Klaus Iohannis © LCV/Shutterstock

Klaus Iohannis © LCV/Shutterstock

Il giorno prima che venisse votato l’impeachment, promosso dai partiti sovranisti di destra, il presidente romeno Klaus Iohannis ha dato le dimissioni. È la prima volta che accade nei 35 anni di democrazia romena. Le reazioni nel paese e tra i partiti politici

11/02/2025 -  Mihaela Iordache

In un clima politico teso, mentre nel Parlamento i populisti avevano avviato la procedura per la sua sospensione, il presidente della Romania Klaus Iohannis ha annunciato le sue dimissioni. È la prima volta in 35 anni di democrazia che un capo di stato sceglie questa opzione.

Iohannis è stato alla guida del paese negli ultimi 10 anni. Le  sue dimissioni arrivano due mesi dopo che la Corte Costituzionale ha annullato le elezioni presidenziali. E quindi, nonostante il suo mandato fosse scaduto il 21 dicembre scorso,  le circostanze legate all’annullamento delle elezioni avevano aperto a Klaus Iohannis l’opportunità di restare in carica fino a maggio, ovvero per quando sono riprogrammate le nuove elezioni presidenziali.

Mentre oggi, 11 febbraio, i parlamentari dei partiti sovranisti di opposizione – AUR (Alleanza per l’Unità dei Romeni) SOS di Diana Sosoaca, POT (Partito dei Giovani) a cui si sono aggiunti anche i progressisti dell’USR - si preparano a votare per l’impeachement del presidente, il presidente stesso ha anticipato il voto e annunciato ieri le sue dimissioni, precisando  che avranno effetto a partire da mercoledì 12 febbraio.

È in questo contesto che viene letta la sua decisione, forzata dalle circostanze, nonché interpretata come una conseguenza delle pressioni dell’estrema destra che controlla circa il 35% dei seggi parlamentari. Il presidente si è dimesso per non venire dimesso.

"Io, Klaus Werner lohannis, presidente della Romania, mi dimetto dalla carica di presidente della Romania a partire dal 12 febbraio 2025" - così recita il testo delle dimissioni di  Klaus Iohannis - “per salvare la Romania ed i suoi cittadini da questa crisi, da questo sviluppo inutile e negativo”.

Tutta l’instabilità politica della Romania ruota intorno alle elezioni presidenziali annullate il 6 dicembre 2024 dalla Corte Costituzionale con una decisione senza precedenti.

Da allora, i partiti di estrema destra hanno fatto scudo intorno al candidato Călin Georgescu che aveva vinto il primo turno delle elezioni con oltre due milioni di voti. 

La decisione di annullare le elezioni si è basata sui rapporti dei servizi segreti presentati al Consiglio Superiore per la Difesa del Paese (CSAT) guidato dall’allora presidente Iohannis. Sono state invocate ingerenze straniere, più precisamente da parte della Russia, nel processo elettorale. Ma le prove tardano ad arrivare, sia per quanto riguarda le ingerenze esterne che per le accuse di finanziamenti illeciti della campagna elettorale. 

Nel frattempo, la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa ha analizzato il modo in cui sono state annullate le elezioni presidenziali in Romania. Gli esperti della Commissione di Venezia hanno considerato che qualsiasi decisione di annullare le elezioni non dovrebbe basarsi solo su informazioni segrete, ma anche su prove pubbliche. Inoltre, la Commissione spiega la necessità di avere migliori leggi elettorali e di protezione contro gli attacchi online.

Le reazioni

Mentre il presidente Klaus Iohannis annunciava le dimissioni, a Bucarest centinaia di persone sono scese in piazza in seguito  all'appello di Călin Georgescu di boicottare i supermercati (e comprare solo prodotti nazionali). I suoi sostenitori hanno gridato "libertà" e hanno chiesto che sia ripetuto il secondo turno delle elezioni. La manifestazioni si sono però trasformate in scontri con i gendarmi che hanno fatto uso di gas lacrimogeni contro i manifestanti.

Per l’ultranazionalista Călin Georgescu, le dimissioni di Iohannis rappresentano "una vittoria per il popolo romeno”. Georgescu ha chiesto  di riprendere il processo elettorale dal secondo turno senza ripetere il primo vinto da lui: “Vittoria per il popolo romeno: Klaus Iohannis si è dimesso! Adesso è il momento di ritornare allo ‘stato di diritto’ - riprendiamo il secondo turno delle elezioni!", ha scritto  Georgescu su X (Twitter).

Elena Lasconi, la candidata pro-UE che avrebbe dovuto sfidare Georgescu al ballottaggio, ha criticato la decisione del presidente, affermando che le sue dimissioni sono arrivate "troppo tardi per essere considerate onorevoli". Per George Simion, il leader del partito di estrema destra AUR: “Se non si fosse dimesso, il Parlamento lo avrebbe rimosso con l’impeachment".

Aggiunge nuove interpretazioni, invece, Alina Mungiu Pippidi, presidente della Società Accademica Romena: “I populisti radicali in Romania hanno ottenuto questa vittoria grazie all’opportunismo dei servizi segreti e al populismo dell’USR che si è messo con loro”. Per Pippidi ”i servizi hanno gettato Iohannis in mare”.

E sempre più difficile trovare ottimismo nelle dichiarazioni degli analisti politici. Le dimissioni di Klaus Iohannis sono lungi dal risolvere la crisi politica e istituzionale della Romania, dove "a poco a poco si impongono disordine e anarchia", ha dichiarato il politologo Cristian Pîrvulescu per il principale notiziario di PRO TV.

Un presidente ad interim

Con le dimissioni di Iohannis, la Romania diventa un paese con un capo di stato ad interim. Secondo la Costituzione, il presidente del Senato, Ilie Bolojan, assumerà le funzioni presidenziali fino a nuove elezioni. 

Bolojan (55 anni) ha avuto una lunga carriera come sindaco di Oradea per tre mandati (2008 – 2020), poi come presidente del Consiglio della contea di Bihor (2020 – 2024). È diventato senatore di Bihor alle elezioni parlamentari della fine dello scorso anno. Ilie Bolojan, presidente ad interim del PNL (Partito Nazional Liberale) e presidente del Senato, ha annunciato che si dimetterà dal suo partito per assumere la presidenza ad interim della Romania. 

La grande sfida dei prossimi mesi riguarda il governo romeno, il quale dovrà  garantire che le presidenziali previste per il 4 maggio e 18 maggio si svolgano senza ulteriori complicazioni, evitando nuovi rischi di interferenze straniere o contestazioni politiche.

Al potere c’è una coalizione filo europea formata dai Social democratici (PSD), dai Liberali (PNL) e dai rappresentanti dei magiari (UDMR).  

Nulla sarà però facile né scontato. L’Alleanza per l’Unità dei Romeni (destra radicale) annuncia importanti attività parlamentari. “Il prossimo passo sarà la presentazione di una mozione di sfiducia contro il governo Ciolacu, governo nominato da questo presidente illegittimo (…)”, ha dichiarato George Simon, il leader dell’AUR. Simon invita tutta l’opposizione a firmare la mozione e aggiunge che “chi non firma una mozione di sfiducia è chiaramente un traditore!”. 

La situazione politica resta tesa e la competizione tra le forze filo-europee e i movimenti nazionalisti, sovranisti o di estrema destra potrebbe cambiare il futuro del paese.

Paese membro dell’Unione Europea e della NATO, con la guerra dell’Ucraina al confine, la Romania ha bisogno di una stabilità e di una sicurezza che dovrebbero partire prima di tutto dall’interno. Ma in questo momento il popolo è diviso tra la vecchia classe politica e i nuovi partiti sovranisti con discorsi più o meno di inspirazione trampiana.