Belgrado, Serbia - Agosto 2024, cittadini protestano contro il progetto Rio Tinto © Dejan82/Shutterstock

Belgrado, Serbia - Agosto 2024, cittadini protestano contro il progetto Rio Tinto © Dejan82/Shutterstock

Al Parlamento europeo è stato presentato il documentario “Non nel mio paese: il dilemma del litio in Serbia”. Per gli ambientalisti serbi si tratta di pura propaganda per Rio Tinto e per il controverso progetto di estrazione del litio nella valle dello Jadar in Serbia

20/02/2025 -  Iskra Krstić

(Originariamente pubblicato da Mašina , il 6 febbraio 2025)

Lo scorso 5 febbraio, presso la sede del Parlamento europeo a Bruxelles, si è tenuta la presentazione del documentario “Non nel mio paese: il dilemma del litio in Serbia”, accompagnata da  dibattito.

Per gli attivisti ambientali serbi si è trattato della promozione di materiale propagandistico in cui – come spiega Nebojša Petković dell’iniziativa “Giù le mani dallo Jadar” – i cittadini che si oppongono al progetto della Rio Tinto vengono presentati come “selvaggi”.

“Il film ci ritrae come una tribù selvaggia del XVIII secolo, ma – incredibilmente – anche come agenti russi. Dicono che l’autore ha dimostrato un’ignoranza elementare in geografia e che in una scena del film ha affermato che la Serbia confina con la Russia”, commenta Nebojša Petković.

Petković sottolinea che gli attivisti serbi vengono presentati come aggressivi, ignoranti e scarsamente informati. Inoltre, come alcuni attivisti hanno spiegato in precedenza, le scene che li ritraggono sono state incluse nel film illegalmente, senza la loro autorizzazione.

Qualche settimana prima dell’evento di Bruxelles, anche l’antropologa Jelena Vasiljević dell’Istituto di filosofia e teoria sociale di Belgrado aveva espresso un parere simile sul trailer del controverso documentario, disponibile sui social. Vasiljević sul suo profilo Facebook aveva scritto che le dichiarazioni che aveva rilasciato per il documentario erano state strumentalizzate per fornire un quadro parziale della situazione. Successivamente, Vasiljević ha chiesto che le sue dichiarazioni venissero escluse dal film, richiesta ignorata dal regista.

Nel film è stata inserita anche una dichiarazione della professoressa Dragana Đorđević [autrice di uno studio scientifico sull’impatto del progetto Jadar sull’ambiente]. Come spiega Aleksandar Matković, ricercatore dell’Istituto di scienze economiche di Belgrado e uno dei partecipanti al dibattito al Parlamento europeo, la professoressa “non sapeva nemmeno che l’autore del film avesse utilizzato una sua affermazione, pronunciata in un’altra intervista, in modo da far sembrare che Đorđević fosse stata intervistata appositamente per il film”.

“In realtà, sono stati utilizzati alcuni segmenti dei discorsi [degli attivisti] inadeguati al film, perché non forniscono contro-argomentazioni”, spiega Matković, aggiungendo che il film non dà spazio alle posizioni degli scienziati serbi, nonostante il regista sia stato invitato all’Accademia serba delle scienze e delle arti.

Il gigante minerario “minacciato”?

“Dal trailer del documentario sono state deliberatamente escluse le posizioni cruciali di attivisti, comunità locali e scienziati indipendenti che nel film vengono presentati nel contesto di un possibile collegamento con la propaganda russa. La compagnia mineraria è stata invece presentata come vittima di una campagna di disinformazione”, hanno affermato gli attivisti di una rete che riunisce più di quaranta organizzazioni ambientaliste locali, regionali e internazionali. In precedenza, la rete aveva espresso forti dubbi sull’imparzialità e la trasparenza del film.

Il trailer si apre affermando che “uno scienziato ambientale si è recato nella valle dello Jadar, scoprendo che una delle più grandi compagnie minerarie al mondo, Rio Tinto, è minacciata”.

“Questo è un film sulla sfiducia e la disinformazione", prosegue il trailer, chiedendo polemicamente: “Chi c'è dietro? Forse i russi?”.

La versione finale del documentario non è mai stata resa disponibile al pubblico. Anzi, il regista aveva fornito il materiale video ai partecipanti al dibattito dello scorso 5 febbraio solo due giorni prima della presentazione al Parlamento europeo. Per Aleksandar Matković si è trattato di un gesto tendenzioso per impedire ai partecipanti critici nei confronti del progetto Jadar di prepararsi adeguatamente per il dibattito.

Il regista riceve finanziamenti dalla Rio Tinto

“Il problema è che il regista è legato alla compagnia Rio Tinto. Attualmente è direttore del Dipartimento di Materie Critiche dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio e ha realizzato questo film con le risorse destinate al progetto Sim 2. Inoltre, sia l’Università di Lovanio che il progetto in questione hanno più volte ricevuto finanziamenti dalla Rio Tinto, ma anche da un’azienda serba che appare nel film”, commenta Matković in un video pubblicato dopo il dibattito al Parlamento europeo.

Come sottolinea il ricercatore, nel film è stato utilizzato il materiale promozionale realizzato per il progetto Jadar, senza però specificare che si trattasse sostanzialmente di “pubblicità”.

Matković poi spiega che il documentario contiene diversi errori fattuali. In una delle prime scene del film, il regista sta davanti ad una mappa dell’Europa indicando le miniere sparse in tutto il continente e affermando che la futura miniera di jadarite sarà la più grande della Serbia.

“Non viene però specificato il criterio: sarà la più grande per estensione o per quantità di risorse estratte? Esistono diversi criteri per stabilire la grandezza di una miniera”, osserva il ricercatore.

“Il regista afferma che il problema sta nel fatto che la Serbia si trova al confine tra l’Europa occidentale e la Russia, indicando la Bulgaria e la Romania. Non so davvero come questo errore sia passato inosservato”, commenta Matković, aggiungendo che nel film si afferma che la Serbia si sta ancora riprendendo dalle sanzioni, imposte nel 1995 e poi nel 1997 per l’ultima volta.

Quasi tutti i partecipanti al dibattito sostengono il progetto Jadar

Cinque dei sei partecipanti alla discussione organizzata a Bruxelles sono sostenitori del progetto Jadar.

In un'intervista rilasciata a Insajder Matković ha dichiarato che il dibattito sul litio al Parlamento europeo “ha messo a nudo gli interessi corporativi che si celano dietro a questo progetto”, dimostrando che la compagnia Rio Tinto non è disposta ad ascoltare opinioni diverse.

“Il pubblico era composto principalmente da europarlamentari, esperti di questioni legate al litio e alla transizione energetica – spiega Matković – agli organizzatori è stato più volte suggerito di includere nel dibattito anche i membri dell’iniziativa ‘Giù le mani dallo Jadar’ perché sono loro ad essere maggiormente toccati dalla questione. Non hanno però avuto la possibilità di parlare nemmeno a conclusione del dibattito, una vera débâcle”.

Chi è vittima della disinformazione?

Il film, implicitamente, mette in dubbio la possibilità che così tante persone si siano ribellate spontaneamente, suggerendo che qualcuno, sicuramente il Cremlino, stia finanziando le proteste.

“Durante il dibattito al parlamento europeo ho spiegato che non possiamo essere sostenitori e agenti di tre grandi potenze. Vučić afferma che siamo agenti dell'UE, Zacharova sostiene che stiamo organizzando rivoluzioni colorate, e poi questo regista ci accusa di essere mercenari russi. Ma non possiamo allo stesso tempo essere al servizio di tutte e tre le superpotenze”, commenta Matković, sottolineando che in realtà la disinformazione è rivolta contro i cittadini.

“Si tratta di affermazioni infondate e il presunto scopo del film è quello di contrastare la disinformazione su Rio Tinto”, osserva il ricercatore.

Durante la discussione a Bruxelles, Marijanti Babić, rappresentante della Rio Tinto in Serbia, ha affermato che la campagna contro la sua azienda si basa sulla disinformazione. Quando poi è stata interpellata su una richiesta da lei presentata al ministero delle Miniere e dell’Energia nel 2023 – in cui si chiedeva di “non diffondere pubblicamente alcuna informazione riguardante il progetto Jadar per non mettere a rischio gli interessi dell’azienda”, Babić non sapeva come rispondere.

“Di quale dibattito parliamo se non ti fornisco informazioni e poi ti invito al dialogo?”, chiede polemicamente Matković.

Il ricercatore sottolinea che gli altri partecipanti alla discussione non sono riusciti a confutare nessuno degli argomenti da lui esposti durante il dibattito, comprese le denunce contro Rio Tinto per l’inquinamento causato.

Un caso di camaleontismo politico?

“Immagino che in un secondo momento il film sia stato modificato a causa delle attuali proteste in Serbia, anche perché si conclude con una scena in cui la popolazione locale si reca ad un centro educativo di Rio Tinto, dove cambia idea e si rende conto che il suo problema non era la miniera, ma Vučić”, spiega Matković.

“Questa è una retorica pericolosa – avverte il ricercatore – se Vučić dovesse cadere, questo film verrebbe sicuramente utilizzato per permettere alla Rio Tinto di ‘distanziarsi’ da Vučić e in qualche modo avvicinarsi ad una nuova opposizione, nel frattempo salita al potere”.

La nuova élite politica potrebbe sfruttare il film per accusare gli attivisti di Gornje Nedeljice e dell’intera valle dello Jadar di aver ignorato la scienza. “Poi forse diranno – aggiunge Matković – che, da bravi europei, si opporranno all’influenza russa esercitata su scienziati e contadini e che sosteranno la miniera”.

Secondo gli attivisti, il film è stato realizzato in pochi giorni, durante la più grande ondata di proteste contro il progetto Jadar, accompagnate da violenza contro gli attivisti. La presentazione del film è stata organizzata in vista di una riunione della Commissione per le materie prime critiche del Parlamento europeo (nel frattempo la riunione è stata posticipata a marzo).

La Commissione dovrebbe decidere su eventuali ulteriori finanziamenti da destinare alla compagnia Rio Tinto per sostenere la costruzione della miniera.

“Immagino che proprio per questo motivo il regista, che lavora all'Università di Lovanio, abbia voluto così tanto organizzare la presentazione del film al Parlamento europeo”.

“Non scaverete”

Gli attivisti spiegano che il film è stato proiettato su iniziativa di due gruppi parlamentari e non dell'intero Parlamento europeo. Sottolineano poi che il dibattito è iniziato in ritardo, impedendo così al pubblico di porre domande. Tra i presenti c’erano anche i rappresentanti dell’iniziativa “Giù le mani dallo Jadar” Nebojša Petković e Zlatko Kokanović.

Non essendo riusciti ad ottenere l’autorizzazione degli organizzatori per partecipare al dibattito, ai due attivisti è stato detto che al termine della discussione si sarebbero potuti brevemente rivolgere al pubblico per presentare le loro argomentazioni. Alla fine anche questa possibilità è stata loro preclusa, e quindi hanno srotolato uno striscione con la scritta “Giù le mani dallo Jadar”, mettendo in chiaro che la Rio Tinto non scaverà.

Prima dell’inizio del dibattito, l’associazione “Pollice in su” ha organizzato una protesta davanti alla sede del Parlamento europeo a cui sono intervenuti Carola Rackete (eurodeputata tedesca), Catarina Soares Martins (eurodeputata portoghese), Tor Jonas Sjöstedt (eurodeputato svedese), Zlatko Kokanović e Aleksandar Matković.

“Abbiamo tutti ribadito che questa battaglia non riguarda solo la Serbia. È una lotta più ampia perché la Serbia è un esempio per gli altri paesi, dimostra che possiamo collaborare a livello internazionale contro le multinazionali. Perché? Perché se la Commissione Europea dovesse sostenere il progetto Rio Tinto, utilizzerebbe i soldi dei contribuenti europei per finanziare un progetto che ora è associato alla violenza in Serbia”, conclude Matković.