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30/06/2001 -  Anonymous User

Quando si tratta dell'uranio impoverito e delle conseguenze dei bombardamenti della NATO con munizioni radioattive è necessario informare bene i cittadini sulle conseguenze possibili, però si deve anche stare attenti ad evitare di diffondere false informazioni esagerando con i dati. Questo ha dichiarato l'associazione jugoslava dei chimici e tecnologi che ha organizzato ieri (21 giugno) un seminario di formazione.
L'uranio dalla munizione brucia anche fino al 70%, passando in aerosol e particelle molto piccole che si trasmettono facilmente attraverso l'aria. Se l'uranio entra nella terra , finché non viene rimosso, provoca contaminazione . Nonostante le informazioni diverse e non sufficienti delle Nazioni Unite e della NATO che sono state un tentativo di negare e minimizzare il pericolo, Radojko Pavlovic, dell'Istituto delle scienze nucleari di Vinca, ha detto che secondo i concetti moderni di protezione, non esiste una quantità di radiazione non pericolosa.
E' stato detto che non si deve abbandonare l'idea del risanamento totale dei luoghi contaminati. Slobodan Petkovic, generale del Ministero Federale di difesa, ha ricordato che, secondo tutte le analisi fatte fino ad adesso, non sono state trovate munizioni radioattive a nord di Vranje. Inoltre ha detto che anche l'Istituto di Vinca era una dei bersagli potenziali, ciò ha aumentato il pericolo di radiazione, però sono state prese tutte le misure di precauzione per diminuire il pericolo. E' necessaria la costruzione di un deposito permanente per il rifiuto radioattivo che da noi ancora non esiste. Per un controllo migliore della salute dei cittadini è necessario tenere sotto controllo la loro salute. Una delle conclusioni di ieri è che la contaminazione con l'uranio impoverito è un nostro problema e per risolverlo efficacemente abbiamo bisogno di attrezzatura moderna e di un laboratorio moderno.

Iniziato il processo al generale Norac

29/06/2001 -  Anonymous User

Il tema centrale di cui scrivono i quotidiani del 26 giugno, è l'inizio del processo contro l'ex-generale Mirko Norac e quattro suoi collaboratori, accusati dell'omicidio di decine di civili, per lo più appartenenti alla nazionalità serba - perpetrati nell'autunno del 1991 a Gospic.
Il processo è stato aperto nella mattinata di lunedì scorso, davanti alla Corte regionale di Rijeka, ma è stato sospeso subito dopo l'inizio, a seguito della richiesta dei difensori legali (tra i quali due ex-procuratori della Repubblica del governo di Tudjman) di escludere dal processo il Presidente della Corte e di trasferire il processo stesso a Gospic. Esso si riaprirà quindi solo dopo il 3 luglio, entro la cui data la Corte Suprema dovrà esprimersi rispetto alla richiesta di trasferimento.
Contemporaneamente, nella piazza centrale di Rijeka, si è svolta una protesta contro quella che viene considerata dai partecipanti alla dimostrazione come "l'ingiusta oppressione delle vere vittime, cioè gli eroi della Guerra patriottica" organizzata dal "Comitato per la difesa della Guerra patriottica" capeggiato dall'invalido di guerra Mirko Condic. Nonostante il Comitato avesse invitato tutti i seguaci della destra croata a manifestare in piazza e a partecipare al comizio di Rijeka, il numero dei presenti era di sole duemila persone. Che si tratti di un altro fiasco della destra croata?
Nel frattempo, pare si stiano aggiungendo alla lista dei criminali da processare altri due nomi. Sui quotidiani dello stesso giorno, è stata pubblicata la notizia - basata su di un'informazione fornita dall'ONG serba "Veritas" - dell'imminente arresto e invio a L'Aja di altri due generali dell'esercito croato.
In base ad accuse di cui viene tenuta segreta l'origine, i due generali sarebbero accusati di crimini di guerra commessi a danno della popolazione civile, durante le azioni militari avvenute a Medacki Dzep (Lika) nel 1992.

I risultati di un sondaggio

29/06/2001 -  Anonymous User

Alcuni quotidiani del 20 giugno hanno riportato i risultati del sondaggio originariamente pubblicato nel nuovo numero del settimanale Nacional. Secondo il presente sondaggio, gli eventi migliori avvenuti nel periodo dell'indipendenza nazionale (il 25 giugno ricorre l'anniversario decennale della proclamazione d'indipendenza) sono rappresentati per il 27,3% della popolazione dalle azioni militari "di liberazione", per il 24,8% dall'indipendenza, per il 6,1% dalle elezioni del 3 gennaio in cui vinse la coalizione di centro-sinistra, per il 6,1% dal ritorno dei profughi, per il 5,2% dall'abolizione del sistema presidenziale, per il 2,1% dalla morte di Tudjman e per il 2,0% dalla collaborazione con il tribunale de L'Aia.
L'evento che viene considerato come il peggiore tra quelli avvenuti nel decennio, per il 19,4% della popolazione è la guerra, per il 15,3% la disoccupazione, per il 13,8% la corruzione, per l'11,4% il processo di privatizzazione, per il 9,8% il basso livello della qualità della vita, per il 7,4% il malfunzionamento del sistema giudiziario, per il 2,7% la collaborazione con il TPI de L'Aia e per il 2,6% la morte di Tudjman.
Riguardo ai temi considerati dagli intervistati come essenziali per il futuro del paese, sono stati indicati: il progresso economico (24,3%), il miglioramento della qualità della vita (21,5%), l'integrazione nella Comunità Europea (13,3%), un sistema giudiziario efficace (12,0%), la tutela dell'ambiente (7,7%), la stabilità politica (7,4%).
Il 24,3% degli intervistati ha inoltre dichiarato che viveva meglio prima della guerra, mentre il 16,9% ha dichiarato di vivere nelle stesse condizioni del periodo pre-bellico. Altri invece hanno preso in considerazione le differenze tra il periodo attuale e quello dell'era Tudjman: il 12,3% ha dichiarato che la propria vita non è cambiata rispetto al periodo in cui governava l'HDZ, ed un altro 12,3% ha dichiarato invece di vivere peggio rispetto ad allora.

Crisi in Macedonia: la situazione dei profughi

29/06/2001 -  Anonymous User

L'alto Commissariato per i rifugiati ha dichiarato il 22 giugno scorso a Skopje di aver registrato 48.000 cittadini che dall'inizio della crisi in Macedonia hanno trovato rifugio nel Kosmet e nella Serbia del Sud. La Croce Rossa macedone ha registrato più di 30.000 persone sfollate in Macedonia. Di questi, 16.000 persone sono venute a Skopje dalle regioni intorno a Kumanovo, da Skopska Crna Gora, da Aracinovo e dai villaggi vicini. 10.000 persone si sono trasferite dai posti vicini alla città di Kumanovo, pensando che sarebbero più sicuri in città. Più di 3.000 cittadini hanno lasciato Tetovo. Fin dal inizio degli scontri, una parte della popolazione di nazionalità albanese ha lasciato la Macedonia ed è partita per Turchia, Albania ed altri paesi dell'Europa dell'ovest, ma il loro numero è ancora sconosciuto. Mentre gli Albanesi dalla Macedonia vanno in Kosmet, in Macedonia, secondo i dati ufficiali, ci sono ancora 7.000 dei loro compaesani entrati in Macedonia durante il bombardamento della NATO. Nelle famiglie, con i loro parenti e amici, ce ne sono 3.300, circa 2.000 sono accomodati in vari campi e per 1.800 non c'è informazione rispetto al loro alloggio, ma ricevono aiuti dall'UNHCR. Gli Albanesi che lasciano la Macedonia, si registrano solamente all'UNHCR, mentre i Macedoni ed i Serbi alla Croce Rossa locale.

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29/06/2001 -  Anonymous User

La portavoce del Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), a Belgrado, Maki Sinohara ha dichiarato ieri che la FRY si trova al primo posto in Europa per il numero delle persone rifugiate.
"Da queste persone circa 390.000 sono profughi dalla Bosnia ed Erzegovina e dalla Croazia, mentre 230.000 persone sono sfollati dal Kosovo. Secondo i dati più recenti, dopo la ripetuta registrazione dei profughi in FRY, il totale è 600.000 persone rifugiate e sfollate sul territorio della FRY", ha dichiarato ieri (20 giugno) la portavoce alla conferenza stampa, organizzata in occasione della Giornata mondiale dei profughi.
Ha poi aggiunto che paragonato con i dati da 1996, il numero dei profughi in FRY si è ridotto del 30%.
"Del totale delle persone registrate, il 60 % ha dichiarato che vorrebbe rimanere in FRY", ha detto la portavoce dell'UNHCR aggiungendo che solamente il 5.3% vuole ritornare a casa, mentre il 25% è ancora indeciso.
Sinohara ha poi detto che l'afflusso di profughi dalla Macedonia nella FRY si è ridotto rispetto alla settimana precedente, quando UNHCR ha registrato circa 700 persone che hanno attraversato la frontiera ogni giorno, ma ha aggiunto che l'UNHCR è pronto ad agire nel caso di un grande afflusso di profughi dai paesi di confine.
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fissato il 20 giugno come giorno per ricordare il coraggio, la perseveranza ed il talento delle persone rifugiate da tutto il mondo. Questo giorno è stato celebrato ieri per la prima volta.

» Fonte: © Glas

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28/06/2001 -  Anonymous User

29 MAGGIO 1993 GORNJI VAKUF:
un piccolo convoglio pacifista transitava sulla "strada dei Diamanti" a Gornji Vakuf. I
componenti di quella missione avevano un preciso compito: portare aiuti alle popolazioni
bosniache di Vitez e Zavidovici e a completare il progetto di accoglienza attraverso
il quale sessantadue persone, donne vedove di guerra con i loro figli, sarebbero state
accolte in Italia grazie all'impegno di cittadini e amministrazioni animate dal Coordinamento
Bresciano Iniziative di Solidarietà. A Gornji Vakuf il convoglio veniva fermato
da un gruppo di armati agli ordini di un ufficiale bosniaco: il comandante Hanefija
Prijc detto Paraga. Dopo aver requisito il carico, due soldati ricevono l'ordine di sparare
sui pacifisti. Guido Puletti, Sergio Lana e Fabio Moreni cadono sotto i colpi di fucile
mentre Agostino Zanotti e Christian Penocchio fortunatamente si salvano, ciascuno
all'insaputa dell'altro, vagando tra i boschi della zona.

OTTOBRE 2000: Hanefija Prijc detto Paraga viene arrestato, accusato di aver
ordinato quel vigliacco eccidio, grazie ai sette anni di lavoro e di costante impegno da
parte di Agostino, Christian, dei famigliari di Guido Puletti, dell'avvocato Trucco e di un
gruppo di amici e compagni del Coordinamento e della Penna per la Pace. Questi sette
anni, animati da una precisa e comune richiesta di giustizia e verità, cominciano a dare
i loro primi frutti, grazie anche all'interessamento diretto di politici e amministratori
convinti dell'importanza di non lasciare impunite quelle morti.

26 APRILE 2001: inizia a Travnik, in Bosnia centrale, il processo contro il
responsabile dell'eccidio del 29 maggio 1993. I due sopravvissuti, Agostino Zanotti
e Christian Penocchio, sono chiamati a testimoniare contro gli imputati, e a rivivere quei
drammatici giorni. La loro deposizione è molto importante per l¹accertamento della
verità. Il dibattimento che inizia in Bosnia è il primo processo relativo ai fatti del 29
maggio 1993, ed è la prima occasione di possibile giustizia per i familiari delle vittime,
i sopravvissuti e per tutto il movimento pacifista. Lasciare impuniti i responsabili di
crimini di guerra significa minare le basi della convivenza e della riconciliazione tra le
vittime dei conflitti.

Questo crimine è ancora più odioso perché è stato compiuto verso persone che,
inermi, volevano affermare il diritto all'ingerenza umanitaria e nonviolenta, come semplici
cittadini, in mezzo ad una tragedia, nel cuore del conflitto, e a testimoniare la volontà
che nulla è perduto finché anche poche persone s'impegnano per il bene di tante altre.
fonte: Agostino Zanotti

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28/06/2001 -  Anonymous User

L'Associazione Guido Puletti esprime la propria soddisfazione
per la sentenza di primo grado di condanna di Hanefija Prijic
detto "Paraga". Dopo più di sette anni di impunità il Tribunale di
Travnik ha condannato a 15 anni "Paraga" per l'uccisione di
Guido Puletti, Sergio Lana e Fabio Moreni. La nostra
soddisfazione è ancora maggiore considerando che questa
sentenza apre anche le porte a una serie di investigazioni e
processi per tutti gli altri crimini di guerra commessi in Bosnia
centrale.

Riteniamo che questa sentenza non debba chiudere la vicenda
giudiziaria relativa all'eccidio del 29 maggio 1993, ma che
debba essere il punto d'avvio per arrivare a chiarire
completamente quanto avvenne otto anni or sono. Eravamo e
siamo interessati ad una condanna di "Paraga" nel quadro del
raggiungimento della verità su quello che avvenne. E dobbiamo
ammettere che, nonostante la condanna di "Paraga", il processo
celebrato a Travnik è arrivato a determinare solo una parte della
verità sulla morte di Guido, Fabio e Sergio.

Molti importanti testimoni non sono stati chiamati a deporre, e
non sono state poste domande importanti a molti testimoni che
hanno deposto in aula. Gli esecutori materiali non sono stati
identificati, come non sono stati identificati i mandanti di
quell'eccidio - l'accusa stessa contro "Paraga" escludeva a
priori che vi potessero essere mandanti oltre allo stesso Hanefija
Prijic.


Riteniamo che l'autorità giudiziaria che debba assumersi questo
compito sia quella italiana. Per questo è necessaria una
collaborazione effettiva da parte delle autorità centrali italiane,
che finora si sono distinte invece per il disinteresse e gli ostacoli
che hanno posto, fino a queste ultime settimane, quando
l'autorità diplomatica italiana in Bosnia è stata totalmente assente
dal processo in corso (se si eccettua una sola udienza), e ha
rifiutato un minimo di supporto all'avvocato delle parti lese alla
conclusione del processo.
Il Ministero degli Esteri italiano può e deve acquisire nuova
documentazione decisiva su questo caso. Il Ministero di Grazia e
Giustizia italiano, che riconobbe nel settembre 1998 questo
eccidio come "delitto politico", può e deve richiedere il
rinnovamento del giudizio di "Paraga" in Italia perché si arrivi
all'identificazione degli esecutori e dei mandanti. Richiediamo
quindi che l'inchiesta avviata a Brescia continui in modo da
arrivare ad un processo in Italia che porti a conclusione il
percorso giudiziario iniziato a Travnik.

Brescia, 28 giugno 2001



© Associazione Guido Puletti

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28/06/2001 -  Anonymous User

Oggi, 28 giugno, la corte del Tribunale di Travnik ha condannato a 15 anni di prigione Hanefija Prijic - detto "Paraga" - per crimini di guerra, ed esattamente per aver ordinato
l'eccidio di tre volontari bresciani, morti nel 1993 in un agguato in Bosnia.

Era il 29 maggio del 1993. Nel Canion di Opara, tra Gornji Vakuf
e Novi Travnik, sulla pista Diamond Route utilizzata dai convogli
che trasportavano aiuti alla popolazione bosniaca, venne teso un agguato
a cinque volontari italiani. Trasportavano aiuti umanitari verso la
città di Travnik, e al ritorno dalla missione avrebbero dovuto
tornare in Italia, accompagnati da 40 vedove di guerra alle quali il Comune di Brescia
aveva offerto accoglienza.

L'agguato fu mortale per tre di loro: Guido Puletti, Sergio Lana e Fabio Moreni. Gli altri due volontari - Agostino Zanotti e Christian Penocchio - riuscirono a fuggire e sopravvivere.
E' grazie alla loro tenacia nella ricerca della verità,
che si è ottenuta l'apertura del processo ad Hanefija Prijic, il 26 aprile scorso.
L'ennesima testimonianza rilasciata da Agostino e Christian di fronte al tribunale di Travnik, ha contribuito a rendere definitivamente giustizia a Guido, Fabio e Sergio.

La Macedonia preoccupa l'Europa e la NATO

28/06/2001 -  Anonymous User

Dopo i gravi incidenti accaduti lunedì scorso alla sede del Parlamento di Skopje la situazione ha raggiunto una tensione altissima. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno autorizzato il personale non essenziale delle ambasciate ad abbandonare il paese. Ieri le forze di sicurezza macedoni sono entrate nel villaggio di Aracinovo, dopo che i guerriglieri albanesi l'avevano abbandonato nei giorni scorsi. Le truppe macedoni sono state seguite da osservatori internazionali e alcuni reporter, come previsto dagli accordi sulla smilitarizzazione di Aracinovo. Il villaggio dopo tre giorni di intensi bombardamenti è ridotto piuttosto male. Case sventrate e animali morti per le strade. Immagini dei combattimenti vengono trasmesse dalle televisioni che, dopo mesi di silenzio e dopo gli incidenti al Parlamento di Skopje, finalmente si sono accorte che è in atto (già dalla fine del mese di gennaio) una guerra.Le possibilità di soluzione sono legate ad un filo. Nella giornata di oggi è atteso a Skopje il neo eletto rappresentate europeo, l'ex ministro francese della difesa Francois Leotard.
Tuttavia l'uscita in pubblico di Leotard, come riferisce l'Ansa, è già stata macchiata da una sorta di equivoco. Leotard avrebbe dichiarato in un primo momento di considerare la partecipazione dell'Esercito di Liberazione albanese alle trattative, però il governo di Skopje aveva replicato immediatamente che se tali dichiarazioni fossero confermate, "Leotard non sarebbe ben visto". Ciò probabilmente ha indotto l'ex ministro francese a rimangiarsi qualche ora dopo quanto aveva detto escludendo qualsiasi dialogo politico con l'UCK e ad affermare che "i guerriglieri albanesi non avranno posto al tavolo della trattativa, che dovrà invece essere portata avanti solo con i legittimi rappresentanti dei partiti".
Una accordo sulla soluzione della crisi è atteso anche dalla NATO per poter far intervenire una task force di 3.000 uomini chiesta dal presidente Trajkovski per il disarmo dei guerriglieri. L'operazione della NATO, denominata "Essential harvest", secondo quanto dichiarato, non avrà compiti di interposizione, ma solo di raccolta delle armi dei guerriglieri, ed entrerà in azione solo se, e quando, verrà raggiunto un accordo tra il governo di Skopje e i leader degli estremisti albanesi. Il presidente americano George Bush, dopo aver approvato un decreto che impedisce a cittadini americani di finanziare gli attivisti albanesi di Macedonia e pone delle restrizioni alle visite degli stessi negli USA, ha dichiarato che non esclude un invio di truppe americane nella ex Repubblica jugoslava.
È scaduta, nel frattempo, alla mezzanotte di ieri sera la tregua che l'UCK aveva dichiarato il 15 giugno scorso al fine di facilitare il dialogo tra le parti in conflitto. Anche se l'impressione è che la tregua sia stata violata più volte, l'Esercito di Liberazione Nazionale ha dichiarato di aver aperto il fuoco "per autodifesa".
Sono in molti a temere un attacco diretto alla capitale Skopje. L'UCK, tramite colui che viene chiamato comandante Hoxha, ha fatto sapere di essere già all'interno della città con due battaglioni di civili che sono "pronti a compiere azioni per difendere la nostra gente". Lo scoppio di una guerra civile in Macedonia è - come ha affermato il coordinatore del Patto di Stabilità, Bodo Hombach - "sospeso a un filo".

Crisi in Macedonia: l'etnia non c'entra

28/06/2001 -  Anonymous User

Non sono conflitti etnici quelli che scuotono la Macedonia e l'Albania e che presto potrebbero lacerare il Montenegro. Sono conflitti politici ed economici. Uomini politici la cui identità etnica è posticcia legittimano politiche servili verso Fondo Monetario, Banca Mondiale e USA tramite appelli etnici. Cartelli multietnici si formano per il controllo dei flussi di risorse che traversano i Balcani, destinate ai mercati europei: i conflitti "etnici" servono solo per ampliarne lo spazio di manovra. Questi cartelli governano la transizione dei Balcani verso un'economia di mercato. Ne hanno già definito i contorni mediando i propri interessi con quelli dei poteri globali. Questi interessi si concentrano su alcuni nodi, quelli che permettono il controllo dei flussi di merci dall'Asia verso l'Europa.

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28/06/2001 -  Anonymous User

Inizia domani a Bruxelles la Conferenza dei donatori per la Repubblica Federale di Jugoslavia. I rappresentanti della Commissione europea e la Banca mondiale hanno ieri confermato le aspettative secondo le quali nell'incontro dei donatori saranno raccolti 1,25 miliardi dollari per la FRJ, quanto, secondo le stime degli esperti, è necessario allo stato per effettuare le riforme economiche dell'anno in corso. Alla conferenza stampa della Commissione europea è stato detto che l'aiuto economico sarà sempre condizionato sia politicamente che economicamente anche dopo questo incontro. I donatori possono, infatti, promettere denaro, ma possono anche bloccarne in seguito l'elargizione, ha riferito il portavoce della Commissione.

» Fonte: © Sense;

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28/06/2001 -  Anonymous User

I leader dei tre partiti di opposizione del Paramento serbo, Branislav Ivkovic (SPS), Vojislav Seselj (SRS) e Borislav Pelevic (SSJ) hanno firmato, ieri, durante una conferenza stampa, nella stanza dei giornalisti del parlamento repubblicano l'Accordo dei tre partiti sulla richiesta per indire nuove elezioni su tutti i livelli (federale e repubblicano).
Alla conferenza stampa i leader dei tre partiti si sono impegnati a lasciare il lavoro parlamentare fino a quando non verrà presa una decisione sulla costituzionalità del Decreto del governo federale, riguardo la collaborazione del Tribunale dell'Aja. Pelevic ha inoltrato un appello al presidente Jugoslavo affinché annulli il decreto, mentre Seselj ha sottolineato che l'SRS non tollererà il capriccio del potere.
Ai giornalisti è stato distribuito il testo della richiesta per indire la prossima sessione del Consiglio dei cittadini del Parlamento federale, con un unico punto in agenda: la Proposta della legge sull'abolizione del decreto sulla collaborazione con il Tribunale dell'Aja.

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28/06/2001 -  Anonymous User

Il presidente del Partito popolare socialista (SNP) del Montenegro, Predrag Bulatovic ha annunciato che il Comitato principale di questo partito, durante la seduta che probabilmente avrà luogo lunedì, deciderà se il primo ministro federale Zoran Zizic e altri sei membri del Governo federale che provengono dal SNP consegneranno le dimissioni. L'SNP offrirà comunque l'appoggio alla DOS per un governo di minoranza.
Nella dichiarazione per la TV montenegrina la sera dell'altro ieri, Bulatovic non ha formalmente detto che il Comitato principale accetterà la restituzione del mandato da parte del primo ministro e dei ministri federali, ma ha sottolineato che tale decisione "arrotonderà la posizione politica" che l'SNP ha avuto dall'inizio riguardo la collaborazione con il Tribunale dell'Aja, e che il Comitato principale si incontrerà con la difficile questione su quali sono le ragioni per non accettare le dimissioni.

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27/06/2001 -  Anonymous User

VOA: allora cominciamo. Buonasera sig. Nano, buonasera sig. Berisha.
Nano: Buonasera sig. Elez, buonasera dottore.
Berisha: Buonasera.
VOA: Sig. Nano, in quanto partito al potere, ritenete di aver adottato tutti i provvedimenti necessari ad un corretto processo elettorale? Avete creato per gli altri partiti politici le condizioni per una concorrenza uguale?
Nano: penso che questo problema sia stato risolto. Abbiamo dato a tutti un'opportunità per un libero, corretto processo elettorale. Questa volta abbiamo il vantaggio del Codice Elettorale che si adegua agli standard europei. Abbiamo delle istituzioni e una credibile gestione delle elezioni, che non sono oggetto di contestazioni, abbiamo un registro con le liste degli elettori, realizzato con il contributo di tutti, inclusa l'opposizione, e penso che avremo un normale e tranquillo processo elettorale.
VOA: Dottor Berisha, quale sono le sue preoccupazioni per il processo elettorale e qual è il suo ruolo per garantire un normale processo elettorale? Siete stati accusati di voler creare problemi?
Berisha: i maggiori problemi delle elezioni di oggi sono: innanzi tutto, l'articolo 66 del codice elettorale, (denunciato anche dagli osservatori internazionali e da 10 partiti politici); stilato e difeso solo dai socialisti, che vogliono rubare il voto dei candidati indipendenti e turbare la rappresentatività dei voti dei cittadini albanesi, violando un principio molto importante. Mi auguro che la Commissione Elettorale trovi la forza per decidere oggi e per salvare il processo elettorale. Secondo, le liste sono un vero caos, e voglio ripetere quanto ho già detto alla comunità internazionale: nella circoscrizione 84, a Pogradec sono state registrate dodicimila persone, che non risiedono in questa zona, ma per la maggior parte sono militanti del PS. Io vi assicuro che stiamo facendo di tutto per risolvere questa anomalia, in modo che gli albanesi abbiano un corretto e libero processo elettorale.
VOA: sig. Nano, se confrontata al '97, l'Albania ha fatto dei progressi ma affronta ancora seri problemi, che secondo i vostri avversari, sono il risultato del mal governo socialista. La trasparenza con il pubblico non è stata assoluta e qualificante. Perché pensate che gli albanesi debbano darvi un secondo mandato di quattro anni?
Nano: Io penso che la trasparenza sia sempre esistita, non soltanto adesso in campagna elettorale. Dovunque vada, prima o dopo il dottore, i cittadini comprendono che noi abbiamo trovato un'inflazione al 43% e l'abbiamo ridotta al 4%. Abbiamo aumentato gli stipendi del 100% e le pensioni del 60%. Abbiamo assunto circa 150mila persone, abbiamo speso circa 1.5 miliardi di dollari per coprire il debito pubblico lasciatoci da Berisha, abbiamo costruito 150 km di autostrade e superstrade e abbiamo riparato 1500 km di strade rurali. Il problema è che, per quanto dice Berisha, vedo che è preparato a perdere le elezioni.
VOA: sig. Berisha, l'Albania sta affrontando ancora i problemi della crisi del '97. Come potete convincere gli elettori che il PD merita di ritornare al potere? Perché pensate che la vostra alternativa e quella di "Unione per la Vittoria" siano le migliori?
Berisha: penso che la nostra alternativa sia senz'altro la migliore. Oggi la disoccupazione in Albania è del 50%, su due albanesi uno è disoccupato: noi abbiamo un piano straordinario per l'occupazione degli albanesi. Penso che la riduzione delle tasse, che sono state raddoppiate, darà maggiore spazio e incentivi alla libera impresa in Albania. Noi abbiamo un programma che mira alla lotta alla povertà. Oggi l'Albania è uno tra i tre o quattro paesi più poveri del mondo, il cui reddito è un dollaro pro-capite, secondo la Banca Mondiale. Pretendere di aver aumentato gli stipendi e le pensioni è soltanto un' illusione. Per la verità i prezzi sono aumentati del 150%. Il nostro programma garantisce agli agricoltori l'esenzione dalle tasse, e i prodotti agricoli saranno protetti dal contrabbando. Nel nostro programma economico prevediamo la ristrutturazione dello Stato, degli investimenti stranieri. Noi non arricchiremo gli albanesi, saranno loro da soli ad arricchirsi, se noi riusciremo a lottare contro la povertà. Essi stanno aspettando con ansia il 24 giugno per esprimere il loro verdetto.
VOA: sig. Nano, lei e il sig. Berisha siete le due figure principali della politica albanese. I vostri avversari vi accusano di essere i fautori della tensione politica. Come si difende lei personalmente da queste accuse?
Nano: io non credo che a me sia rimasto altro da aggiungere sul mio ruolo di moderatore della politica albanese, sul mio ruolo nella moderazione delle tensioni tra la maggioranza e l'opposizione, anche quando ero in prigione a causa di Berisha, sul mio ruolo nella democratizzazione del PS e nella costruzione di una coalizione progressista orientata ai valori euroatlantici, a ciò che l'opinione pubblica dei Balcani e internazionale riconosce. I miei inviti e le possibilità di collaborazione non hanno ricevuto risposta, infatti i posti dell'opposizione nelle tavole di lavoro nazionali per l'integrazione euroatlantica sono rimasti vacanti fino ad oggi. Siamo decisi, anche dopo il 24 giugno quando Berisha sarà di nuovo all'opposizione, a continuare a lavorare con lui perché è veramente una delle maggiori personalità del paese.
VOA: Proseguiamo con la stessa domanda sig. Berisha, si dice che lei e Nano stiate tenendo in ostaggio l'Albania essendo il maggiore ostacolo ad una svolta. Di lei personalmente si dice che siate un politico che ama le proteste estreme e non accetta oppure non rispetta le forme istituzionali? Come risponde alle accuse e come dobbiamo intendere l'appello ad un "nuovo inizio"?
Berisha: sarò molto breve poiché ho stabilito una regola, una mia decisione, in questa campagna: di occuparmi del mio programma e non dei miei avversari. Nel caso in cui essi vogliano leggere in stile cinese dieci oppure quindici punti contro Berisha, io rido nel sentirli e mi occupo del mio programma. Per quanto riguarda la questione che Nano ha menzionato, non ha fatto bene a ricordare la prigione perché il perdono è sacro. Io ho perdonato il compagno Fatos Nano e l'ho perdonato davvero....
Nano: dopo quattro anni, compagno Sali
VOA: Proseguiamo con un'altra domanda. Sig. Nano, l'Albania è considerato un paese ad alto rischio per gli investimenti stranieri. Addirittura si dice che diversi clan e gruppi del crimine organizzato siano riusciti a controllare diversi settori dell'economia e più del 60% delle attività economiche sono illegali e irregolari. Come pensate di risolvere questi problemi?
Nano: ho capito. Noi siamo impegnati a collaborare con le istituzioni finanziarie internazionali e con le istituzioni specializzate dell'UE, dei governi occidentali che operano in Albania, al fine di realizzare quei programmi che permettano al paese, all'economia, alle istituzioni, all'amministrazione pubblica, di raggiungere i criteri richiesti per l'adesione all'Accordo dell'Associazione-Stabilizzazione e poi per realizzare le condizioni per l'integrazione europea. Queste attività sono pubbliche, trasparenti ed efficaci, tanto che sono aumentati gli investimenti stranieri. Solo nel corso del 2000 sono stati investiti 200 milioni di dollari. Per il 2001 si prevedono circa 240 milioni di dollari in investimenti stranieri, e circa un miliardo di dollari sono stati stanziati per interventi sulle finanze pubbliche nei prossimi quattro anni. Da questo punto di vista la guerra contro la corruzione sta dando dei risultati, la guerra contro i traffici illegali altrettanto. Ormai il progresso in tutti i campi ha indotto l'UE al Consiglio di Goteborg a sostenere l'avvio dei negoziati per l'Accordo dell'Associazione e Stabilizzazione.
VOA: le leggi per la lotta al crimine organizzato e la corruzione ormai esistono. Se il suo partito prende il potere quali sono i provvedimenti che intraprendete? Pensate che avrete la volontà di risolvere questi problemi?
Berisha: senza dubbio che la corruzione è il cancro vero di una società. La guerra contro la corruzione è una delle nostre priorità. Durante i quattro anni del nostro governo abbiamo lottato contro la corruzione, una guerra forte, abbiamo condannato i colpevoli, licenziato ministri e vice ministri, governatori e deputati del PD. Il Partito socialista ha sfruttato le privatizzazioni per pagare i debiti dei suoi governanti, e non c'è stato nessun investimento straniero. Il dicastero che affideremmo all'opposizione è il controllo dello stato.
VOA: sig. Nano, le previsioni indicano che i piccoli partiti non riusciranno ad ottenere buone percentuali nelle elezioni del 24 giugno. Quindi o il PS o il PD domineranno. Se il suo partito vince che cosa farete per intraprendere e per assicurare un nuovo inizio, perché anche l'opposizione sia inclusa nel governo del paese e non ne rimanga esclusa?
Nano: io riinvito Berisha, che se dopo il 24 giugno continuerà ad essere all'opposizione, continuerà lo stesso ad avere il Controllo sullo Stato, a collaborare con più amor patrio alla realizzazione di una strategia nazionale di alternanza, che permetta il passaggio di potere senza grosse fratture, per il progresso del paese.
VOA: sig. Berisha, la stessa domanda anche per lei?
Berisha: prima di tutto ci sarà un governo di dieci partiti. Oggi ho dichiarato che nel governo ci saranno anche il PAD, il PDU, e il partito democristiano. Questa divisione del potere implicherà un ridimensionamento della posizione dell'opposizione. Dai contatti con Bruxelles e Goteborg io ho constatato che loro non hanno dato a questo governo il privilegio della firma per tre motivi principali: il traffico degli schiavi del sesso, nel quale sono implicati direttamente dei governanti albanesi, la corruzione e le elezioni amministrative. Siccome in quattro anni questi compagni non ne hanno realizzato le condizioni, le speranze sono davvero poche, ma io non voglio occuparmi di questo, loro se ne stanno andando via...Io garantisco ai cittadini albanesi che noi realizzeremo tutte le condizioni e che il due gennaio l'Albania firmerà l'apertura dei negoziati.

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27/06/2001 -  Anonymous User

Pubblichiamo la versione integrale in lingua inglese del Decreto approvato il 25 giugno scorso dalla RFY riguardante la collaborazione con il Tribunale Internazionale dell'Aja per i crimini di guerra.Il testo è stato distribuito dall'ufficio ICS di Belgra

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27/06/2001 -  Anonymous User

Il rapporto analizza l'Esercito di Liberazione Nazionale, i guerriglieri albanesi che combattono in Macedonia contro l'esercito regolare. In esso, secondo il rapporto, starebbero almeno cinque tipi di combattenti: ex-combattenti dell'UCK, gia' veterani delle guerre in ex-Jugoslavia contro i Serbi in Croazia e Bosnia, opportunisti che puntano a raggiungere posizioni di potere tramite la guerriglia, albanesi kosovari e macedoni che perseguono tramite la guerra la loro visione panalbanese, giovani albanesi ingenui e romantici che considerano giustificato combattere dato il fallimento del governo nell'affrontare qualsiasi politica di riforma per il progresso della minoranza albanese, mercenari stranieri. L'Esercito di Liberazione Nazionale sarebbe, proprio come i suoi componenti dimostrano, un misto di interessi mafiosi e di potere, ingenuo romanticismo nazionalista e violento irredentismo panalbanese.

Il governo di unita' nazionale e' il secondo focus del rapporto dell'ICG. Tale governo si dibatte nella contraddizione fra la dura risposta militare e la necessita' di essere prudenti per non creare martiri civili a tutto favore della guerriglia, la quale comunque continua a guadagnare consensi nella pericolosa situazione di stallo politico e militare.

La proposta del mediatore dell'OSCE, l'ambasciatore americano Frowick, e' ampiamente analizzata dal rapporto e viene considerata un'ottima base di partenza da parte dei ricercatori dell'ICG. Essa si articola nei seguenti punti: immediata cessazione del fuoco e amnistia per i combattenti dell'NLA, alcune misure di confidence-building volte al riconoscimento dell'albanese come lingua ufficiale della Repubblica, accesso all'istruzione superiore e una maggiore rappresentanza albanese nelle istituzioni dello stato. Alla fine di questo processo i maggiori leader dell'NLA, pur non riconosciuti all'inizio delle trattative come interlocutori ufficiali, sarebbero integrati con piena dignita' nella vita politca del paese. La proposta di Frowick e' stata spazzata via dalle polemiche seguite alla pubblicazione di una foto fra il 23 e il 25 maggio su tutti i maggiori media macedoni, che ritraeva i due leader albanesi del DPA e del PDP Xhaferri e Imeri (i due maggiori partiti albanesi ora insieme nel governo di unita' nazionale) assieme al leader politico dell'NLA Ahmeti a Prizren in Kosovo, nell'atto di firmare una Dichiarazione dei leader albanesi di Macedonia per la pace e i processi di riforma nella Repubblica di Macedonia, che riprendeva i punti principali del piano Frowick. Le polemiche scatenate dai leader macedoni slavi che hanno accusato Xhaferri e Imeri di attentare all'integrita' territoriale del paese dal momento che si erano incontrati con uno dei leader dell'NLA, hanno destituito di valore la proposta Frowick, che a quel punto non ha piu' avuto nemmeno il supporto degli USA e dell'Europa, che secondo ICG non avrebbero il coraggio di prendersi le proprie responsabilita' in Macedonia.
A complicare la situazione ci sarebbe anche una "Hidden Agenda", del primo ministro Georgievski, il quale non avrebbe nessuna intenzione di arrivare a riforme costituzionali per accordare maggiori diritti agli Albanesi e starebbe aspettando solo nuove elezioni da indire nel settembre di quest'anno. Alcune dichiarazioni di Georgievski sono state molto ambigue fra maggio e giugno. Egli infatti si e' dichiarato risolutamente contrario al progetto dell'Accademia delle Scienze di Skopje che riguarderebbe uno scambio di territori e popolazione tra l'Albania e la Macedonia, in modo che vengano cedute all'Albania alcune aeree della Macedonia abitate dalla popolazione albanese e viceversa. Nello stesso tempo pero' lo stesso Georgievski non avrebbe lesinato commenti molto approfonditi in varie interviste sul piano stesso ed in piu' occasioni, tramite varie dichiarazioni, avrebbe fatto intendere di essere d'accordo col principio della spartizione etnica del paese. Secondo l'ICG avrebbe "suggerito pubblicamente per la prima volta che la popolazione albanese e' piu' di un terzo di quella totale piuttosto che il quarto stabilito dal censimento del 1994. Egli ha fatto cosi' leva sulla molto profonda paura dei macedoni slavi per la quale gli Albanesi li starebbero sopravanzando in termini di natalita' facendoli diventare la nuova minoranza del paese". Per l'ICG non c'e' dubbio che il gioco di Georgievski sia quello di incolpare i socialdemocratici - anch'essi al governo e favorevoli alle riforme - di ogni cedimento nei confronti degli Albanesi; ed e' chiaro che per cedimento intende le riforme costituzionali previste come punto principale di ogni processo di pace. Ormai si puo' quindi definire senza speranza l'esperimento del governo di unita' nazionale dal momento che ogni partito ha idee completamente diverse sul significato di processo di pace ed ognuno pensa a come meglio attrezzarsi per le nuove elezioni politiche.

Il rapporto si sofferma anche sulla dimensione regionale del conflitto macedone. I recenti avvenimenti hanno visto un sempre piu' stretto rapporto di allenanza fra Serbia e Macedonia, unite dal problema dell'irredentismo albanese nella valle di Presevo e nel nord della Macedonia. Tale alleanza sta preoccupando non poco la Bulgaria che storicamente era sempre stato l'alleato dei Macedoni in chiave anti-serba a partire dalle Guerre Balcaniche del 1912-1913. La Grecia invece e' preoccupata per il prolungarsi della crisi che metterebbe a rischio i cospicui investimenti fatti per la costruzione del Corridoio 10 da Salonicco a Belgrado. Inoltre la Grecia ha sempre aperto con la Macedonia il contenzioso sul nome, che ancora sembra non arrivato a soluzione. ICG sottolinea inoltre come il non ancora definito status del Kosovo sia la causa principale dell'instabilita' in tutta l'area balcanica e quindi invita la comunita' internazionale, in particolare il G8, a trovare un accordo politico finale sulla provincia.

Riportiamo per intero le conclusioni del rapporto:

The country faces an insurgency that is largely domestic, which means that thefighters know the terrain, are committed to their cause and, without a political solution, are likely to fight on despite losses. The Macedonian military andmuch of the public believe a victory was won in Tetovo at the end of March 2001. Yet the guerrillas were undefeated. Without a political solution, the NLAcan reprise the Tetovo or Kumanovo scenario elsewhere in the western part of the country.
The international community wants to avoid establishing another protectorate.They want to see reform but are unwilling to accept full responsibility for the problem. The international troika of Patten, Solana and Robertson rightlypushed the Macedonians and Albanians to form a national unity government; but the political momentum has stopped. The Macedonians could not get to the negotiating table by themselves, and itappears unlikely that they will be able to shape the reform agenda on their own. The shortsighted approach to reform means that the EU and NATO will haveexpended all their political muscle for an inert national unity government that accomplishes little else than holding early elections. As seen from Macedonia,the United States has been absent from the high level political negotiations. The Bush Administration¹s avoidance of new U.S. commitments in the Balkans has left the Europeans in charge of negotiations. Ethnic Macedonians and Albanians both fear that the Europeans are incapable of delivering any sustained political, economic and military assistance. The European Union and the United States must undertake much strongeraction to prevent the destruction of Macedonia. Macedonians and Albanians alike have exercised enormous restraint in ignoring the calls for war. The smalland inadequate Macedonian Army cannot defeat well-supported and well-funded guerrilla insurgents who are bent on destroying the country. Indeed, itsclumsy operations are more likely to recruit new members to the NLA than the opposite, while also incurring losses among its own ranks that will raise ethnictensions, as has happened three times already in Bitola. At time of writing, NATO has ruled out direct military intervention in Macedonia to stabilise the situation, at least in the absence of a political settlement, butpressure is rising - which ICG strongly supports - for NATO assistance at least in monitoring the disarmament of the NLA guerrillas as part of such anagreement. NATO teams have been shuttling in and out of the capital for the past two weeks. Both neighbouring Greece and nearby Turkey have called onallied governments to consider immediately deploying international peacekeeping troops inside Macedonia. Whatever its present reluctance, only NATO can guarantee Macedonia¹s securityafter a political settlement is achieved, as it also does that of Bosnia and Kosovo. NATO should stand prepared to play an active military role in support ofthe Macedonian security forces against further rebel activity, if the situation so demands and the Macedonian government so requests. Even before a political settlement is reached, NATO must prevent the NLA andother ethnic Albanian extremists from operating freely in Kosovo, and it must provide better training assistance if the Macedonian army is to be more effectivein preventing the NLA from operating freely inside Macedonia. The Macedonian army and police have received training, intelligence information and weaponsfrom Alliance members. This assistance should be systemised as part of a
longer-term guarantee. NATO has set up a new structure (NATO Coordination and Cooperation Centreor NCCO) in the region to better facilitate the exchange of information and coordinate military and bilateral support to Macedonia. KFOR troops havetightened border security between Macedonia and Kosovo but the long porous border with Kosovo has not been sealed airtight. Many Macedonians and Albanians (and probably a few Europeans) believe thatU.S. disengagement from the region has contributed to the crisis. As one Macedonian leader put it, ³The United States always has a black and whiteapproach, but it is so much easier to deal with them after they have made a decision. The Europeans are too flexible this is the Balkans, we know how toplay with them and use their national interests to our advantage. The NLA has put key Albanian grievances front and centre on the agenda. They have stimulated serious engagement by the international community to resolveissues that had been previously rhetorical and passive. The NLA in absolute political terms may achieve in a few months what the two Albanian parties could not deliver in ten years. Their goal, however, appears to be ethnic separationwithin Macedonia. The importance of implementing critical reforms is to dissuade the Albanians in Macedonia from joining the NLA and to stop themfrom dreaming about a new Greater Western Macedonia. The NLA will not disappear, and the only way to stop them from gaining a permanent foothold in the country is stop them from setting the country¹spolitical agenda. This does not require the unity government to make a place for
the rebels at the table. But it does mean that the elected Albanian leaders in thegovernment must be able to have contact with the rebels and represent their concerns. It will also mean NATO contact with the NLA. When the military crisis ends, important changes will have occurred inMacedonia. It is important to remember that all the citizens of Macedonia must be involved in the radical political changes that will be necessary to preserve theunique and multiethnic character of the country. Many of the reforms, such as amending the constitution, decentralising the government and officialrecognition of the Albanian language can be achieved. The way in which these changes are introduced will determine their acceptance.
Skopje/Brussels, 20 June 2001

Vedi anche:

Diachiarazione politica e ultimatum militare

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27/06/2001 -  Anonymous User

Il rapporto descrive la situazione attuale dell'Albania, con particolare attenzione alle relazioni con i paesi vicini dei Balcani: Kosovo, Montenegro, Macedonia e Grecia. La recente ondata di combattimenti nella Valle di Presevo e in Macedonia ha danneggiato la reputazione di tutti gli Albanesi ed ha ancora una volta alimentato lo spettro della Grande Albania. Conseguentemente il governo albanese si e' impegnato con ogni mezzo nel sottolineare di non appoggiare assolutamente i ribelli albanesi e di desiderare il mantenimento dell'integrita' territoriale della Macedonia. A questo proposito Tirana ha richiesto l'assistenza della NATO per il controllo del confine fra Albania e Macedonia, e ha rivolto un appello per una soluzione politica, tramite il dialogo, della crisi.
Il governo di Tirana a guida socialista ha il difficile compito di convincere la comunita' internazionale di non alimentare in nessun modo l'irredentismo panalbanese e nello stesso tempo di non essere visto dagli stessi Albanesi come un governo che mette a rischio gli interessi nazionali nell'area balcanica. Alla fine del 2000 il premier Ilir Meta ha condotto una storica visita in Kosovo per promuovere lo sviluppo degli interessi socio-economici nella provincia e per rafforzare i legami fra Tirana e la leadership albanese del Kosovo. Nel Gennaio 2001 sono state inoltre ripristinate le relazioni diplomatiche fra l'Albania e la Repubblica Federale di Jugoslavia. Questa mossa e' stata criticata da molti albanesi kosovari come prematura; infatti ha rafforzato la loro percezione secondo la quale l'impegno del governo di Tirana per la cosiddetta "questione nazionale" sia debole.

Questo rapporto si concentra in particolare sulle relazioni con la Grecia e sulla delicata posizione della minoranza greca - l'unica minoranza sinigificativa in Albania. I tentativi della Grecia di disegnare un ruolo di ponte fra i due paesi per la minoranza greca si stanno dimostrando molto problematici. Alcuni albanesi sono preoccupati che la Grecia utilizzi la minoranza per dare incremento all'ellenizzazione del sud dell'Albania, mentre alcuni elementi all'interno della minoranza accusano Tirana di ignorare le istanze della minoranza, cercando di appropriarsi delle terre della minoranza, e tentando di forzarle a diventare albanesi.
La politica interna e' dominata dai preparativi per le imminenti elezioni del 24 giugno. Il Partito Socialista al governo si trova ad affrontare le pericolose lacerazioni all'interno della sua coalizione, e il maggiore partito di opposizione, il Partito Democratico, sta cercando di reinventare se stesso per sopravvivere. Mentre la sicurezza interna e' stata notevolmente migliorata, il crimine organizzato internazionale e' notevolmente peggiorato negli ultimi anni. E' diventato infatti molto piu' sofisticato e difficile da identificare, e dunque l'Albania ha bisogno di una maggiore assistenza internazionale per combatterlo.


a cura di Claudio Bazzocchi
© ICS - Osservatorio sui Balcani

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27/06/2001 -  Anonymous User

Pubblichiamo un commento di Ernesto Bafile, coordinatore ICS per l'Albania a Tirana, sulla situazione nel paese, due giorni dopo la tornata elettorale del 24 giugno scorso.

Il "paraesercito macedone" intima agli albanesi di andarsene: ecco il comunicato

26/06/2001 -  Anonymous User

MACEDONIA PARAESERCITO 2000 ORDINA: Ordiniamo a tutti gli schipetari termine peggiorativo per albanese - N.d.T. che hanno oggetti in vendita-sono negozianti qui e intorno al mercato Kvantaski, di andarsene entro tre giorni, mentre per gli schipetari di Aracinovo il termine è di 24 ore. Dopo tale termine, tutti i negozi verranno bruciati e se qualcuno cercherà di proteggerli, verrà anch'egli ucciso senza preavviso. Informiamo gli schipetari della Repubblica di Macedonia che per ogni ufficiale di polizia o soldato ucciso, 100 schipetari che non hanno la cittadinanza o che hanno preso la cittadinanza dopo il 1994 verranno uccisi. Per ogni ufficiale di polizia o soldato reso disabile, verranno uccisi 50 schipetari. Per ogni ufficiale di polizia o soldato verranno uccisi 10 schipetari, senza tenere conto del loro genere o della loro età. Informiamo gli schipetari che non hanno la cittadinanza o la hanno ottenuta dopo il 1994 che devono abbandonare la Macedonia prima del 25 giugno di quest'anno, a mezzanotte. Dopo tale termine, cominceremo con la pulizia -- "La notte più lunga", offerta da Macedonia Paraesercito 2000. Ordiniamo a ogni macedone, turco, Roma, Torbes, Bosgnacco e agli altri di non effettuare compere nei negozi albanesi mentre la guerra è in corso, perché con tali azioni viene fornito direttamente supporto ai narcogangster terroristi schipetari. In caso contrario, tutti i negozi di coloro che commerciano con gli schipetari verranno bruciati. Ordiniamo a tutti di affiggere questo opuscolo sui propri negozi al fine di consentire un'informazione di massa. Le abitazioni che riceveranno questo opuscolo e non lo mostreranno in un luogo visibile saranno potenziali obiettivi, indipendentemente da chi sono i loro proprietari.
L'opuscolo recava un sigillo di gomma rossa con l'immagine di un leone e la scritta M P 2000 intorno al sigillo.

© HUMAN RIGHTS WATCH;

Privatizzazione e corruzione

25/06/2001 -  Anonymous User

Privatizzazione selvaggia o privatizzazione diretta?

A differenza dalla maggior parte dei paesi dell'Europa centrale ed orientale, paesi della cosiddetta transizione, la privatizzazione in Croazia non è stata ne' selvaggia ne' equa. E' stata concepita in chiave di 'rinnovamento nazionale' pianificato o, meglio, sognato, da parte di Franjo Tudjman.
Primo passo del processo di privatizzazione è stato trovare uno o più soggetti titolari della proprietà. Nella ex-Jugoslavia la proprietà sulle fabbriche, sugli istituti bancari ecc. non era definita 'statale', come nei paesi del Patto di Varsavia, ma 'sociale', sulla base dell'idea di autogestione.
La Slovenia ha, per esempio, risolto il problema della proprietà astratta, distribuendo - con il sistema dei vaucher - una parte delle azioni ai cittadini, inclusi anche i neonati, e il resto ai dipendenti delle ditte ex-sociali. Qualcosa di simile (ma con la preferenza assoluta per i lavoratori, attuali ed ex) ha pensato di fare anche l'ultimo presidente jugoslavo, il riformista Ante Markovic. Ma non c'è stato il tempo di realizzare queste idee, a causa del crollo della Federazione Jugoslava, della guerra, ecc. Tudjman ha invece prima statalizzato, nazionalizzato, la proprietà sociale, in modo tale che lo Stato diventasse titolare e proprietario. Una parte di questa nuova proprietà statale e' stata poi destinata alla privatizzazione. Ma non si è trattato di una vendita secondo criteri di mercato. L'Agenzia statale per la privatizzazione (al cui vertice è stato per un certo periodo il futuro primo ministro Zlatko Matesa, presidente dell'ultimo governo dell'Unione Democratica Croata (HDZ), e dopo di lui Ivan Penic, ultimo ministro degli interni nel governo di Matesa) doveva seguire i criteri definiti da Tudjman stesso. La vendita era controllata. Il criterio centrale era 'l'interesse nazionale': "la Croazia non può essere ricca, se non sono ricchi i Croati"; a partire da questo slogan si è giustificato il progetto tudjmaniano di affidare a duecento famiglie, croate e cattoliche, la proprietà della maggior parte della ricchezza nazionale per rassicurare e garantire lo sviluppo del paese. Non era lecito, ad esempio, vendere la proprietà agli stranieri nè ai Croati che non godevano la fiducia di Tudjman. Coloro i quali avevano appoggiato finanziariamente la costituzione dell'HDZ, o avevano comprato armi per la Croazia, diventata nel frattempo uno stato indipendente, potevano invece diventare proprietari o anche azionisti maggioritari delle ditte economicamente sane, a basso costo o, in alcuni casi, addirittura gratuitamente. Un esempio su tutti: Andronico Luksic, uomo d'affari cileno di origini croate, già molto vicino al regime di Pinochet, ha potuto comprare la birreria di Karlovac, alberghi istriani, ecc. pagando somme quasi simboliche; in questo modo Tudjman ha compensato l'aiuto finanziario che Luksic aveva concesso all'HDZ e all'esercito croato.
Ci sono moltissimi esempi di questa privatizzazione diretta dall'alto. Il metodo usato era il seguente: un certo candidato, legato per parte paterna ad una tra le duecento famiglie elette, non possedeva il denaro per l'acquisto, ma era stato designato da Tudjman come acquirente di una proprietà. Chiedeva dunque all'agenzia di comprare una fabbrica, che pagava con credito ottenuto ad hoc da un istituto bancario di proprietà statale. Il pagamento regolare del debito era garantito con l'ipoteca sulla fabbrica. A questo punto poteva scegliere: o intensificare la produzione, o vendere pezzo per pezzo la proprietà della fabbrica (macchine, proprietà del terreno, edifici...) al capitale estero, unico a disporre di mezzi finanziari, e trasferire il denaro a Malta, in Svizzera, e specialmente alle Isole delle Vergini nei Caraibi (molto ambite dai nuovi ricchi croati).

L'impatto sociale

La maggior parte dei nuovi proprietari ha scelto la seconda via. L'esempio più eccellente e' quello del famoso Miroslav Kutle, proprietario formale nel 1997 di quasi un terzo della ricchezza nazionale. Proprietario formale perché proprietari erano in realtà cinque soci, quattro conosciuti, un quinto sconosciuto (sembra che si trattasse di Ivic Pasalic, ma non vi sono tracce che lo confermino: tutti i contratti e i documenti rilevanti sono spariti durante un furto nell'ufficio di un notaio, a Zagabria, prima del 3 gennaio 2000, data del tracollo dell'HDZ). Molto denaro è sparito alle Isole delle vergini o in qualche altro luogo, alcune solide ditte sono fallite (tra le altre, la 'Diona', la rete di negozi più grande in Croazia, la 'Tisak', rete di distribuzione di tabacchi e giornali) e migliaia di dipendenti sono diventati disoccupati.
Ma ci sono anche esempi diversi (piuttosto rari). Uno dei personaggi preferiti da Tudjman, Ivan Todoric, e' diventato, in base alla prassi descritta, proprietario d'una parte rilevante dell'industria alimentare, inclusa la rete commerciale per gli alimenti 'Konzum'. Ma ha stabilizzato e rafforzato il lavoro fino all'indipendenza dall'HDZ, stabilendo con i sindacati un accordo a livello europeo. La sua impresa è ancora oggi funzionante senza difficoltà di rilievo e si trova in costante espansione. L'industria farmaceutica 'Pliva' di Zagabria e l'industria alimentare e cosmetica 'Podravka' di Koprivnica sono diventate vere multinazionali, tramite contratti di collaborazione commerciale e finanziaria con diversi partner esteri (come scrive il Jutarnji list, la 'Podravka' si trova negli ultimi giorni in difficoltà, ma senza timore di un crollo). Il 15 giugno e' stata pubblicata la notizia che la 'Pliva' è stata comprata da un'industria farmaceutica tedesca. Il direttore generale della 'Pliva' ha risposto all'accusa che la ditta non e' piu' una ditta croata, dicendo: ''Pliva' e' una ditta croata nella misura in cui 'Nokia' e' una ditta finlandese, o 'Nestlé una ditta svizzera".
Negli ultimi anni di governo dell'HDZ quasi ogni imprenditore che comprava una ditta doveva regolarmente sottoscrivere un contratto, sulla base del quale si impegnava a non diminuire il numero del personale impiegato. Questo contratto restava però senza effetti reali nel caso di fallimento della ditta, provocato dalla trasformazione della produzione in denaro trasferito alle Isole delle vergini o altrove. Così, il numero dei disoccupati è aumentato di giorno in giorno e la società si è spaccata in una minoranza di ricchi e benestanti e in una maggioranza di disoccupati, mal pagati e lavoratori in nero.
Grazie alle pressioni internazionali, e specialmente grazie al crollo o alle difficoltà molto serie dei diversi istituti bancari, negli ultimi anni di governo dell'HDZ in Croazia si e' intensificata l'entrata di capitale finanziario estero, che ha comprato quasi tutte le banche sopravissute (in primo luogo si tratta di capitale tedesco e specialmente proveniente dal nord Italia). Con una politica monetaria rigida il governo è riuscito a ristabilire il corso della moneta nazionale, ma a farne le spese è stata l'esportazione, diventata quasi impossibile, e soprattutto il livello di vita della maggior parte della popolazione. Questi fatti possono contribuire a spiegare il crollo dell'HDZ.

Nuovo corso in difficoltà

La promessa elettorale della nuova coalizione vincente era in primo luogo la seguente: fare subito una revisione radicale della privatizzazione e iniziare la lotta contro la corruzione, una tra le caratteristiche principali del periodo precedente. Kutle e' stato arrestato e con lui più di venti nuovi ricchi (ma la maggior parte di loro godono ancora oggi i frutti di una privatizzazione vantaggiosa: nonostante sia senza ogni proprietà, Kutle stesso, dopo 15 mesi di reclusione, in libertà provvisoria, ha dichiarato che un giorno continuerà la carriera di imprenditore). L'economia nazionale e' stata rilevata dal nuovo governo in condizioni di devastazione senza precedenti e cosi è stato necessario proseguire con i licenziamenti e con le chiusure (più precisamente: con le bancarotte) delle imprese, private delle potenzialità per una ristrutturazione. Nel 2000 si sono registrate, secondo l'ammissione del nuovo presidente dell'Agenzia statale per la privatizzazione Hrvoje Vojkovic (HSLS Partito Social Liberale), più di 300 casi di bancarotta.
D'altra parte non c'era consenso politico tra le componenti della nuova coalizione governativa sulla necessità di realizzare la promessa elettorale principale. La legge sulla revisione della privatizzazione e' stata messa nell'agenda parlamentare soltanto negli ultimi giorni, ed e' tutto tranne che una legge che apra uno spazio per una revisione radicale; piuttosto si potrebbe dire che rappresenta un compromesso tra lo status quo e l'urgenza di fare qualche cosa in direzione della promessa elettorale.

Privatizzazione oggi

La privatizzazione oggi procede in modo ancor più intensivo che nel periodo di Tudjman. Ora vigono criteri economici e commerciali. Si vende talvolta senza garanzie per i dipendenti. E così accade, come in un caso recente, che il nuovo proprietario della Istarska Banka di Pola, Regent Fond, licenzi trenta lavoratori definiti 'manodopera superflua'. Secondo Novi list dal 20 maggio, sembra che in questo caso tutti siano soddisfatti perché i licenziati percepiscono una liquidazione di dieci stipendi mensili. Ci sono però, riguardo alla privatizzazione e gli effetti che essa produce, controversie molto acute. Alcuni esempi.
Ci sono le polemiche aspre riguardo alla vendita agli stranieri degli alberghi sulla costa adriatica. Il governo ha deciso di privatizzare tutte le risorse turistiche possibili, nel periodo più breve possibile. Precisamente, nell' arco di due mesi. Ci sono due principali pretendenti alla privatizzazione dell'industria turistica, ambedue croati. Uno e' il già menzionato Andronico Luksic, vicino alla destra radicale; l'altro è Goran Strok, imprenditore di Londra, vicino all'SDP (Partito Social Democratico). L'IDS (Dieta Democratica Istriana) ha contestato questa idea di privatizzazione aggressiva e questo sarebbe il motivo principale per cui il partito ha deciso di passare all'opposizione. In questo senso, i funzionari dell'IDS Damir Kajin e Marino Folo hanno severamente accusato la politica che trasforma la costa istriana in una zona praticamente extraterritoriale.
La fabbrica di tabacco di Rovigno (TDR), per citare un altro esempio, si è appropriata, tramite una sua ditta turistica (la 'Jadran-turist'), di 200 ettari di terreno presso Rovigno, e ha intenzione di appropriarsi di terreni a Versaro e Cittanova. Tra l'altro, la TDR possiede anche due isole istriane: San Giovanni e Strugaro. Una polemica molto dura riguarda la cosiddetta 'guerra delle sigarette'. TDR ha chiesto al governo di proibire la vendita della fabbrica di tabacco zaratina alla multinazionale BAT, definendo gli investimenti della multinazionale superflui e distruttivi. TDR vuole comprare la fabbrica zaratina, evidentemente per ottenere il monopolio nel paese e nella regione. Un commento molto significativo arriva dal cronista del Jutarnji list, Ratko Boskovic: "TDR parla degli interessi del popolo croato, ma produce superprofitti con i quali i suoi proprietari comprano ogni anno una parte della riviera adriatica." Vojkovic risponde che le accuse dell'IDS non si reggono su fondamenti economici, ma sono ispirate dalla politica. Il presidente del Sonaewest Shopping, Ted Kupchevski (che in questo momento dice di non avere nessun interesse a comprare risorse turistiche croate) dichiara che gli investitori esteri ora hanno interesse esclusivamente per la costa adriatica, ma nel futuro potrebbero acquistare anche all'interno; e aggiunge: "la Croazia deve cambiare le leggi per facilitare l'ingresso del capitale estero nel paese, se vuole essere integrata in Europa" (Jutarnji list, 25 maggio).
C'è in corso anche una guerra tra banchieri italiani, sul mercato croato. Alessandro Profumo di UniCredito ha contatti spesso diretti con il governatore della Banca nazionale croata, Zeljko Rohatinski. UniCredito possiede già la Splitska Banka ed ora vuole comprare anche la Zagrebacka Banka. Il concorrente più forte e' la Banca Commerciale Italiana che già possiede la Privredna Banka di Zagabria, l'istituto bancario più forte nel paese. Il capitale estero possiede in questo momento circa l'85% del capitale bancario croato.
C'è l'intenzione di vendere il porto fiumano alla ditta italiana Contship. Il 30 maggio i rappresentanti del porto e della ditta italiana (che tra l'altro possiede il porto di Gioia Tauro) hanno controfirmato un contratto sulla collaborazione tecnico-commerciale, che potrebbe segnare l'inizio della privatizzazione del piu' grande porto croato. Molti temono che queste vendite, effettuate rapidamente per guadagnare il denaro necessario al normale funzionamento dell'apparato statale, producano per il governo croato difficoltà ancora più grosse di quelle già registrate. Come dice Nada Kolega Gril (Jutarnji list, 27 maggio), c'e quasi unanime consenso tra gli economisti e tra moltissimi manager nel definire il processo in corso come un processo di perdita delle infrastrutture nazionali e come l'inizio della trasformazione della Croazia in un paese dipendente in senso neocoloniale.
La linea politica seguita dal vice primo ministro Goran Granic (HSLS) conduce ora alla vendita della compagnia petrolifera nazionale INA e del distributore nazionale monopolista dell'energia elettrica HEP. Tramite questa vendita, il capitale straniero controllerebbe, oltre al sistema bancario, anche le infrastrutture. Così pensa la Presidente del sindacato maggioritario della INA, Dubravka Corak.

Una delle conseguenze di questa accelerata privatizzazione e' il venir meno dei diritti dei lavoratori. Il presidente Stipe Mesic ha recentemente criticato in modo molto duro la politica governativa: invece di diminuire i diritti sindacali, il governo dovrebbe insistere sul congelamento dei conti bancari delle persone che hanno trasformato la proprietà produttiva privatizzata in denaro trasferito al estero. Ma sembra che il governo croato non vi badi troppo.