, pronunciata con aplomb. Vi è una sorta di riconoscimento di buon auspicio, che si fa più evidente a ogni nuovo titolo della letteratura romena tradotto, a ogni scrittore romeno che entra sul mercato editoriale francese, aggiungendosi al patrimonio già accumulato, grazie all’energia degli instancabili traduttori di letteratura romena e, soprattutto, grazie ai programmi di sostegno alla traduzione del CENNAC.
Tuttavia, c’è un ambito che all’occhio dell’osservatore pare ancora fragile: nello specchio dello stand, che abbraccia luminoso persone e libri, scrittori ed editori, si riflette ogni volta quasi lo stesso pubblico fedele e affezionato. La comunicazione attorno ai libri pubblicati in francese da una parte, e dall’altra attorno agli eventi proposti dallo stand, è un aspetto che resta ancora da consolidare. Se gli scrittori scrivono libri, lo fanno perché essi vengano letti, se i traduttori traducono libri è perché giungano a un pubblico più ampio, che ancora non avevano. Un investimento intelligente in questa visibilità, con strategie modellate sul mercato editoriale francese, renderebbe la presenza della Romania al Salone del libro di Parigi qualcosa di più che una vetrina autopromozionale – senza dubbio eccellente – e molto più che un ambiente di socializzazione culturale – di certo necessario – circoscritto ai romeni e ai lettori parigini dalla doppia cultura romena e francese. Un’ambizione giustificata e realista, adeguata all’eccellenza della letteratura romena, il passaporto nazionale e identitario più convincente che abbiamo.
* Cristina Hermeziu è giornalista e traduttrice. Abita a Parigi dal 2004 ed è corrispondente per diverse testate romene, tra cui Adevărul, Dilema Veche e Observator cultural. Ha lavorato presso TVR Iași e i suoi reportage hanno vinto numerosi premi.
Traduzione a cura di Anita N. Bernacchia