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Il governo macedone approva il piano Trajakovski

13/06/2001 -  Anonymous User

Il governo di unità nazionale macedone ha approvato il piano di soluzione della crisi proposto dal presidente Boris Trajkovski. Il piano presentato ieri dal capo di stato macedone prevede cinque fasi da realizzare in 45 giorni, che vanno dalle attività militari all'amnistia per quei guerriglieri che deporranno le armi.
La prima fase del piano che è già in corso si riferisce alle attività politiche e diplomatiche e alla formazione di un'unione delle forze di polizia e militari al fine di combattere la guerriglia albanese. La quarta fase dovrebbe riguardare il disarmo dei combattenti albanesi. Questa fase del piano contiene inoltre l'amnistia per quei combattenti che sono stati mobilitati con la forza, quindi non volontari, e che non hanno commesso alcun crimine.
Il piano di soluzione della crisi, che non prevede alcun cambiamento delle frontiere dello stato né una sua federalizzazione o cantonizzazione, è già stato pienamente accolto dalla comunità internazionale e dal presidente dell'Albania Pascal Milo.

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13/06/2001 -  Anonymous User

Sono tornati dopo due mesi tutti i cinque delegati dell'HDZ nel Parlamento federale della Bosnia Erzegovina. Ricordiamo: con la
nascita della cosiddetta "Autonomia croata", i deputati
HDZ avevano lasciato il Parlamento federale
promettendo di tornarci solo da vincitori. Dopo
mesi di assenza tornano, ma non sembra che
abbiano vinto. Comunque Mariofil Ljubic, Marko
Amidzic, Mijo Grabovic, Zdenko Vukic e Mirko Bakovic
hanno partecipato alla seduta parlamentare del 7
giugno.
Sembra così che l'Autonomia croata sia stata davvero
sconfitta. Oppure no. C`è chi dice che i cinque
rientrati non abbiano la benedizione di Ante Jelavcic, il
presidente del HDZ bosniaco, e per questo saranno
espulsi dal Partito.

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13/06/2001 -  Anonymous User

Anche nei prossimi mesi la Bosnia Erzegovina
rischia di restare senza gas combustibile. I rappresentanti dell'impresa
bosniaca Energoinvest, infatti, non sono riusciti ad
accordarsi con i loro fornitori russi della Gas Export.

Pur essendo stati avvertiti per tempo dei problemi
economici, in particolare dell'insolvenza della fabbrica
Birac di Zvornik, i russi chiedono il pagamento di tutti debiti bosniaci, che
ammontano a ben 6,2 milioni dollari.
Dunque il gas non arriverà in Bosnia se il debito non sarà ripagato entro
il settembre prossimo.
Ricordiamo che già da un paio di mesi la Gas Export non
distribuisce il gas in Bosnia, e nel frattempo è stato consumato il gas presente nelle riserve.

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13/06/2001 -  Anonymous User

E' cominciato il risanamento del famoso Stari Most- il Ponte vecchio
di Mostar. E di questa notizia si è
parlato molto in Bosnia in questi giorni. Il 7 giugno
è stata anche festeggiata ufficialmente l'apertura
dei lavori sulle fondamenta del Ponte. C'erano
tantissimi ospiti importanti: politici locali,
rappresentanti della comunità internazionale ma pochi
mostarini.

Perché? Perché questa è forse già la sesta
inaugurazione del Ponte, e la ricostruzione è
cominciata già un paio di mesi fa. Questa è stata
solo una presentazione ad uso dei politici, per poter
organizzare un altro cocktail e dissertare di come il Ponte sia
un simbolo di questa bella città.

Ma la realtà di Mostar in questi giorni è un po'
diversa, e poca gente si interessa della
ricostruzione del Ponte.

L'evento mostarino di cui più si parla è invece lo sciopero degli
insegnati nelle scuole superiori. Come molte altre cose in questa città,
anche la fine dell'anno scolastico non sarà normale. Al momento non
si prevede ancora quando si concluderanno le lezioni, e sono sospesi pure gli esami di
maturità. Da quasi quattro mesi i professori non
ricevono lo stipendio, e le trattative aperte col governo
cantonale - competente per l'istruzione - hanno portato finora solo belle promesse cui i
professori non credono più. Per loro, come per tanti altri mostarini, sarebbe meglio inaugurare una nuova piccola fabbrica anziché i lavori sul Ponte vecchio. La guerra è finita
da diversi anni, ma in questa città le attività produttive non sono
ancora riprese.

Sarebbe bello rivedere il famoso Ponte
sulla Neretva perché - dicono i politici - questo è il vero simbolo della città
unita. Ma per realizzare una vera unità, ogni famiglia deve poter tornare nella sua casa:
non sarà il Ponte a riunire la città, ma la gente. Oggi però la Mostar
di una volta non c'è più, e la sua popolazione è molto cambiata.
I "nuovi venuti" non tornano nelle campagne da dove sono arrivati
dieci anni fa, e allo stesso tempo molti mostarini non
vogliono rientrare da Svezia, Norvegia e America. Non si vive di
nostalgia, ma di lavoro.

Infine, una cosa viene sempre dimenticata: la ricostruzione del
Ponte costerà circa 15 miliardi di lire. Ne mancano
ancora sette, e quasi la metà della somma sarà raccolta con mutui.
Quindi non sarà il mondo umanitario a ricostruire il ponte; saranno infatti gli stessi mostarini a pagare la ricostruzione. Ma come, con quali soldi se
in questa città non si produce ancora niente, se la
gente rimane senza stipendio per tre o quattro mesi?
Per la ricostruzione del Ponte, tra l'altro, pare non bastino le pietre
originarie raccolte nel fiume. Quindi neppure il
materiale del nuovo Ponte sarà quello originale...

In molti ricordano lo Stari Most, il Vecchio
Ponte, con nostalgia. Ma, lo abbiamo detto,
di nostalgia non si vive.

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13/06/2001 -  Anonymous User

Alcuni rappresentanti religiosi della Bosnia Erzegovina si sono incontrati presso la Comunità di Sant'Egidio per affrontare i temi della coabitazione e della collaborazione tra credenti. Al termine dell'incontro è stata sottoscritta una dichiarazione comune.

» Fonte: © santegidio;

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12/06/2001 -  Anonymous User

L'Osservatorio sui Balcani pubblica oggi due approfondimenti sulle malversazioni nei Balcani. Si tratta di un'inchiesta di Lino Veljak, corrispondente da Zagabria per l'Osservatorio, nel quale viene focalizzata la polemica scatenata dal settimanale di Zagabria "Nacional" circa le collusioni da parte del presidente montenegrino Milo Djukanovic e la malavita balcanica. La conclusione critica di Velijak mira infine a porre l'accento sul futuro degli interi Balcani e sui giochi internazionali. L'altro approfondimento è, invece, un lungo articolo del ricercatore Emilio Cocco, riguardante la gestione delle privatizzazioni in Croazia. In particolare, viene fatto cenno al più che probabile acquisto della Zagrebacka Banka da parte del consorzio italo-tedesco Unicredito-Allianz, inoltre, e più estesamente, vengono analizzate le dubbie operazioni dei magnati dell'economia croata durante il processo di privatizzazione in relazione alle difficoltà della coalizione di centro sinistra, attualmente al governo, nel gestire la difficile eredità della gestione di Tudjman e del suo partito (HDZ).

» Approfondimento: © Il caso "Nacional"

» Approfondimento: © "La rapina del secolo"

Inchiesta speciale: il caso Nacional

11/06/2001 -  Anonymous User

Stanko Subotic Cane nel 1995 era un noleggiatore di barche per turisti a Milocer, località di mare del Montenegro. Ora è un uomo d'affari che vive a Ginevra, e pare possieda più di 500 milioni di dollari guadagnati nel commercio utilizzando basi in Montenegro, Cipro e Svizzera. Subotic proviene dalla Serbia, ma nel 1999 ha ricevuto la cittadinanza dalla Croazia ed ora è perfino deputato in parlamento, eletto con l'HDZ nel collegio elettorale dei cittadini residenti all'estero. Oggi attorno a Stanko Subotic Cane si sta sollevando un caso politico-giudiziario esplosivo, che coinvolge nomi pesanti in Montenegro, in Serbia, in Macedonia e nella stessa Croazia. E anche il mondo finanziario internazionale, con in prima fila le multinazionali del tabacco. Ne ha fatta di strada, il noleggiatore di barche per turisti...
La vicenda di Subotic rientra nell'inchiesta del settimanale di Zagabria "Nacional", che si basa su fonti croate, serbe e montenegrine soltanto in parte rese pubbliche. L'inchiesta ha preso il via proprio investigando sul rilascio della cittadinanza croata all'uomo d'affari, che sentitosi preso di mira pochi giorni fa ha anche dichiarato di rinunciarvi formalmente. Jasna Babic ha identificato nell'ex-generale Ljubo Cesic Rojs - allontanato dall'esercito croato dallo stesso Presidente Mesic - il personaggio influente che nel 1999 propose al Ministro degli interni di allora Ivan Penic di regalare un passaporto croato a Subotic.
Dov'è lo scandalo? Il settimanale definisce Subotic come "il re del contrabbando di sigarette nei Balcani", incluse le rotte tra Montenegro, Albania e Puglia. E negli articoli successivi - alcuni firmati dallo stesso direttore Ivo Pukanic, noto amico dell'ambasciatore statunitense William Montgomery prima di stanza a Zagabria e ora a Belgrado - si tirano in ballo altri nomi eccellenti: dal presidente montenegrino Milo Djukanovic, accusato di essere "socio in affari" di Subotic, al primo ministro serbo Zoran Djindjic che sarebbe stato da questi corrotto.
A carico del primo "Nacional" ha pubblicato la confessione-accusa di Srecko Kestner, altro personaggio noto negli ambienti mafiosi montenegrini, che ricevette la cittadinanza croata assieme a Subotic. La confessione di Kestner è stata rilasciata - com'è tipico per un pentito - poco prima del suo arresto a Zagabria, arresto non ancora ufficialmente confermato perché parte di un'indagine riservata dei servizi di sicurezza croati in collaborazione con quelli USA. Kestner accusa Djukanovic di aver fatto uccidere Goran Zugic, suo Consigliere per la sicurezza di stato. Sia Zugic sia Djukanovic sarebbero stati inoltre nel libro paga di Subotic, con un appannaggio mensile di 100.000 marchi tedeschi. Ma non basta: tra i personaggi sospettati di essere stati corrotti da Subotic ci sarebbe anche il Primo ministro macedone - Ljupco Georgijevski.

Subotic ha subito avviato una causa contro "Nacional" e pure contro il quotidiano montenegrino "Dan", giornale controllato dai sostenitori di Slobodan Milosevic, che riprende regolarmente gli articoli di "Nacional" sul caso. Anche Djukanovic, a titolo personale, ha intentato causa, e lo stesso Subotic da Ginevra ha smentito qualsiasi coinvolgimento del presidente monenegrino. Passando anzi al contrattacco, l'affarista "serbo-croato" ha accusato l'ex-rappresentante commerciale montenegrino a Washington - Ratko Knezevic - di essere il vero autore degli articoli apparsi su "Nacional". Knezevic tra l'altro è amico molto intimo di Pukanic, direttore del settimanale, ed il rapporto è confermato da entrambi.
L'accusa è stata ripresa anche da Blagota Baja Sekulic, altro personaggio appartenente agli ambienti della malavita del sud dell'Adriatico. In un'intervista rilasciata al settimanale indipendente montenegrino "Monitor" , Sekulic ha confermato che dietro alla campagna avviata da Nacional ci sarebbe Knezevic, cui Subotic non vorrebbe pagare 1,6 milioni di marchi tedeschi di "pizzo". Poche ore dopo aver rilasciato l'intervista, Sekulic è stato ucciso da parte di sconosciuti nel centro di Budva. Ma con un'intervista rilasciata al settimanale belgradese "Novi telegraf", Knezevic ha smentito tutte le accuse e ha dichiarato di voler a sua volta intentare causa contro Subotic. Non ha smentito invece il fatto che sua moglie sia dipendente della Sicurezza di stato montenegrina, ma ha escluso ogni collegamento tra questo ed il caso in discussione. E' difficile comprendere quale sia la verità in questa intricata vicenda; un fatto che appare chiaro tuttavia è il coinvolgimento dei servizi segreti di molti paesi. E gli interessi sono più che evidenti, dati i legami del caso con il mercato nero delle sigarette in cui Subotic e molti altri sono invischiati.

Nessuno però ha parlato finora del ruolo di Dejan Kosutic, nipote dell'ex-presidente croato Tudjman, che pare commerci ancora sigarette con il Montenegro e la Serbia. Qui, prima della svolta politica, aveva come referente Marko Milosevic, figlio di Slobodan. Tuttora la maggior parte delle sigarette che si trovano sul mercato serbo sono prodotte nell'Industria di tabacchi di Rovigno (TDR) acquistata all'inizio delle privatizzazioni, con lo stretto controllo di Tudjman, da una ditta anonima ma evidentemente vicina alla destra radicale croata. Questa stessa è riuscita a impedire alla multinazionale British-American Tobacco (BAT) l'acquisto dell'industria tabacchiera di Zara, eliminando così ogni concorrenza sul territorio nazionale e inter-regionale. E' bene ricordare che proprio a causa di questo "gioco" l'industria di tabacco di Zara, non avendo fondi per la ristrutturazione, ha dovuto chiudere i battenti.
Sempre la British-American Tobacco aveva in progetto di costruire una fabbrica di tabacco a Kragujevac, in Serbia, e per questo aveva cercato l'appoggio del Primo ministro Zoran Djindjic e del Vicepresidente del Governo serbo Vuk Obradovic. Ma l'operazione è fallita, perché non ha trovato il consenso nel resto della coalizione governativa serba. L'appoggio di Djindjic alla concorrenza, che andava quindi a colpire gli interessi della TDR croata, (o forse di un'altra multinazionale, la R. R. Reynolds) potrebbe spiegare come mai anch'egli sia entrato nella lista degli accusati. D'altra parte in questo momento Djindjic rappresenta l'ostacolo maggiore al conservatorismo ultranazionalista serbo, che si raccoglie intorno al partito del presidente federale Kostunica - DSS.
L'attacco a Djukanovic invece si potrebbe spiegare anche come un risultato della politica americana, contraria all'indipendenza montenegrina. O forse, più in generale, per richiamare il vertice montenegrino agli interessi delle multinazionali. Si parla, ma non ci sono prove al riguardo, di un ruolo importante avuto nella vicenda dall'ambasciatore americano Montgomery.
La verità? Riguardo a questa vicenda per il momento la verità è oscura. Dovrebbe essere chiaro però che in ballo c'è la lotta per il futuro dei Balcani: è in gioco, tra le altre cose, il controllo dei mercati e del potere politico nei singoli paesi. Le forze conservatrici in occidente vogliono compromettere ed emarginare il centro sinistra nella regione - specialmente in Serbia e Montenegro - per mantenere il controllo americano e togliere all'Unione Europea la possibilità di avere un a sua influenza sull'area. O forse si tratta soltanto degli interessi di alcune multinazionali - o di reti di contrabbando concorrenti - che vedono nei Balcani un mercato molto interessante?
Per tutti questi interessi risulta strategico intensificare la guerra in Macedonia, rafforzare la destra radicale in Croazia, tollerare e anche appoggiare le destre serba e croata in Bosnia Erzegovina, indebolire le forze civiche in Serbia e Montenegro... produrre un caos per cui risulti poi assolutamente necessaria la presenza, se non il controllo politico ed economico quasi assoluto, delle forze militari occidentali?

Queste sono tutte domande che, per il momento, non hanno ancora una risposta...

La rapina del secolo. Breve storia delle privatizzazioni in Croazia

11/06/2001 -  Anonymous User

Alla vigilia dell'acquisto del pacchetto di maggioranza della Zagrebacka Banka, primo istituto di credito croato, da parte del consorzio italo-tedesco Unicredito-Allianz, si ripropone all'ordine del giorno la questione della regolarità del processo di privatizzazione in Croazia. Il 3 maggio, poco prima delle elezioni amministrative, il governo di centro sinistra ha varato in parlamento la legge sulla revisione della privatizzazione che costituiva una delle principali promesse elettorali dell'attuale coalizione di governo.
Articolo di Emilio Cocco, dottorando presso l'Università di Trieste.

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10/06/2001 -  Anonymous User

Domenica alle ore 18.00 le unità della Seconda armata dell'Esercito jugolsavo hanno ripreso possesso del settore C della zona terrestre di sicurezza nella regione della montagna Bogicevica nei pressi di Plava. Si tratta dell'ultima parte di tale zona che era rimasta fuori dal controllo delle forze jugoslave.

Proposta per una soluzione della crisi macedone

09/06/2001 -  Anonymous User

Il presidente macedone, Boris Trajkovski, ha avanzato, venerdì, un piano di soluzione della crisi che imperversa nel paese da oltre quattro mesi, dopo che l'esercito macedone ha ignorato la tregua per il cessate il fuoco proposta dai guerriglieri sferrando un attacco, con elicotteri e artiglieria, alle postazioni dei ribelli nella zona a nord est di Skopje. Si è trattato, come comunica l'agenzia Reuters, del più grosso attacco dopo l'uccisione dei cinque militari macedoni.
Il capo di stato macedone, durante la seduta straordinaria del Parlamento, ha inoltre accusato i ribelli di voler perseguire "la divisione della società e di condurre il paese nel caos". I combattenti affermano invece che non hanno alcuna intenzione di dividere il paese, ma di porre fine alla discriminazione nei confronti della popolazione di etnia albanese (circa il 30% dei poco più di 2 milioni di abitanti complessivi), perpetrata dalla popolazione di etnia macedone, in modo particolare nei settori dell'educazione, dell'impiego e dei diritti alla lingua.
Il piano presentato da Trajkovski è composto da tre punti comprendenti una ridefinizione delle forze di sicurezza, alcune misure per incoraggiare i ribelli al disarmo e un'accelerazione delle riforme politiche verso l'accettazione delle lamentele della popolazione albanese riguardanti la loro discriminazione nel paese. Il piano di Trajkovski è stato benevolmente accettato dall'Alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, giunto a Skopje nella serata di venerdì. Secondo Solana si tratta di "un ottimo piano ed ha il nostro supporto".Trajkovski ha inoltre espresso la volontà che la polizia e l'esercito vengano posti sotto un medesimo comando, (attualmente la polizia fa riferimento al Ministero dell'Interno e l'esercito al Ministero della Difesa e i due ministri provengono da partiti differenti), dichiarando infine che "non è questo il tempo per le rivalità tra i partiti".
Per una soluzione politica e non militare si sono espressi anche i 19 ministri della difesa dei paesi NATO, riuniti ieri a Bruxelles, e che hanno condannato l'uccisione dei cinque militari macedoni, come "una barbara azione". Il segretario generale della NATO, George Robertson, ha poi ribadito che "non esiste una soluzione militare dello stato esistente" e solo un processo di soluzione politica potrà condurre ad una pace prolungata.


Luka Zanoni,
© Osservatorio sui Balcani;

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08/06/2001 -  Anonymous User

Dopo cinque anni di preparativi ieri a Mostar sono iniziati i lavori per la ricostruzione del Ponte vecchio, distrutto durante la guerra di Bosnia. Lo "Stari Most" fu costruito nel 1566 dall'architetto ottomano Mimar Hajrudin e per quasi cinquecento anni era riuscito a sopravvivere a numerose guerre unendo le due sponde del fiume Neretva. Con lo scoppio della guerra tra croati e musulmani il ponte vecchio venne sbriciolato dai colpi dell'artiglieria dell'HVO (esercito croato) il giorno 9 novembre 1993.
Da allora l'arco spezzato più che rappresentare un capolavoro dell'architettura - rientra nelle opere classificate dall'Unesco come patrimonio mondiale - ha rappresentato il divario tra le due zone in cui è tuttora divisa la città.
La ditta turca Yapi Markezi dovrà nei prossimi sei mesi costruire le fondamenta del ponte e rinforzarne i sostegni. Mentre il rappresentante dell'Agenzia per la ricostruzine del Ponte vecchio, Tihomir Rosic, ha detto durante l'innaugurazione dell'inizio dei lavori, che sono riusciti a risolvere l'enigma dell'architetto Hajrudin, riguardo la costruzione delle fondamenta del ponte, la geometria dell'arco e il collegamento dele pietre del ponte.
I lavori di ricostruzione che comprenderanno oltre al ponte anche alcuni edifici vicini si prevede che vengano ultimati entro il 2003. Per tale ricostruzione verranno spesi circa 15,5 milioni di dollari, di cui 4 milioni di dollari sono stati concessi in credito dalla Banca mondiale e circa 5,5 milioni di dollari sono stati donati dai governi italiano, francese, turco e olandese.



» Fonte: © HINA

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08/06/2001 -  Anonymous User

La missione OSCE in BiH ha reso noto ieri che è stato nominato il nuovo capo missione per la BiH. Si tratta dell'ambasciatore Robert Beecroft. La portavoce dell'OSCE, Sanela Tunovic, ha comunicato, durante la conferenza stampa a Sarajevo, che l'ambasciatore Beecroft si unirà alla missione entro la fine del mese. Come afferma l'agenzia BiH press, Robert Beecroft è stato coordinatore per l'implementazione della pace in Bosnia presso l'Ufficio per le relazioni europee del Dipartimento di stato americano. Negli ultimi cinque anni, ha ricoperto la funzione di sostituto dell'assistente del segretario di Stato americano presso l'Ufficio degli affari politico-militari, inoltre ha svolto le funzioni di capo missione e inviato speciale dell'ambasciata degli USA a Sarajevo.

La reazione macedone: incidenti a Bitola

07/06/2001 -  Anonymous User

Come probabile reazione all'uccisione, da parte dell'UCK, di cinque militari dell'esercito macedone, per tutta la notte scorsa si sono susseguiti gravi incidenti nella città di Bitola. Infatti, tre dei cinque soldati rimasti uccisi ieri erano di Bitola, una delle maggiori città della Macedonia meridionale, dove la presenza albanese è di circa il 10% dei complessivi 80.000 abitanti della città. Molti negozi di albanesi sono stati presi di mira da ripetuti attacchi, parecchi sono stati dati alle fiamme o colpiti alle vetrate, da parte di una folla di manifestanti macedoni. Anche l'abitazione del viceministro della sanità, Muharrem Nexhipi, è stata incendiata. Il viceministro ha detto all'Ansa che i poliziotti non sono intervenuti se non dopo le tre di notte, quando l'ondata di violenza iniziava a scemare.
Come riporta l'IWPR (su un commento di Sime Alusevski, giornalista del settimanale regionale Bitolski Vjesnik) altri incidenti a Bitola, considerata una delle città dove la convivenza tra albanesi e macedoni non ha mai incontrato difficoltà, si erano verificati durante la notte del 30 aprile scorso, a seguito dei funerali di quattro soldati dell'esercito macedone, originari della città. Anche allora i manifestanti distrussero le vetrine dei negozi dei proprietari albanesi, ricordando ad alcuni la "notte dei cristalli". La maggior parte degli esercizi colpiti dagli attacchi di violenza non è stata ancora riparata. Le assicurazioni stentano a stipulare contratti con proprietari albanesi, e solo alcuni sono stati rimborsati dopo gli incidenti.
Alcuni albanesi credono comunque che gli incidenti non siano opera degli abitanti macedoni di Bitola, piuttosto pensano si tratti di un'orchestrazione ad opera di gruppi politici macedoni con base a Skopje, altri addossano invece le responsabilità ai tifosi della squadra di calcio Ckembari. Uno dei militari uccisi ieri faceva, infatti, parte del Ckembari e, sempre secondo il giornalista Sime Alusevski, il fratello del militare ucciso, che lavora come taxista a Bitola, è riuscito ieri ad organizzare un gruppo di duecento taxi che hanno guidato attraverso il centro della città, suonando i clacson e sventolando manifesti anti-albanesi.
Questi continui scontri stanno esasperando la popolazione, che inizia seriamente a preoccuparsi per la propria incolumità e non sono pochi quelli che temono un accrescimento della violenza e delle provocazioni.
Il portavoce del governo, Antonio Milososki, ha dichiarato: ''A questo punto in Macedonia bisogna proclamare lo stato di guerra''. Una proposta apparentemente condivisa anche dal premier, Ljubco Georgievski, e invece finora respinta dal capo dello Stato Boris Trajkovski e da Branko Cernenkovski, ex primo ministro e leader dell'Unione socialdemocratica, importante formazione politica, membro della coalizione governativa in crescente conflitto con il partito del primoministro. (Ansa)
Sia il ministro dell'interno che quello della difesa si sono detti contrari alla proclamazione dello stato di guerra, promettendo "un'immediata e dura risposta delle forze di sicurezza contro i terroristi albanesi responsabili della strage di Tetovo".

Da parte occidentale, l'Alto rappresentate europeo per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, ha reagito negativamente alla proposta avanzata dal premier Georgievski affermando che: "ciò servirebbe solo ai terroristi e non favorirebbe la soluzione della crisi". Dello stesso parere è anche il presidente della UE, Anna Lindh, che durante un colloquio telefonico con Skopje, ha cercato di convincere il presidente Trajkovski e il ministro degli Esteri, Ilonka Mitreva, a trattenersi dal dichiarare lo stato di guerra "perché ciò favorirebbe l'aumento della violenza e fornirebbe una scusa alla continuazione delle azioni dei terroristi, così come l'uccisione di civili". (Sense)

Nuovi media: nasce Oneworld Radio Southeast Europe

30/05/2001 -  Anonymous User

OneWorld, la rete mondiale online che promuove la giustizia globale, ha lanciato un portale internet per lo scambio di tracce audio nell'Europa dell'Est e dei Balcani. Una proposta che vuole fornire uno spazio aperto che vuole aumentare la comprensione reciproca. Agli utenti di internet è data la possiblità di ascoltare le varie iniziative e notizie in 4 lingue: albanese, macedone, serbo e inglese.

Croazia: ancora casi di corruzione a Pola

25/05/2001 -  Anonymous User

Il Ministro degli interni croato Sime Lucin ha annunciato una serie di azioni che dovrebbero scardinare i vertici del crimine organizzato nel paese (Vecernji list, 18.5). Lo stesso giorno è apparsa sui quotidiani nazionali la notizia dell'arresto di due avvocati e un ex-agente della polizia segreta, accusati di aver fatto da mediatori nella corruzione di alcuni giudici.
Altri nomi eccellenti circolano sulla stampa locale, in particolare nella comunità istriana di Pola: tra questi il presidente della Corte suprema locale Ivan Milanovic, e l'avvocato di Zagabria Anto Nobilo. Il primo ha già dichiarato la sua estraneità ai fatti: "Non ho mai guadagnato nessun denaro al di fuori del salario statale" (Novi list, 19 maggio). Nobilo invece si è difeso accusando il Procuratore della Repubblica di Pola, Radovan Ortynski, di aver estorto false dichiarazioni al suo assistito Miroslav Kutle. Questi, personaggio di fiducia dell'ex-presidente Tudjman e fino al 1999 uomo più ricco del paese, è stato rimesso in libertà il 18 maggio scorso dopo 15 mesi di carcerazione preventiva. Secondo Nobilo, il procuratore Ortynski avrebbe ricattato il prigioniero Kutle chiedendogli di testimoniare contro Ivic Pasalic (attuale capo dell'ala destra radicale interna all'HDZ, e già consigliere principale dell'ex-presidente Tudjman) e contro l'ex-generale Ljubo Cesic Rojs, ambedue sospettati di aver partecipato al saccheggio della ricchezza nazionale. Ortynski ha immediatamente annunciato un'adeguata risposta a queste pesanti accuse.
La cronaca di Pola non è nuova a vicende di corruzione: recentemente infatti il vice-sindaco del capoluogo istriano Mario Quaranta si è dovuto dimettere per lo scandalo provocato dal suo arresto per presunta corruzione. La polizia croata lo avrebbe pescato con ancora in tasca una mazzetta proveniente da un intermediario che lavora per la ditta italiana Chini costruzioni - nota come una delle principali imprese del mattone in Trentino. La cronaca poi non ha seguito molto il caso, stretta com'era tra la polemica sul bilinguismo nella regione e le elezioni amministrative che hanno coinvolto anche Pola. Resta il fatto che molti segnali indicano come la Croazia attuale, pur non raggiungendo i livelli di economia off-shore che si vedono ad esempio in Montenegro, sia attraversata da profondi fenomeni di criminalità economica e di corruzione diffusa. E questo avviene mentre vasti pezzi del paese, dalle risorse turistiche della costa al sistema bancario, stanno finendo in mani straniere - tedesche e italiane in particolare.

Nuova intesa tra l'Osservatorio e l'ICS

25/05/2001 -  Anonymous User

(25.05.2001) Il Consorzio Italiano di Solidarietà e l'Osservatorio sui Balcani hanno firmato un protocollo di intesa che unirà le due realtà nel monitoraggio critico a livello sociopolitico ed economico, di approfondimento e ricerca, analisi e definizione di strumenti operativi. La collaborazione fra le due parti si concretizzerà nella messa in comune delle informazioni a propria disposizione e nella realizzazione di approfondimenti tematici comuni (dossier, pubblicazioni, formazione, ecc...).

Croazia: analisi di un voto inatteso

24/05/2001 -  Anonymous User

La campagna elettorale:L'ultima settimana della campagna elettorale
in Croazia è stata caratterizzata da tensioni tra opposizione di destra e coalizione governativa,
ma anche dalle accuse reciproche interne alla coalizione stessa. L'SDP ha accusato l'IDS di essere un partito anticostituzionale
ma anche l'HSLS è stato oggetto di pesanti critiche, sospettato di aver segretamente collaborato
con i partiti di destra.
Il presidente dell'HSLS - Drazen Budisa - ha accusato il Premier Ivica Racan di aver dato troppa importanza
alle minacce arrivate da destra, e contemporaneamente di aver favorito l'offensiva della sinistra radicale
all'interno delle istituzioni statali (Jutarnji list, 17 maggio). Nonostante tutto, ed eccetto un incidente avvenuto a Vinkovci
(in prossimità di Vukovar) dove nei giorni del voto due membri dell'SDP sono stati feriti da sconosciuti,
la campagna elettorale si è conclusa tranquillamente.

Le elezioni: Soltanto il 40% dell'elettorato ha usufruito,
il 20 maggio, del suo diritto a votare. Questa percentuale di votanti rappresenta per la Croazia
il record negativo di affluenza al voto.
Persino alle elezioni locali del 1997 il numero dei votanti si era mantenuto
sul 60% degli aventi diritto.
Questo dato viene spiegato dall'HDZ, e dagli analisti vicini alla destra, come segno di una
apatia provocata dalle difficili condizioni sociali e dalle promesse elettorali non mantenute dalla
maggioranza di governo, mentre i partiti della coalizione governativa e gli analisti simpatizzanti,
dichiarano di considerarlo un segno di normalizzazione della vita politica.
Si possono sintetizzare i risultati come segue:
la Città di Zagabria (che possiede il grado di contea) e 14 contee vedono la maggioranza assoluta di eletti
nei partiti dalla coalizione governativa.
A questo proposito ricordiamo che ogni partito si era presentato alle elezioni con una lista propria,
mentre in alcuni casi due o più partiti della coalizione governativa avevano formato a livello locale una lista unitaria.
Per la Contea Istriana il panorama politico rimane stabile. Senza nessuna sorpresa, l'IDS di Jakovcic
ha ottenuto infatti la maggioranza assoluta dei voti.
Cinque contee (quelle con capoluoghi Split,
Sibenik, Gospic, Karlovac e Sisak) hanno dato la maggioranza assoluta alla coalizione "Blocco nazionale",
formata da partiti di destra guidati dall'HDZ.Infine nella Contea di Vukovar i partiti della coalizione
governativa potranno formare una maggioranza soltanto con l'appoggio dal partito serbo - SDSS - di Stanimirovic.

L'HDZ ha perso molti comuni dove governava da anni, ma tutto sommato si è affermato - contrariamente alle
previsioni fatte sulla sua marginalizzazione politica - come secondo partito nazionale, al centro di una destra radicale che può
contare su più di un quarto dei voti.
Alcune liste civiche hanno avuto successi sorprendenti. Tra le altre spicca il risultato a Zagabria (9,5%) della lista
indipendente HIP guidata da Miroslav Tudjman, figlio maggiore del famoso Franjo Tudjman, composta da dissidenti
dell'HDZ con orientamento di estrema destra. La lista ha goduto anche dell'appoggio attivo del noto calciatore Zvonimir Boban.
Commentando il successo della propria lista, Tudjman ha dichiarato:
"La scena politica si è polarizzata, quindi da adesso in poi ci siamo soltanto noi (destra) e loro (sinistra)" (Vjesnik, 21 maggio).
Vesna Pusic, che con il suo HNS ha ottenuto a Zagabria un ottimo
successo (17,62%), considera il successo della destra un dato drammatico (Novi list, 21 maggio). La Croazia è infatti
divisa tra centro e centrosinistra da un lato, e destra radicale dall'altro. Invece i partiti che hanno voluto
mediare - come ha tentato di fare l'HSLS - sono stati castigati.
Infatti l'HSLS a Zagabria era il secondo partito della coalizione governativa, ed ora è passato all'opposizione extra-parlamentare.
Questo dovrebbe far riflettere...
Secondo Jelena Lovric (Novi list, 22 maggio) la totale
responsabilità della rinascita dell'HDZ ricade sulla coalizione governativa, che in un anno e mezzo ha messo in secondo piano
e quasi dimenticato i danni prodotti dall'HDZ durante tutto il periodo degli anni novanta.

Bosnia: la 'difesa' riunisce le etnie

22/05/2001 -  Anonymous User

Entro il 5 giugno prossimo, tutti i militari (circa 7.200) della cosiddetta componente croata dell'esercito federale, torneranno nelle file dell'Esercito. Questo è il risultato dell'accordo siglato il 16 maggio scorso, tra il Ministro della difesa federale - Mijo Anic - e il comandante della componente croata, Anto Mijo Jelic.

E' da ricordare che questa crisi militare in Bosnia dura già da due mesi e il suo inizio coincide con la proclamazione dell'Autonomia croata in Bosnia Erzegovina, avvenuta il 4 marzo scorso a Mostar. Il vertice politico del partito HDZ aveva condannato la nuova formazione governativa nata dopo le elezioni del novembre scorso, e quindi non si era nemmeno dimostrato pronto a riconoscere il nuovo Ministro della difesa Mijo Anic (essendo un croato non allineato all'HDZ).

Così, due mesi fa, la componente militare croata si era autosciolta e separata dall'esercito federale. A tutti i 7.200 soldati, nel frattempo mandati a casa, fu promessa una paga regolare di 500 DM al mese. Alcune caserme sono rimaste perciò vuote, mentre in altre i soldati e gli ufficiali hanno continuato a rispettare il comando federale (soprattutto nella regione della Bosanska Posavina). Ora, passati solo due mesi, l'Autonomia croata ha già cominciato a mostrare le sue falle. Allo stesso tempo l'HDZ, cominciando a temere le sanzioni paventate dalla comunità internazionale, si è preparato a negoziare con l'Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina, Wolfgang Petritsch, il quale nel frattempo aveva già sospeso Ante Jelavic - Presidente dell'HDZ bosniaco - da ogni incarico politico. Il 14 maggio si è saputo, con un certo scalpore, che il Ministero della difesa federale ha mosso una causa contro i politici dell'HDZ, Jelavic, Prce e Curcic. Ma due giorni dopo la situazione si è tranquillizzata con l'arrivo di un'altra notizia, sempre sorprendente: l'accordo si è raggiunto e la componente croata torna nelle fila dell'Esercito federale. "L'autonomia croata non poteva finanziare l'esercito croato fuoriuscito, perché economicamente fallita" scrive il giornale Nezavisne novine del 19 maggio scorso, citando una fonte anonima vicina al Ministero della difesa federale. Sembra che la componente militare croata fosse pronta a negoziare già da due settimane e che i tempi si siano accelerati in seguito alle tensioni nate nella caserma di Kiseljak dove, per motivi politici, i soldati croati si sarebbero scontrati tra di loro.

La versione croata sull'accordo risulta essere un po' diversa: il generale Jelic (Oslobodjenje, 18 maggio) dichiara che questo accordo firmato con Mijo Anic è espressione della volontà del popolo croato di risolvere i problemi in maniera pacifica e legale. "Con questo accordo la partecipazione della componente croata nell'esercito federale non sarà più messa in dubbio" ha detto Jelic. Ha dichiarato inoltre che tutti i 7.200 soldati della componente croata saranno registrati e torneranno nelle caserme entro venti giorni dalla firma degli accordi (quindi, entro il 5 giugno prossimo).

In questi due mesi Jelic aveva dichiarato di avere al suo comando 6.280 soldati. Lo SFOR però lo aveva smentito: le fotografie fatte dagli elicotteri di ricognizione delle Forze Internazionali di Stabilizzazione (presentate dal portavoce SFOR, Jurg Lehaman) hanno mostrato infatti un numero massimo di 2.500 soldati.

A differenza del generale Jelic, il presidente dell'HDZ Ante Jelavic dà una spiegazione un po' diversa. Ha infatti dichiarato (Dnevni Avaz, 18 maggio) che l'HDZ continuerà la sua lotta: "Per raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di costruire una Bosnia Erzegovina sovrana e democratica in cui sia prevista l'uguaglianza costituzionale del popolo croato, continueremo a lottare con mezzi politici. Non aspettatevi da noi incidenti, violenze o azioni terroristiche". Il Ministro della difesa federale Mijo Anic pare soddisfatto, perché i suoi sforzi hanno dato buoni risultati. Secondo Anic (Dnevni Avaz, 19 maggio) i soldati croati torneranno nelle caserme anche prima della scadenza dei venti giorni. E nel frattempo, per non dimenticarsene, indosseranno nuovamente i contrassegni federali.

Oslobodjenje in sciopero: sospesa l'uscita del giornale

21/05/2001 -  Anonymous User

Il giornale bosniaco Oslobodjenje, conosciuto per aver continuato a stampare anche durante il duro assedio di Sarajevo dall'Aprile del 1992 al dicembre del 1995, non esce in edicola da venerdì scorso per uno sciopero indetto da redattori e dipendenti del giornale. I lavoratori di Oslobodjenje hanno deciso la protesta affinché una volta per tutte vengano ascoltate e soddisfatte le loro richieste, avanzate ormai da mesi. Tra queste il pagamento degli stipendi arretrati, la sostituzione del direttore generale, del vicedirettore e del caporedattore.

Come dichiarato dal Sindacato (Habena, 21 maggio), le trattative continueranno nel pomeriggio di domani, giorno in cui si prevede l'arrivo e la partecipazione dei rappresentanti dei partner sloveni proprietari del pacchetto di controllo del giornale.

Durante l'assedio alla città di Sarajevo, Zlatko Dizdarevic - allora direttore di Oslobodjenje - lanciò moltissimi appelli affinché si sostenesse l'uscita del giornale anche in condizioni così dure e al limite della sopravvivenza. Alcune tra le realtà italiane che raccolsero l'appello furono l'Associazione per la Pace e l'ICS, che tramite la campagna "Sarajevo cuore d'Europa" riuscirono a fornire - tra il 1993 e il 1994 - supporto finanziario e materiale al giornale. Forse vale la pena ricordare che già nei primi mesi di assedio il palazzo venne pesantemente bombardato dall'esercito serbo-bosniaco, e i giornalisti dovettero tutti concentrarsi a lavorare nei piani inferiori e nei sotterranei del palazzo. Oggi l'edificio è ancora così come si è presentato alla fine di quattro anni di assedio (foto). La decisione delle varie forze politiche che in questi sei anni si sono alternate nell'amministrazione della città è sempre stata unanime: il palazzo non verrà ricostruito e rimarrà a ricordo, si spera deterrente, di ciò che è accaduto a Sarajevo.

Croazia: un voto polarizzato

21/05/2001 -  Anonymous User

Le elezioni amministrative in Croazia si sono svolte regolarmente ieri, secondo quanto dichiarato dagli osservatori dell'OSCE. Lo spoglio è ancora in corso, ma dai primi risultati della consultazione sembra emergere un paese fortemente polarizzato: il Partito socialdemocratico del premier Racan continua ad ottenere ampi consensi, che anzi sembrebbero crescere nella capitale, Zagabria, dove vive circa un quarto dei croati. Nello stesso tempo i partiti nazionalisti della coalizione "Blocco nazionale" otterrebbero la maggioranza relativa in molte amministrazioni sulla costa adriatica e lungo il confine con la Bosnia Erzegovina e con la Serbia. Nonostante i pronostici della vigilia, sarebbero tutt'altro che cancellati dalla storia politica del paese.