Ha un titolo provocatorio questo lavoro fotografico di Stefano Piva, dedicato ai centri collettivi di Kraljevo, sud della Serbia. Ospitano ancora profughi dalla Croazia, dalla Bosnia e dal Kosovo
In Serbia vi sono sfollati e rifugiati provenienti da Croazia, Bosnia Erzegovina e Kosovo. Parte di questi, negli anni, hanno risieduto e risiedono ancora in centri collettivi.Nel 2002 il Commissariato per i rifugiati della Serbia, in accordo con l'UNHCR, ha lanciato un programma per arrivare alla chiusura dei centri collettivi. A quell'epoca in Serbia vi erano 388 centri collettivi che ospitavano 26.863 persone.Nel maggio del 2011, quasi dieci anni dopo, in Serbia vi erano ancora 54 centri collettivi che ospitavano 4.101 persone."E' ormai da molti anni che esistono questi centri, molte persone sono morte nei centri collettivi, molte altre hanno formato una famiglia sposandosi e molti bambini sono nati in questi luoghi".Estratto dal diario di Stefano Piva, dicembre 2010Secondo dati dell'UNHCR nel territorio di Kraljevo vi sono 25.227 sfollati e rifugiati, di questi circa 400 vivono ancora nei centri collettivi situati in zona.Quella di Kraljevo è l'area con più centri collettivi nell'intera Serbia.Le condizioni di vita in questi centri collettivi sono estremamente difficili, in particolare in quelli “non registrati”.“Durante la nostra visita nei centri è emerso che esistono centri registrati e non registrati. Questi ultimi, per via del loro status, non vengono assistiti da nessuna Ong se non da quelle locali. Chi vi alloggia inoltre subisce la pressione da parte delle istituzioni ad abbandonare questi centri ma senza che venga loro offerta alcuna alternativa”.Estratto dal diario di Stefano Piva, dicembre 2010Vi sono sei centri collettivi “non registrati” nell'area di Kraljevo. I loro residenti vivono in condizioni estremamente difficili.Il problema dei centri “registrati” e “non registrati” si è drammaticamente accentuato nell'area di Kraljevo con l'arrivo degli sfollati dal Kosovo.Nel 1999, anno della guerra in Kosovo, vi erano già numerosi centri collettivi nell'area di Kraljevo che ospitavano rifugiati dalla Croazia e dalla Bosnia Erzegovina. I nuovi arrivati dal Kosovo vennero spesso piazzati in “Centri culturali” abbandonati in villaggi periferici. Questi ultimi divennero i cosiddetti “Centri collettivi non registrati".“Adrani, collective non-registered centre, composed by a single building that must have been a farm once. three families live there in desperate conditions. There is just one fountain teh water of which is obviously cold. Only one of the three families is young and the others are composed of elderly people. The toilets are totally precarious, in a shack”.From Stefano Piva's diary, December 2010"Centro collettivo non registrato, composto da un'unica struttura, in passato un centro culturale. Gli appartamenti sono situati nel teatro e sono costituiti da box costruiti con pannelli di legno per delimitare gli spazi.All'inizio questo centro ospitava 340 tra sfollati e rifugiati, negli ultimi anni sono rimaste 34 persone. Dopo il terremoto sono rimaste dieci persone e le altre sono state alloggiate a Mataruska Banja.Le condizioni igieniche sono disperate, non si capisce come potessero vivere qui 340 persone con solo due bagni a disposizione situati all'esterno della struttura. Inoltre non vi è acqua potabile e la prima fontana è a due chilometri di distanza. Questo problema è diventato un punto di forza per le istituzioni per costringere gli abitanti del centro ad allontanarsi".Estratto dal diario di Stefano Piva, dicembre 2010"Centro collettivo non registrato, in una struttura che in passato era un albergo. Ospita persone locali rimaste senza casa dopo il terremoto e un rifugiato. Le condizioni igieniche sono quasi normali in quanto esistono servizi igienici anche se in comune a tutti. Come in tutti gli altri centri le camere sono piccole".Estratto dal diario di Stefano Piva, dicembre 2010Secondo l'UNHCR a Kraljevo risiedono 19.000 sfollati dal Kosovo, che iniziarono ad arrivare a partire dal giugno 1999. Di questi 18.500 hanno trovato alloggio presso abitazioni private, gli altri 500 (di cui 200 minori) trovarono alloggio nei centri collettivi.Le Ong che in questi anni si sono occupate degli sfollati e dei rifugiati nell'area di Kraljevo hanno posto alcune linee guida per migliorare la loro situazione. Innanzitutto che le autorità competenti facilitino l'ottenimento dei documenti personali in modo da poter esercitare appieno i propri diritti politici, economici e sociali.Inoltre le Ong chiedono alle autorità competenti di fare tutto quanto nelle loro possibilità per garantire condizioni abitative minime a sfollati e rifugiati, a partire dalle condizioni di igiene.Rimane inoltre cruciale, attraverso i centri nazionali per l'impiego, garantire opportunità anche a sfollati e rifugiati, in particolare se appartenenti a famiglie i cui membri sono tutti disoccupati.Altra questione cruciale è quella di garantire a sfollati e rifugiati assistenza legale gratuita. Sono gruppi vulnerabili, che non riescono spesso a far valere neppure i pochi diritti di cui sono titolari.Le Ong sottolineano inoltre l'importanza di garantire un accesso universale ai servizi sanitari di base, ad esempio incrementando il numero di medici di base e dei centri sanitari locali.Le Ong inoltre invitano ad avviare iniziative a favore del ritorno individuale o collettivo nei luoghi di origine.Allo stesso tempo però si sottolinea l'importanza, per chi abbia deciso di rimanere, di godere di programmi che favoriscano l'integrazione nella società d'accoglienza."I centri collettivi sono diventati anche un problema (più che altro d'immagine) ma le istituzioni non stanno apparentemente facendo molto per cercare di sbloccare queste situazioni ormai in stallo da tempo, i centri dovevano essere stati chiusi ancora nel 2008, ma questo termine è stato spostato al 2011 e poi nuovamente rinviato al 2013".Estratto dal diario di Stefano Piva, dicembre 2010E' un lavoro fotografico di
Stefano Pivawww.stefanopiva.comI testi sono tratti dal diario di viaggio di Stefano Piva e dal "Report on Respect of Human Rights of IDPs/refugees in Central Serbia for the period between July 2010 – June 2011" redatto dall'ONG LINGUA