Vigneti nella Brda, Slovenia © JGA/Shutterstock

Vigneti nella Brda, Slovenia © JGA/Shutterstock

Al tempo dell’Austria - Ungheria il vino del Collio si beveva a Vienna e viaggiava per l’Europa: proprio per questo non doveva rispondere solo al gusto locale. A colloquio con Simonetta Lorigliola, caporedattrice di Seminario Veronelli

06/02/2025 -  Stefano Lusa Capodistria

Luigi Veronelli è stato uno dei massimi fautori della valorizzazione e della diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Proprio lui ha ideato una guida che è punto di riferimento per esperti ed appassionati e che si rinnova di anno in anno.

Per Veronelli - e per coloro che continuano a tramandare il suo messaggio - il vino è racconto: parla del territorio da cui proviene con le sue chiesette medievali; ci narra di campi coltivati con varietà antiche di frutta e verdura; ci dice delle complesse sfaccettature della storia e ci racconta di vignaioli che con tecniche antiche e moderne innovazioni ripropongono “il canto della terra verso il cielo”.

Per dirla con Veronelli ogni bottiglia è unica, così come unico è l’uomo. Simonetta Lorigliola, caporedattrice di Seminario Veronelli , non ha dubbi: il vino “è un grandissimo medium culturale”.

La "Guida Oro I Vini" di Veronelli quest’anno recensisce quasi 15mila vini di tutta Italia. Nel 2026 ci sarà una sezione dedicata alla Brda, la parte slovena del Collio goriziano.

“La miccia che ha acceso la fiamma è stata la Capitale europea della Cultura tra Nova Gorica e Gorizia”, spiega la caporedattrice di Seminario Veronelli.

“Non c’è un territorio che identifichi meglio del Collio il messaggio transfrontaliero”. ”Dal punto di vista geologico il terreno è lo stesso, uguale è anche l’impegno dei vignaioli. Un’area unica, perché è una sola e “perché dà prodotti di eccellenza unica”.

Lo attestano anche i voti che la guida assegna ai vini del Collio, ai quali si aggiungeranno l’anno prossimo anche quelli sloveni di Brda. “Nella guida tutti gli assaggi si fanno alla cieca. Il degustatore conosce il territorio di provenienza, ma non sa cosa sta assaggiando. Sarebbe interessante far provare i vini di quella regione tutti assieme “per capire a che punto sia arrivata l’eccellenza da una parte e dall’altra”, precisa Simonetta Lorigliola.

Tagliato dal confine tracciato dopo la Seconda guerra mondiale tra Italia e Jugoslavia il Collio e Brda cominciano a percorrere due strade diverse. La regione oggi è forse considerata integrata nell’offerta turistica, ma l’idea di far diventare il Collio e Brda nuovamente un unico territorio vitivinicolo transfrontaliero sembra essere ancora lontana.

Intanto c’è chi il vino lo fa anche assieme. È la storia dello spumante transfrontaliero Sinefinis, nato dalla collaborazione tra un’azienda slovena ed una italiana. I campi con le uve sono poco distanti gli uni dagli altri, ma sulle bottiglie non possono mettere né la denominazione Brda né quella di Collio.

Simonetta Lorogliola (foto Lorenzo Monasta)

Simonetta Lorigliola (foto Lorenzo Monasta)

Del resto, da una prospettiva vitivinicola sono due territori distinti e distinte sono anche le denominazioni. Da una parte c’è più storicità nel portare avanti la qualità, dall’altra c’è lo slancio e la voglia di rincorrere nuovi traguardi.

Per Brda il periodo jugoslavo non aveva favorito la produzione di vino d’eccellenza, all’epoca si privilegiava la quantità e il lavoro portato avanti dalle cooperative non stimolava l’innovazione. L’obiettivo era fare un vino “del popolo”, ma oggi non è più così.

Negli ultimi decenni, racconta Simonetta Lorigliola, “i produttori sloveni hanno messo il turbo”. Sono stati fatti grandi investimenti, si sono costruire cantine all’avanguardia e intere famiglie hanno deciso di dedicare la loro vita al vino, mettendoci amore e passione.

Nella Brda in questi decenni è emerso “l’amore viscerale che gli sloveni hanno per il loro territorio e l’impegno a valorizzarne ogni più piccolo segmento”. Proprio per questo il consiglio è di provare i vini che vengono da vitigni locali come la ribolla o il “Jacot”, che non sarebbe altro che il vecchio tocai, di cui non si può più usare l’antica denominazione e con un pizzico di provocazione alcuni commercializzano con il nome scritto al contrario.

In tutta la Slovenia non manca una cura per il territorio che a tratti è maniacale ed in tutti questi anni si sta prestando molta attenzione alle produzioni del territorio.

Sono stati valorizzati molti vitigni locali e la sfida è stata quella di “ridurre la resa per far aumentare l’eccellenza”. Si trovano, così, produzioni di eccellenza assoluta e anche prodotti sin troppo standardizzati, ma ci sono anche vini particolari dalle caratteristiche “scontrose”.

Sono molto amati nel paese, come del resto anche i vini piuttosto abboccati, tendenti al dolce, che rispondono ai gusti degli sloveni. Per Lorigliola sono “retaggi della tradizione non necessariamente negativi, ma che portano questi vini ad essere consumati più sul mercato interno che all’estero”.

Non è il caso dei vini del Collio dove storicamente si producevano vini che non erano destinati solo all’autoconsumo. La caporedattrice di Seminario Veronelli precisa che quello era “il vino dell’Impero”.

Al tempo dell’Austria - Ungheria lo bevevano a Vienna e lo facevano viaggiare per l’Europa; proprio per questo non doveva rispondere solo al gusto locale, ma era pensato anche per essere venduto anche altrove. Un’eredità rimasta sia dall’una sia dall’altra parte del confine.

Per Lorigliola, però, di vini buoni in Slovenia ce ne sono parecchi e non tutti vengono da Brda. “In Istria se la cavano molto bene”. “Lì c’è un lavoro sulla malvasia territoriale molto sfaccettato, che dimostra che il territorio ha una grande ricchezza culturale anche dal punto di vista enoico”.

Un unico storico vitigno interpretato da sapienti produttori locali in maniera diversa sta dando la misura della vitalità dei produttori, che non hanno paura di sperimentare, puntando sempre sulla qualità. Adesso non si esclude che in un futuro molto prossimo la guida potrebbe estendersi anche all’Istria e magari andare anche più in là, per raccontare di vini che meritano di essere raccontati.


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