Incendio boschivo © Christian Roberts-Olsen/Shutterstock

Incendio boschivo © Christian Roberts-Olsen/Shutterstock

Con la crisi climatica, la minaccia dei roghi boschivi si aggrava di anno in anno. E dal Mediterraneo, hotspot a livello globale, si spinge a latitudini inaspettate, obbligando la società a un ripensamento profondo del suo rapporto con il territorio

24/02/2025 -  Marco Ranocchiari

Nel pomeriggio del 17 giugno 2017 in Portogallo scoppiarono numerosi incendi. Uno di questi, nei pressi di Pedrogáõ Grande, divampò per quasi una settimana, al ritmo folle di oltre 20 mila ettari di boschi di pino ed eucalipto divorati al giorno. Morirono 66 persone, 250 rimasero ferite e oltre il doppio persero la casa. Fu uno dei roghi boschivi più violenti avvenuti in Europa nell’ultimo secolo, ma non un caso isolato. Gli incendi dal comportamento estremo - totalmente fuori scala rispetto alle serie storiche delle regioni che colpiscono e praticamente imprevedibili e incontenibili - si fanno infatti sempre più intensi e frequenti. In Europa le regioni mediterranee si confermano tra le più vulnerabili a livello globale, mentre altre zone molto più a nord nel continente, con la crisi climatica che avanza, si scoprono esposte ai rischi del fuoco. 

Impatti crescenti

Che, in un mondo che si scalda, il rischio incendi sia in crescita appare quasi intuitivo. Lo sono meno le proporzioni del fenomeno: secondo un recente studio uscito su Nature Ecology , la frequenza degli incendi più grandi e virulenti è più che raddoppiata negli ultimi 20 anni, a un ritmo continua ad accelerare: 6 dei sette più gravi si sono concentrati negli ultimi 7 anni.

Gli impatti sono devastanti tanto per la società che per gli ecosistemi. Si stima che il pulviscolo generato dagli incendi indonesiani del 2015, per esempio, abbia contribuito alla morte di oltre 100mila persone . I roghi australiani del 2019, invece, avrebbero ucciso quasi 3 miliardi di vertebrati cancellando quasi interamente l’areale di oltre 100 specie. Distruggendo i principali serbatoi di stoccaggio della CO2, le foreste, gli incendi estremi aggravano inoltre il cambiamento climatico. 

Il problema è globale, ma non uniforme. Mentre le umide regioni tropicali non vedono incrementi significativi, il fenomeno è cresciuto drammaticamente in diverse aree tra cui l’Australia, e la larghissima fascia che attraversa le foreste boreali di conifere,  dalla Siberia al Nordamerica (emblematico il caso degli incendi canadesi del giugno 2023, che  tinsero di rosso per  giorni il cielo di New York). 

Tra i biomi maggiormente colpiti spiccano le foreste temperato-calde e la macchia mediterranea. Non a caso è in Grecia che nel luglio 2018 si è osservata la seconda serie di incendi boschivi più letale del 21° secolo (104 vittime in 3 giorni) seconda solo ai “Black Saturday Bushfires” australiani che nel 2009 uccisero 173 persone. In Europa, negli ultimi 50 anni, i territori che hanno visto condizioni meteorologiche favorevoli agli incendi (rappresentati da indici come il FWI, Fire Weather Index) sono più che raddoppiati .

Grandi, piccoli, letali, catastrofici: gli incendi non sono tutti uguali 

Delle molte centinaia di migliaia di incendi che si verificano ogni anno sulla Terra, la maggior parte è di piccole dimensioni, si estingue spontaneamente o viene rapidamente domata. Il fuoco, inoltre, può apportare benefici ecologici e, in alcuni casi, viene appiccato in modo pianificato. 

Un dato significativo quanto controintuitivo è che, globalmente,  il numero degli incendi non appare in aumento, anzi - sia per cambiamenti economici e sociali che  grazie ai progressi nelle tecniche di controllo -  sarebbe addirittura in diminuzione. Un apparente paradosso che può portare a sottostimare o addirittura nascondere il rischio di incendi grandi e fuori controllo, che è invece in forte aumento. 

Per fare ordine bisogna considerare che il termine “incendio”  comprende fenomeni estremamente diversi, a partire dalle dimensioni, che possono variare da poche manciate di metri quadri a  centinaia di migliaia di ettari. Possono bruciare tutti i livelli del bosco, dal suolo alla chioma (generalized blaze), ed è il caso più grave, ma a volte le fiamme interessano solo il sottobosco, o persino solo il suolo. Concentrarsi su danni, vittime e anche sui traumi arrecati alle persone colpite è fondamentale, ma limitarsi a questo rischierebbe di confondere la gravità intrinseca dell'evento con possibili negligenze e altri aspetti sociali della gestione.  

A volte gli addetti ai lavori usano termini specifici (conflagrations, blow-up, megafire) per gli incendi dal comportamento particolarmente violento o che cambiano le loro caratteristiche in maniera improvvisa, mettendo ulteriormente in difficoltà vigili del fuoco e protezione civile.

Incendi estremi: non è solo questione di dimensioni

Per inquadrare il fenomeno nel modo più oggettivo possibile gli studiosi hanno coniato un altro termine specifico: Extreme wildfire event (EWE). Estremi sono gli incendi tecnicamente impossibili da contenere, almeno nelle fasi più acute, e tanto rapidi e aggressivi che prevederne accuratamente l’evoluzione è praticamente impossibile, anche con le migliori tecnologie.

A rendere estremo un incendio non sono necessariamente le dimensioni: se un rogo di 10 mila ettari avviene nelle immensità del bush australiano o nei boschi di un paese europeo gli effetti sono ben diversi. Oggi si tende perciò a ragionare in modo relativo, facendo il raffronto con i dati storici di ogni regione e identificare quelli “fuori scala”. 

Un EWE, però, è “estremo” soprattutto per il suo comportamento. Per valutare tempestivamente se è questo lo scenario che i soccorritori si trovano davanti, si tende oggi a concentrarsi su caratteristiche facilmente rilevabili, come l’intensità  (quantità di calore rilasciata  alla fronte del fuoco, la cui soglia può essere fissata a 10 mila watt/metro) l’altezza delle fiamme (superiori ai 10 metri) e una velocità di propagazione che supera i 100 metri al minuto. Un ruolo importante lo ha anche la presenza o meno della capacità di un fuoco di “riprodursi” spinto da vento e calore (spotting), che in un EWE può avvenire a svariati chilometri di distanza. 

Incendi e atmosfera

Quasi sempre alla base del comportamento estremo c’è l’interazione con l’atmosfera, ovvero la piroconvezione.  Il calore fa risalire fumo, aria calda ed enormi quantità di vapore che poi, raggiunta una certa quota,  condensano, formando nubi  (pirocumuli e pirocumulonembi), in grado di scatenare temporali e forti venti, mentre gli aerosol possono spingersi fino ai limiti della stratosfera, come alcune eruzioni vulcaniche, e diffondersi a scala globale.  

Questi fenomeni non solo possono potenziare ulteriormente gli incendi ma li rendono così imprevedibili - data la natura caotica dell’atmosfera - che a oggi neanche un supercomputer, in ore di lavoro, riesce a elaborare simulazioni che vadano oltre una manciata di minuti. 

Con il cambiamento climatico, che aumenta umidità e instabilità dell’atmosfera, la piroconvezione diventa più frequente.  La crisi climatica influisce però anche su altri aspetti: in primis, le frequenti siccità prolungano la stagione secca (o fire season) in cui la vegetazione è particolarmente infiammabile. Anche nelle altre stagioni, però, le piante possono entrare in uno stato di stress che le rende più vulnerabili.

Una nuova geografia degli incendi 

Negli ultimi 30 anni, quasi l’80% della superficie europea coinvolta negli incendi si trovava nei paesi mediterranei. Il fuoco, però, si spinge sempre più a nord: nel 2018 e nel 2022 le foreste temperate e boreali hanno rappresentato quasi la metà  dei territori colpiti.

Gli studiosi di Fire-Res hanno stilato un database degli incendi estremi avvenuti in Europa tra il 2000 e il 2022,  identificati dagli studiosi di Fire-Res sulla base dei dati EFFIS (European Forest Fire Information System).  I fuochi estremi per dimensioni (oltre i 7400 ettari, soglia al di sotto della quale ricade il 99,9% dei roghi del continente) sono stati 109: 44 nel solo Portogallo, 35 in Spagna, 18 in Grecia,  6 in Italia.
Nell’Europa centro-settentrionale gli incendi non raggiungono quasi mai dimensioni paragonabili a quelle dei paesi mediterranei, ma gli episodi fuori scala per comportamento e dimensioni aumentano rapidamente. Durante l’eccezionale ondata di calore del 2018, per esempio, una serie di incendi eccezionali costrinse la Svezia fu costretta a chiedere aiuto alla comunità internazionale.

Le incognite del clima

Le aree europee esposte a condizioni meteo favorevoli agli incendi sono già raddoppiate negli ultimi 50 anni, passando dal 20% nel 1971 al 40%  nel 2021. Per guardare al futuro, gli studiosi di Fire-Res hanno provato a valutare l’evoluzione degli stessi parametri in  funzione dei diversi scenari di aggravamento della crisi climatica ipotizzati dall’Ipcc (Pannello intergovernativo sui cambiamenti climatici).

Anche nell'ipotesi più ottimista, con basse emissioni e meno di 2 gradi di surriscaldamento, nei prossimi 15 anni parametri come il FWI (Fire weather index) aumentano ulteriormente nell’Europa centro-meridionale, soprattutto nella penisola iberica e nei paesi balcanici. Negli scenari più pessimisti il “tempo da incendi” si espande su quasi tutto il continente, con l’eccezione della Scandinavia, e l’aumento maggiore si sposta a nord e a est, con un picco nelle aree interne e orientali della Penisola balcanica (in particolare Bulgaria, Serbia, Macedonia del Nord, Romania).

Qualunque sia lo scenario che si verificherà, è ormai evidente che il confine tra i territori in cui gli incendi grandi ed estremi sono già una minaccia conclamata e quelli in cui non lo sono ancora è sempre più sfumato. In un pianeta che cambia rapidamente, procedere con gli strumenti del passato - limitarsi a cercare di spegnere il fuoco a ogni costo -  non basta più. Serve un cambio di paradigma più profondo, che inizia dal ripensare a fondo il nostro rapporto con il territorio.

 

Fire-Res è un progetto europeo Horizon2020 che lavora per costruire un’Europa più resiliente di fronte alla crescente minaccia degli incendi estremi. Se vuoi rimanere aggiornato su questi fenomeni, scoprire strategie di prevenzione e buone pratiche, iscriviti alla nostra newsletter

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto FIRE-RES cofinanziato dall’Unione europea. L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina FIRE-RES


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