
Milorad Dodik © Alexandros Michailidis/Shutterstock
Il clima di incertezza politica, giuridica e di sicurezza che da tempo ormai regna in Bosnia Erzegovina, ha raggiunto l’apice il 5 marzo quando Milorad Dodik ha promulgato quattro leggi per impedire il lavoro degli organismi giudiziari e di sicurezza statali nel territorio della Republika Srpska
Le perplessità politiche e legali, sorte con l’entrata in vigore delle leggi volute da Dodik, sono state in parte dissipate dalla Corte costituzionale della BiH che, con un provvedimento temporaneo, ha vietato l’applicazione dei controversi atti legislativi.
Nei giorni precedenti all’intervento della Corte costituzionale, le azioni e le dichiarazioni dei funzionari della Republika Srpska hanno sconvolto la popolazione, in particolare gli sfollati della guerra degli anni Novanta ritornati in RS.
La comunità internazionale e l’opinione pubblica seguono attentamente l’evolvere della situazione, chiedendosi se le istituzioni statali siano capaci di reagire in modo adeguato.
Con un provvedimento provvisorio adottato lo scorso 7 marzo, la Corte costituzionale della BiH ha sospeso l’attuazione delle leggi approvate dall’Assemblea popolare della RS che prevedono, tra l’altro, il divieto di attività di alcuni organismi statali nel territorio dell’entità serba. Nello specifico, si vieta il lavoro del tribunale, della procura, delle forze di sicurezza (SIPA) e del Consiglio superiore della magistratura (VSTV) della BiH.
In attesa di una decisione definitiva sulla costituzionalità delle controverse leggi, i giudici costituzionali le hanno sospese per preservare l’ordine costituzionale della BiH. Con questa misura temporanea hanno anche confermato la fondatezza giuridica dell’azione penale contro i responsabili dell’adozione di suddette leggi.
L’offensiva contro le istituzioni statali
Le leggi della Republika Srpska, giudicate incostituzionali, si basano sulle decisioni adottate dall’Assemblea popolare della RS subito dopo la pronuncia della sentenza di primo grado a carico di Milorad Dodik. Lo scorso 26 febbraio, il tribunale della Bosnia Erzegovina ha condannato il presidente della RS ad un anno di carcere – vietandogli anche di ricoprire qualsiasi carica pubblica, compresa quella di presidente dell’Unione dei socialdemocratici indipendenti – per non aver attuato le decisioni dell’Alto rappresentante in BiH.
Anziché in aula, Dodik ha atteso il verdetto insieme ai suoi collaboratori e sostenitori a Banja Luka dove, durante un comizio, insoddisfatto della decisione del tribunale, ha annunciato il rovesciamento dell’ordine costituzionale e giuridico della Bosnia Erzegovina.
“Quello che hanno fatto a Sarajevo è un grosso errore. D’ora in poi non ci sarà più quella Bosnia Erzegovina che immaginavano”, ha affermato Dodik rivolgendosi ai presenti.
I suoi più stretti collaboratori hanno reagito in modo altrettanto radicale e pericoloso. Il giorno stesso in cui è stato pronunciato il verdetto, l’Assemblea popolare della RS, seguendo le indicazioni di Dodik, ha adottato una serie di decisioni scandalose, respingendo la sentenza e contestando non solo la legittimità del procedimento penale contro il leader della RS, ma anche le misure introdotte dall’Alto rappresentante Christian Schmidt. L’Assemblea ha invitato il governo dell’entità serba a predisporre leggi per vietare il lavoro di organismi giudiziari e forze di sicurezza statali nel territorio della Republika Srpska.
Le azioni anticostituzionali sono proseguite con una serie di colloqui con i funzionari serbo-bosniaci che ricoprono cariche dirigenziali nelle istituzioni statali della BiH. A suscitare particolare sconcerto è stata una riunione del comitato allargato del ministero dell’Interno della RS, tenutasi lo scorso 2 marzo. Oltre a Dodik, all’incontro ha partecipato anche il capo della SIPA Darko Ćulum.
La scorsa settimana, interpellato dai giornalisti sulle modalità con cui intendeva impedire alle istituzioni statali di lavorare sul territorio della RS, Dodik ha affermato che il divieto è già stato imposto.
“Sappiamo dov’è il confine tra le due entità. Se dovessero oltrepassare questo confine, li riporteremmo nella Federazione, se dovessero opporre resistenza, li espelleremmo con la forza”, ha affermato Dodik, annunciando la chiusura degli uffici delle istituzioni statali in RS.
Le sfide di sicurezza e il vuoto legislativo
Per quanto riguarda la sicurezza, a destare maggiore preoccupazione è la legge sul divieto di attività delle forze di sicurezza statali (SIPA) nel territorio della Republika Srpska. Questa legge pone in rotta di collisione due forze dell’ordine: la polizia della RS e le unità operative della SIPA.
Nonostante l’intervento della Corte costituzionale – che con la sospensione della legge sul divieto della SIPA ha in parte attenuato le preoccupazioni politiche e di sicurezza in un’atmosfera ormai infuocata – molte sono le incertezze che ancora permangono.
A sconvolgere i cittadini della BiH è stata la notizia che venerdì mattina il personale della SIPA ha lasciato l’ufficio di Banja Luka, anche se non è ancora chiaro in quali circostanze si sia svolto il ritiro e chi lo abbia ordinato. Nel frattempo, i media hanno riportato che lunedì 10 marzo tutti i dipendenti dell’ufficio SIPA a Banja Luka sono tornati regolarmente al lavoro.
Le istituzioni non hanno fornito informazioni concrete sulla vicenda, né tanto meno hanno annunciato alcun piano d’azione. Intanto, l’opinione pubblica e i media continuano a speculare, contribuendo così ad acuire la crisi e il clima di incertezza.
Gli analisti ipotizzano che il ritiro dei dipendenti della SIPA sia conseguenza dei tentativi di Dodik di creare l’illusione di poter far funzionare le leggi appena approvate.
Il sostegno a Dodik e le ingerenze inappropriate
Il presidente della Serbia Aleksandar Vučić ha espresso il suo sostegno a Dodik, recandosi urgentemente a Banja Luka il giorno della pronuncia del verdetto. Per Vučić il problema non sono le decisioni dell’Assemblea popolare della RS, che minano l’ordinamento costituzionale e giuridico della Bosnia Erzegovina, ma la sentenza del tribunale della BiH che vieta a Dodik di svolgere l’attività politica.
Alla vigilia dell’approvazione delle leggi anticostituzionali, a Banja Luka è arrivato anche il patriarca della Chiesa ortodossa serba (SPC) Porfirije. Incontrando Dodik e alcuni esponenti del governo della RS, Porfirije ha dato la sua benedizione alle azioni della leadership dell’entità serba.
Gli incontri con Vučić e con il patriarca hanno incoraggiato Dodik a portare avanti la sua retorica e le sue azioni contro la BiH in maniera ancora più aggressiva.
Vučić e il suo governo evitano di affrontare i problemi interni a causa delle proteste di massa in corso in Serbia. Allo stesso tempo, continuano a intromettersi nella politica della BiH, acuendo così la crisi creata da Dodik.
I due leader agiscono in modo sincronizzato, con l’aiuto dei media allineati su entrambe le sponde della Drina, per promuovere una narrativa secondo cui la Republika Srpska e la Serbia sarebbero sotto attacco da parte di nemici esterni.
Dopo la pronuncia del verdetto, Dodik ha ricevuto sostegno esplicito anche da una delegazione montenegrina recatasi a Banja Luka, guidata da Andrija Mandić, presidente del parlamento di Podgorica. Nel bel mezzo della crisi politica e istituzionale in BiH, anche l’Ungheria di Orbán ha appoggiato il leader della Republika Srpska.
Lo scorso 3 marzo Levente Magyar, viceministro degli Esteri e del Commercio ungherese, ha incontrato Dodik a Banja Luka, affermando che il presidente della Srpska è vittima di “una gogna politica”. Le dichiarazioni di Magyar hanno provocato uno scandalo diplomatico.
Il funzionario ungherese sarebbe dovuto arrivare in BiH con un aereo delle forze armate ungheresi. Tuttavia, il ministero della Difesa della Bosnia Erzegovina ha vietato l’ingresso del velivolo nello spazio aereo bosniaco-erzegovese.
Željko Komšić, membro della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, ha fatto sapere all’ambasciatore ungherese a Sarajevo che nel prossimo periodo la BiH non consentirà l’ingresso delle forze militari e di polizia ungheresi sul proprio territorio. Komšić ha anche annunciato di voler chiedere l’esclusione del contingente ungherese dalla missione EUFOR Althea.
In precedenza alcuni media hanno riportato la notizia secondo cui, alla vigilia della lettura della sentenza a carico di Dodik, le forze speciali ungheresi sarebbero entrate in BiH per condurre esercitazioni congiunte con la polizia della RS. Notizia che ha ulteriormente allarmato l’opinione pubblica.
Il sostegno che la Russia esprime a Dodik e alle sue azioni nei forum multilaterali dell’Onu e dell’OSCE non sorprende affatto. Anche la sezione locale del motoclub russo “Lupi della notte” ha annunciato il suo pieno e incondizionato sostegno alla leadership di Banja Luka.
L’opposizione della Republika Srpska, seppur non all’unisono, ha duramente criticato la maggioranza guidata da Dodik per le leggi di cui sopra. Per gli esponenti dell’opposizione si tratta di un avventurismo spericolato destinato a fallire, e quindi potrebbe rivelarsi fatale per il governo guidato dall'SNSD. L’opposizione ha rifiutato di dare legittimità alle ultime decisioni del governo, vedendovi una violazione degli Accordi di Dayton che garantiscono l’esistenza della Republika Srpska.
Le azioni dell’attuale leadership dell’entità serba sono state fermamente criticate anche dagli ex militari dell’esercito della Republika Srpska, riuniti nell’associazione “Veterani della guerra patriottica e di difesa della RS”.
Dodik non teme ulteriori azioni e procedimenti penali che potrebbero essere avviati dagli organismi giudiziari della Bosnia Erzegovina, organismi che il presidente della RS cerca di svuotare di qualsiasi significato.
Dopo la sospensione temporanea decisa dalla Corte costituzionale della BiH, Dodik ha annunciato che la Republika Srpska attuerà la propria legislazione indipendentemente dalla decisione della Corte, appellandosi ad una legge, precedentemente adottata dall’Assemblea popolare della RS, sulla non applicabilità delle decisioni della Corte costituzionale sul territorio dell’entità serba.
Dodik afferma di voler difendere e ritornare agli Accordi di Dayton “originali” che, secondo il leader della Srpska e i suoi sostenitori, non prevede determinate istituzioni, che quindi sarebbero incostituzionali e ostacolerebbero la normalizzazione della situazione. Per Dodik, negli Accordi “originali” non esiste nemmeno il distretto di Brčko, una delle questioni cruciali per la realizzazione delle sue aspirazioni secessioniste.
I giuristi però sottolineano che queste istituzioni sono state create in conformità con la Costituzione e attraverso un accordo tra le due entità negli organismi legislativi dello stato, e quindi non è possibile abolirle unilateralmente.
Come uscire dalla crisi?
Ora le istituzioni statali, in particolare la magistratura, sono messe alla prova perché ci si aspetta che facciano tutto il possibile per fermare Dodik e sanzionare i responsabili di attività contrarie alla Costituzione della BiH e agli Accordi di Dayton.
Ad oggi la comunità internazionale e l’Ufficio dell’Alto rappresentante non hanno intrapreso alcuna azione concreta, limitandosi a condannare l’adozione di leggi anticostituzionali e i tentativi di minare l'ordine costituzionale della Bosnia Erzegovina.
Tradizionalmente tollerante nei confronti delle azioni di Dodik, la comunità internazionale sembra intenzionata a lasciare che gli organismi giudiziari della BiH si occupino degli ultimi, e i più radicali attacchi di Dodik contro gli Accordi di Dayton e la Costituzione della BiH.
Lo stato bosniaco-erzegovese ha ricevuto un forte sostegno dagli Stati Uniti, dall'Unione europea, dai singoli Stati membri e dalla NATO. Il Parlamento europeo ha annunciato un dibattito sull’attuale situazione in BiH per mercoledì 12 marzo.
Intanto, la procura della BiH ha fatto sapere che da dicembre conduce indagini per violazioni dell’ordine costituzionale della Bosnia Erzegovina. La scorsa settimana la procura ha convocato Milorad Dodik, in qualità di presidente dell'entità serba, Radovan Višković, primo ministro della RS, e Nenad Stevandić, presidente dell'Assemblea popolare della RS, per un interrogatorio, sospettandoli di aver sovvertito l'ordine costituzionale. Ad oggi i sospettati non hanno risposto alla convocazione. Se Dodik decidesse di non presentarsi anche dopo una seconda convocazione, nei suoi confronti potrebbe essere spiccato un mandato di arresto.
L’ipocrisia politica
Nel frattempo, martedì 4 marzo, quindi dopo la sentenza di primo grado contro Dodik, si è tenuta una seduta del Consiglio dei ministri della BiH per discutere il bilancio statale, che ora dovrebbe essere approvato dal parlamento della BiH. Alla riunione hanno partecipato anche i ministri dell’SNSD di Dodik, appoggiando il bilancio e dimostrando così un’ipocrisia inedita nei confronti delle istituzioni statali.
Alcuni analisti sostengono che Dodik abbia orchestrato l’attacco alle istituzioni statali che rappresentano una minaccia per lui personalmente, mobilitando i media allineati e i suoi sostenitori per far credere all’opinione pubblica di voler difendere la Republika Srpska e il popolo serbo.
All'ombra della crisi costituzionale, è passato quasi inosservato il fatto che l’Assemblea popolare della RS ha approvato anche la Legge sul registro speciale e la trasparenza del lavoro delle organizzazioni della società civile, nota anche come "Legge sugli agenti stranieri". Il governo è entrato così in aperto scontro con la società civile e con i media indipendenti fondati da organizzazioni non governative, già accusati di essere agenti stranieri e nemici della Republika Srpska. Venerdì scorso la Corte costituzionale della BiH ha bloccato anche questa legge.
Con il provvedimento provvisorio adottato dalla Corte, sono state sospese anche le modifiche del Codice penale della RS, che prevedono di perseguire penalmente tutti i funzionari della RS che non rispettino le decisioni delle istituzioni dell'entità serba, ossia le richieste di Dodik di uscire dalle istituzioni statali.
L’opinione pubblica segue con apprensione l’evolvere della situazione.