Corsia di ospedale - © PeopleImages.com - Yuri A/Shutterstock

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La recente tragedia dell’incendio nella discoteca di Kočani in Macedonia del nord ha lanciato un’onda di solidarietà: tra i primi a rispondere la vicina Grecia, che conosce bene le dinamiche di disastri causati da corruzione e mancanza di responsabilità politica

26/03/2025 -  Mary Drosopoulos Salonicco

Nelle prime ore del 16 marzo 2025, l'operatore giovanile e blogger Stojan Rashkov usa il suo account Facebook per dichiararsi "al sicuro dall'incendio di Kočani". È un semplice aggiornamento, ma porta con sé il peso del sollievo, del senso di colpa e dell'incredulità.

Mentre l'alba sorge sulla piccola città in Macedonia del Nord, i social media si riempiono di post frenetici. Genitori, fratelli e amici taggano disperatamente i propri cari, sperando in risposte. Con il passare delle ore, tuttavia, la natura degli aggiornamenti inizia a cambiare.

Uno dopo l'altro, iniziano ad apparire gli omaggi. L'amico d'infanzia di Stojan. La ragazza che sedeva dietro di lui a scuola. Un promettente giovane musicista. Ogni nuovo post è un silenzioso addio.

L'incendio al Pulse, una discoteca piena di giovani che si godevano il weekend, ha causato 59 morti e oltre 150 feriti. È una delle peggiori tragedie nella regione da anni e la città di Kočani sta annegando nel dolore. Eppure, oltre allo shock, qualcos'altro sta accadendo: i soccorsi sono già in arrivo.

L'Unione europea interviene attivando il suo meccanismo  di  protezione civile . Inizia un'evacuazione aerea coordinata, assicurando che le persone gravemente ustionate ricevano cure urgenti.

Dall'altra parte del confine, la Grecia è tra i primi a rispondere. Senza esitazione, i team medici greci si coordinano con le autorità della Macedonia del Nord, preparandosi a trasferire i feriti più gravi alle unità specializzate per ustionati di Salonicco e Atene.

Le ambulanze si muovono rapidamente, gli elicotteri sono pronti. Il ministro della Salute greco Adonis Georgiadis rilascia una dichiarazione su X riaffermando la piena prontezza operativa del paese per il trasferimento e l'assistenza medica delle vittime di ustioni, in coordinamento con le autorità greche ed europee.

Le onde d'urto dell'incendio di Kočani trovano rapidamente terreno fertile in Grecia, dove la memoria collettiva porta ancora due profonde cicatrici: l'incendio boschivo del 2018 a Mati, che ha causato 102 vittime in un incubo di negligenza e mancata risposta, e la tragedia del 2023 vicino a Tempe, il disastro ferroviario più grave in Grecia, causato dallo scontro fra un treno passeggeri che trasportava principalmente studenti e un treno merci, uccidendo 57 persone. In entrambi i casi, un disastro prevenibile causato dalla corruzione e dalla negligenza.

Salonicco: una corsa contro il tempo per i feriti di Kočani

Nei silenziosi corridoi degli ospedali di Salonicco, il tempo sembra allungarsi. I medici si muovono con urgenza ma anche con precisione: ogni secondo conta. La città, nota per la sua cultura vivace e i profondi legami storici con la Macedonia del Nord, è ora diventata un'ancora di salvezza per i feriti più gravi dell'incendio di Kočani.

All'ospedale G. Papanikolaou, sede di una delle unità ustionati più avanzate della Grecia, tre giovani sopravvissuti stanno lottando per la vita in terapia intensiva: due ragazze di 19 anni e un ragazzo di 25.

Le loro ustioni esterne sono gravi, ma ciò che preoccupa di più i medici sono le lesioni interne, i danni causati dall'inalazione di fumo denso e tossico. Due di loro sono già stati sottoposti a intervento chirurgico. Il passo successivo: tracheotomie, un disperato tentativo di aiutarli a respirare.

A pochi chilometri di distanza, al 424 General Military Hospital, due ragazzi di 25 anni sono ancora intubati, le loro condizioni ugualmente critiche. Le sale d'attesa fuori dalla terapia intensiva sono immerse nel silenzio.

I genitori devastati, arrivati dalla Macedonia del Nord non appena le prime ambulanze hanno attraversato il confine, si aggrappano a ogni parola dei medici, ogni piccolo segno di speranza di guarigione.

Solidarietà oltre i confini

In mezzo alla logistica, alla politica e alle dichiarazioni ufficiali, sono i piccoli momenti di umanità a distinguersi.

Domenica, il giorno dopo la tragedia, le strade e le piazze di Salonicco risuonano di solidarietà guidata dai giovani. Sotto lo sguardo vigile della statua di Aristotele, proprio nel cuore della città, si svolge una veglia silenziosa, gli studenti della Macedonia del Nord al fianco dei coetanei greci; i loro palloncini neri ondeggiano come ombre delle vite perse nell'incendio.

Per sessanta minuti, uno per ogni anima reclamata dalle fiamme, l'unico suono è il peso del dolore collettivo. I cartelli parlano dove le parole falliscono: "60 minuti per 60 vittime", un omaggio non solo alle 59 vittime, ma anche all'autista dell'ambulanza che ha lavorato instancabilmente per tutta la notte, trasportando corpi senza vita fino a quando non gli è mancato il respiro.

Questo atto di ricordo, radicato nell'umanità condivisa, trascende i confini, un toccante promemoria che la tragedia non conosce nazionalità, e nemmeno la solidarietà.

In un'altra parte della città, un piccolo gruppo di giovani turisti a Salonicco per il fine settimana si accalca attorno ad un telefono in vivavoce. L'eco metallico della voce della receptionist dell'ospedale taglia il silenzio.

"Nessuna informazione può essere data a persone non appartenenti alla famiglia", è la risposta standard, anche se l'interprete cerca di spiegare: si tratta di amici, compagni di classe, giovani disperati in cerca di un segno di speranza dopo l'incendio. Vengono recitati i nomi, le voci si stringono a ogni "Mi dispiace. Solo la famiglia".

A Kočani, il feed dei social media di Stojan è una cronaca cruda e senza filtri del viaggio di un sopravvissuto, che rispecchia una resa dei conti emotiva collettiva.

Mentre i primi post sono frammenti di dolore, a metà settimana il lutto si è trasformato in azione: link a raccolte fondi, elenchi di forniture necessarie e istruzioni per le donazioni inondano il suo profilo: ogni post è un'ancora di salvezza lanciata ad una comunità che sta annegando. "Aiutate se potete", esorta i suoi amici online, mentre in un altro post ringrazia i suoi amici greci per la loro solidarietà.

Con il passare dei giorni, la sua presenza digitale sembra allinearsi sempre di più con un'ondata collettiva di indignazione pacifica, tracciando i contorni di qualcosa di marcio, il tipo di fallimento sistemico che trasforma gli incidenti in catastrofi. Il messaggio che invia tramite OBCT è chiaro e laconico: "Questa è una generazione che non resterà in silenzio!".

La politologa Klimentina Giorgjoska spiega che è troppo presto per prevedere se questa indignazione nazionale si trasformerà in un'ondata di protesta più organizzata contro la corruzione e le istituzioni democratiche fallite che hanno flagellato il paese sin dalla sua fondazione come stato indipendente.

"In questo momento stiamo vivendo un trauma collettivo. Siamo pieni di rabbia e delusione. Questa situazione potrebbe spingere ancora più giovani verso la migrazione o farli rimanere disimpegnati, come è successo per anni, almeno fino al 2015, quando abbiamo avuto mobilitazioni di massa contro il regime di Gruevski", afferma Giorgjoska.

“Entrambi gli scenari sembrano cupi, quindi personalmente opterei per un terzo scenario, in cui i cittadini, in particolare i giovani, vedono questi tragici eventi come una ragione per essere coinvolti più attivamente nei meccanismi decisionali e dare forma a radicali cambiamenti sistemici”.


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