Un viaggio a Kratovo, Macedonia, alla scoperta dell'antico rituale del sale pestato: quando i profumi di montagna incontrano il Mar Egeo. Le fotografie di Ivo Danchev e il testo di Francesco Martino
Centinaia di tetti rossi orlano i fianchi di un antico cratere, segnato da profonde fratture che gli abitanti hanno ricucito nel corso dei secoli, gettando sugli abissi ben tredici ponti. Foto: Ivo DanchevTesto: Francesco Martino“La 'kcana sol' è figlia del sole e del vento che baciano i monti Osogovski, che si sposano col sale del mar Egeo”, Stevce Donevski.Un caleidoscopio di piante di montagna: “smilj”, “kopar”, “silina”, “povecerinka”, “noktarac”. Ma alcuni ingredienti rimangono gelosamente segreti.La sinfonia di odori e fragranze riempie la stanza dalle pareti appena imbiancate, fino quasi a stordire i sensi.Kratovo, uno degli snodi centrali delle rotte mercantili che, attraverso i monti e le valli dei Balcani, collegavano l'antica repubblica di Dubrovnik al porto egeo di Salonicco.Il 'kcana sol' si accompagna ai piatti tipici, dalla carne ai pasticci tradizionali, ma “viene esaltata soprattutto dai sapori semplici”, dice sorridente Valja.A note sgargianti e piene, come quelle della menta piperita e del rosmarino, si alternano altre più bilanciate e umili, come il mais tostato e la “majcina dusica”, colta a mano sugli alti pascoli.Si tosta il sale grosso di Salonicco (a tre giorni di cavallo da Kratovo), poi il mais, dentro un cilindro cavo in ferro detto “katar”, per rendere il sale friabile sotto i colpi del pestello.Stevce, seduto su un basso sgabello di quercia, mulina senza sosta il grande pestello d'acciaio nel “dibek”, il pesante mortaio di marmo.Valja versa a poco a poco tutte e quindici le erbe e i sapori che, ridotti a una polvere sottile e mescolati al sale marino, creano la magia profumata della “kcana sol”.A poco a poco nel mortaio scompaiono peperoni (piccanti o meno), rosmarino, basilico, menta piperita e menta selvatica, timo.Poche sono le famiglie rimaste a produrre il “kcana sol”, ciascuna mescolando le erbe e gli odori secondo il proprio gusto e tradizione, lasciando la propria impronta.Valja, mentre passa al setaccio la polvere scura prodotta dal pestare ritmico di Stevce nel mortaio.Il prodotto finale, una volta passato al setaccio, è una polvere sottile, dal colore brunito, che ricorda le rocce vulcaniche che dominano il paesaggio di Kratovo.“Non esiste cosa più umile, e più buona”, dice Stevce con sorriso sornione, mentre ci porge la “peta”,un piccolo pane rotondo, cotto a legna, tipico di Kratovo.Nel suo sogno e in quello di Valja, la casa diventerà il primo “ostello slow” di Kratovo, punto di partenza per scoprire i segreti di questa terra antica e inesplorata.“Per godere di Kratovo, c'è bisogno di tempo e del passo lento che ci è stato insegnato da generazioni lontane”