Quando bombardarono i ponti di Belgrado, anche io, con sparuti gruppi di italiani, mi misi su un ponte con sulla schiena un bersaglio, per solidarietà non certo a Milosevic, quanto ai fratelli Serbi. Ecco, ad oltre dieci anni di distanza, la Serbia ancora è tenuta a distanza. Nessuno fà autocritica per quella terribile aggressione, che oltre ai ponti distrusse fabbriche, centrali elettriche e soprattutto l'orgoglio di un popolo che ha come grave peccato l'aspirazione alla libertà. Nessuno ragiona sul fatto che la ragione vera delle bombe non fu certo l'aggressione al Kossovo, 'liberato' per essere riconosciuto oggi come il covo delle peggiori mafie continentali, per la tratta delle donne, per il contrabbando, la droga e per il razzismo sordo verso i Serbi. Non giocarono forse le ragioni del grande gioco americano, che trovò nella Serbia un probabile grumo di resistenza attorno al quale si poteva mantenere una forte presenza terzo mondista? Nessuno ne parla e questo mi sembra un elemento di grave crisi per la soluzione dei problemi balcanici.