Una giornata trascorsa con alcuni sminatori in Bosnia Erzegovina. Il dramma delle mine, a più di vent'anni dagli accordi di pace. Foto e testo di Matthias Canapini
A luglio ho trascorso una giornata con gli sminatori bosniaci nelle campagne intorno a Sarajevo. Padri di famiglia che pur di prendere 300-400 euro al mese svolgono questo drammatico lavoro. Molti sono ex-militari che durante la guerra hanno minato a loro volta, ed ora si ritrovano a bonificare aree a rischio come vallate,colline o boschi. Si contano 46 sminatori rimasti uccisi durante operazioni di bonifica dal 1996 ad oggi. Mi hanno raccontato che 200.000 mine antiuomo,anticarro e uxo (ordigni inesplosi) infestano ancora la nazione a circa 17 anni dalla fine della guerra. Le vittime più frequenti si registrano tra i civili, molti i bambini e lavoratori come taglialegna, operai edili o agricoltori. Le operazioni di bonifica sono sempre più difficili e costose, i fondi insufficienti e l'agricoltura impraticabile in molte zone del paese. Pol Pot affermava che una mina è il miglior soldato esistente: non mangia, non dorme e sta sempre all'erta. Una guerra non finisce quando scompare dai trafiletti televisivi o quando finti accordi di pace placano il sangue. Matthias Canapini si occupa di reportages foto giornalistici muovendosi come freelance e collaborando con ONG locali o internazionali. Ha viaggiato nei Balcani, Turchia e Caucaso per documentare svariate tematiche, dalle proteste in Bulgaria alle adozioni in Kosovo, dal ricordo del genocidio di Srebrenica alle linee ferroviarie in Albania.Passando per la memoria del Vajont e la resistenza della Valsusa. Durante l’ultimo viaggio è entrato due volte in Siria (agosto e dicembre) per documentare le condizioni dei campi per sfollati siti a qualche km dal confine.Per contatti o informazioni: canapini.matthias@gmail.com o fb.