Cesare Viviani
(23/12/2010 11:45)
Il ruolo di Belgrado è legittimo e non potrebbe essere diverso: formalmente lo status del KiM (Kosovo e Metohija) per le istituzioni internazionali è quello del 1990 e Belgrado si dichiara al massimo disposta a concedere l'Autonomia del 1974. Normale che difenda la sua posizione giuridica, il ruolo di Belgrado è quello che avrebbe qualsiasi Stato.
Stesso dicasi per il governo provvisorio di Pristina che difende lo status quo de facto, ottenuto manu militari: indipendenza tout court senza compromessi. Anzi, se vogliamo il ruolo di Pristina è più ambiguo, perché da una parte vuole formalizzare lo status quo, dall'altra vuole modificarlo estendendo l'influenza del governo provvisorio albanese anche nei 4 comuni serbi del nord. In realtà l'influenza di Pristina è scarsa anche nei 6 comuni-enclaves serbi del sud di nuova istituzione, non riconosciuti da Belgrado che riconosce le vecchie amministrazioni municipali: nel sud meno della metà dei serbi ha votato alle ultime elezioni e solo 1/4 dei serbi delle enclaves ha votato per la collaborazione col governo provvisorio albanese. Ammesso che si considerino voti le schede elettorali precompilate imbucate per 50€.
Poi è ovvio che nei negoziati sia Belgrado che Pristina dovranno scendere a compromessi e modificare le posizioni. La road map è quella della divisione del Kosovo e del riconoscimento reciproco. Il problema serio e complesso sono le mini enclaves del sud dove abitano 60.000 serbi che non vi possono uscire senza scorta armata.