
Proteste in Serbia - © Dario Valjan/Shutterstock
Dopo decenni di speranze irrealizzate e mesi di proteste contro il presidente Vučić, in tanti in Serbia non vedono più l'UE come un interlocutore sincero e davvero interessato al futuro democratico e ai diritti umani nel paese. Un commento amaro della nostra corrispondente
Lo striscione con la scritta “A voi Vučić e la stabilocrazia, lasciateci il litio e la democrazia” illustra al meglio i sentimenti della maggior parte dei cittadini serbi verso l’Unione europea, compreso l’atteggiamento di quest’ultima nei confronti delle proteste in corso in Serbia. Una scritta che riassume quello che oggi penso dell’(in)azione dell’UE.
Ormai non mi sorprende la politica dei doppi standard – o forse sarebbe meglio definirla ipocrisia – dell’Unione europea. Anche il fatto che Ursula von der Leyen e i suoi simili diano pacche sulle spalle al presidente serbo, definendolo garante della stabilità e della pace, non è certo una novità. Tante volte abbiamo ingoiato bocconi amari appoggiando il percorso europeo della Serbia. Non avevamo altra scelta. L’UE, così com’è, è l’opzione migliore che abbiamo in questa parte del mondo.
Forse è colpa di noi, cittadini serbi. Guardiamo a Bruxelles e alle capitali dei paesi membri che sottolineano in continuazione l’importanza dello stato di diritto, della tutela dei diritti umani, delle istituzioni efficaci, della lotta alla corruzione, non solo per i paesi candidati, ma anche per gli stati membri dell’Unione.
Allora pensiamo, ingenuamente, che l’UE e le sue istituzioni debbano reagire alla palese violazione del diritto dei cittadini serbi di partecipare a elezioni eque e libere. Non ci aspettiamo però che l’UE si accorga da sola delle violazioni, quindi forniamo numerose prove concrete per dimostrare che le elezioni in Serbia sono tutt’altro che eque e libere, uno scherno alla democrazia.
E cosa otteniamo? Di solito niente, perché le frasi fatte – che a questo punto ci preoccupano – del tipo “l’UE segue attentamente la situazione, invita tutti gli attori politici al dialogo attraverso le istituzioni, non si intromette negli affari interni dello stato” e così via, sono un bel niente. Nel frattempo, la situazione in Serbia continua a peggiorare.
Forse non abbiamo compreso bene il significato della parola democrazia. Forse è del tutto normale soffocare ogni pensiero critico, esercitare costantemente pressioni sui media e sulle organizzazioni della società civile e arrestare gli attivisti.
Ormai dovremmo esserci abituati ad un contesto in cui l’unico ordine politico auspicabile è quello della stabilocrazia, l’assenza delle istituzioni è considerata perfettamente accettabile e c’è un solo uomo al comando.
Il crollo di una tettoia, che ha provocato sedici morti, viene presentata come conseguenza di una combinazione di circostanze, anziché come frutto della corruzione. Eventi analoghi – sostengono gli esponenti del nostro governo – accadono anche in Italia e in altri paesi, dove però nessuno si ribella né scende in piazza per protestare.
Nessun funzionario europeo reagisce quando in Serbia vengono fermati gli studenti e i cittadini, e la leadership al potere afferma che la nostra polizia è meravigliosa e che in Francia i manifestanti verrebbero brutalmente picchiati.
Nessuno interviene nemmeno quando centinaia di migliaia di cittadini vengono attaccati con un’arma sonica mentre pacificamente rendono omaggio alle vittime di Novi Sad, e secondo il nostro presidente, tutte le polizie in Europa dispongono di simili armi e le utilizzano contro i manifestanti, ma la nostra meravigliosa e tollerante polizia non le ha usate. È come se migliaia di cittadini che raccontano di aver sperimentato quell’onda sonica non sapessero cose fosse successo. E l’UE continua a tacere.
Forse siamo stati davvero ingenui aspettandoci che la commissaria per l’allargamento UE Marta Kos si rivolgesse al pubblico dopo un incontro con Vučić. Vabbè, forse non riuscivamo a capire il motivo per cui la commissaria ha voluto incontrare il presidente serbo dopo quanto accaduto alla grande manifestazione a Belgrado, però eravamo sicuri che gli avrebbe detto quello che pensavamo anche noi, perché Marta Kos rappresenta l’Europa democratica e tutto quello che abbiamo sempre chiesto è il rispetto dei principi democratici.
Marta Kos però ha scritto su X di aver avuto un incontro costruttivo con il presidente Vučić. Non è questo il luogo, e non vorrei sembrare sgarbata, anche se mi risulta difficile resistere alla tentazione di dire esattamente cosa penso (come molti in Serbia) di quest’affermazione della commissaria europea.
Dopo cinque mesi di proteste estenuanti che non accennano a placarsi e dopo tredici anni di un regime di terrore, non so davvero cosa sia più difficile da sopportare mentalmente: il post della commissaria Kos su “un dialogo costruttivo” oppure il suo tentativo di giustificarsi affermando di aver avuto a disposizione un numero limitato di caratteri, chiedendo polemicamente chi avrebbe dovuto incontrare se non Vučić?
Anch’io, come molti cittadini serbi, ho scritto alla signora Kos, però, come c’era da aspettarsi, non ho ricevuto alcuna risposta. Se non siete capaci di capire o se la risposta a questa domanda non vi è ovvia, vi prego, cari burocrati europei, almeno non insultate la nostra intelligenza.
Infine, non vogliamo che in Serbia venga estratto il litio. Dovrebbe ormai essere chiaro. Forse stiamo davvero perdendo un’occasione storica per una straordinaria crescita economica grazie ad una miniera di litio, ma lasciateci decidere da soli.
Non accettiamo gli accordi tra Bruxelles e Belgrado del tipo "tu ci dai il litio, noi ti lasciamo governare”. Non siamo pedine nelle vostre mani. Rifiutiamo di essere una cavia dell’Europa. Andate ad estrarre il litio in Germania e ovunque si trovi (e si trova) nei vostri paesi. Lasciateci vivere nella nostra stupidità senza litio.
Cari signori, le vostre dichiarazioni ambigue non ci bastano più. Non è sufficiente che ammoniate la Serbia nei vostri rapporti sullo stato di avanzamento verso l’UE, caratterizzati da un linguaggio burocratico. Rapporti che dovrebbero lasciare intendere che, anche se avete qualche critica da rivolgere al regime, siete comunque disposti a fissare nuove scadenze per permettere alle autorità serbe di rimediare agli errori, perché finora hanno fatto talmente tanti progressi da trasformare la Serbia in un modello di democrazia che viene studiato nei paesi UE.
Abbiamo compreso il messaggio: della Serbia e dei suoi cittadini non ve ne importa nulla e lo stato di salute della nostra società è la vostra ultima preoccupazione. Avete di certo cose più intelligenti da fare. Ad esempio, porre fine in modo decisivo ed efficace alla guerra in Ucraina. Oppure resistere all’assalto dell’estrema destra. O ancora, rispondere prontamente alle mosse di Trump verso l’Europa e il resto del mondo. In fin dei conti, combattete così efficacemente la corruzione tra le proprie fila che non dovete certo preoccuparvi della palese corruzione in un paese come la Serbia.
Sappiamo bene che l’allargamento è l’ultimo dei vostri pensieri e che noi, cittadini serbi e filoeuropei, non vedremo mai quell’allargamento. Forse siamo sottosviluppati, forse anche scarsamente alfabetizzati dal punto di vista politico, non siamo però stupidi.
Un giorno, e quel giorno si avvicina sempre di più, i vostri messaggi non ci turberanno più, e quando forse vi sembrerà il momento di allargare l’UE ai Balcani occidentali, in Serbia, stanca delle vostre promesse vuote, non ci sarà più nessuno pronto a votare per l’adesione a quell’Unione.
Grazie tante del vostro aiuto, ci batteremo anche da soli, accada quel che accada. Gli studenti andranno da soli a Strasburgo in bici per risvegliare la bella addormentata Europa. Lì saranno accolti da una trentina di europarlamentari che sostengono le richieste degli studenti e dei cittadini serbi.
Forse ci sarà anche la signora Kos. Forse anche altri. Forse si sveglieranno dal torpore e capiranno la realtà della Serbia. Forse si renderanno conto che non mancano interlocutori con cui discutere di quelli che dovrebbero essere i valori comuni europei e le libertà fondamentali.
Altrimenti, a voi Vučić e la stabilocrazia, lasciateci il litio e la democrazia.
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