In Serbia la questione ambientale sta diventando un tema sociale e politico sempre più rilevante. Manifestazioni e proteste contro alcune leggi controverse stanno portando nelle piazze di varie città numerosi cittadini e associazioni ambientaliste
A giudicare dai recenti eventi, in Serbia la questione ambientale sta diventando un tema centrale del dibattito politico che si fa sempre più acceso con l’avvicinarsi delle elezioni previste per la prossima primavera.
A scatenare massicce manifestazioni di protesta e altri atti di disobbedienza civile (come il blocco delle principali strade del paese) avvenuti lo scorso fine settimana in diverse città della Serbia è stata la recente approvazione, da parte del parlamento di Belgrado, della nuova legge sul referendum e di alcuni emendamenti alla legge sull’esproprio della proprietà privata.
Le modifiche legislative in questione – che alcuni esperti e attivisti considerano incostituzionali – sono direttamente legate al progetto dell'azienda Rio Tinto di aprire una miniera di litio in Serbia occidentale.
Diverse associazioni ambientaliste, la maggior parte delle forze di opposizione e molti cittadini serbi ritengono infatti che dietro all’introduzione delle nuove disposizioni si celi l’intenzione della leadership al potere di facilitare la realizzazione del progetto della compagnia Rio Tinto, un progetto fortemente contestato da cittadini e attivisti.
Alcune organizzazioni non governative, tra cui “Ekološki ustanak” [Rivolta ecologista], hanno invitato il presidente Aleksandar Vučić a non promulgare le leggi in questione in quanto “scritte male e incostituzionali ”. “Le chiediamo di fare tutto il possibile per evitare che il paese sprofondi in disordini e in una crisi ancora più grave”, si legge in un comunicato stampa diffuso dall’organizzazione “Ekološki ustanak”.
Manifestazioni e disordini violenti
Resta da capire come si muoverà Vučić su questa questione, di certo c’è però che la Serbia sta vivendo un periodo di forte instabilità. Lo scorso sabato in tutte le città in cui sono state organizzate proteste e blocchi stradali l’atmosfera era molto tesa e si sono verificati numerosi scontri a Belgrado, Novi Sad e in particolare a Šabac dove alcuni gruppi di hooligan vicini all’élite al potere si sono scontrati con i manifestanti.
A Šabac i disordini sono iniziati quando Nebojša Stojićević Jarin – che, secondo quanto riportato da alcuni media, è membro del Partito progressista serbo (SNS) – ha cercato di forzare un blocco stradale a bordo di una ruspa , scontrandosi poi fisicamente con Dragan Milovanović, uno dei cittadini radunati sul posto.
Jarin ha avuto la peggio nella rissa che ne è seguita, ad ogni modo la ruspa è stata fermata. A suscitare sconcerto nell’opinione pubblica è stato il fatto che durante la rissa alcuni giovani, armati di spranghe e martelli, si sono schierati dalla parte di Jarin. Si è riusciti però ad evitare uno scontro di più ampie dimensioni e quei giovani si sono presto dileguati a bordo di alcune automobili tutte dello stesso tipo che, sempre secondo quanto riferito da alcuni media, sono di proprietà del comune di Šabac. Dragan Milovanović è stato posto in stato di fermo per 48 ore, dopodiché è stato rilasciato.
Nella città di Šabac regna ancora un clima di tensione. Molti cittadini ed esponenti dell’opposizione sono scesi in strada per protestare contro le violenze verificatesi durante la manifestazione dello scorso sabato, mentre i membri dell’SNS hanno organizzato una contromanifestazione. Resta da vedere come evolverà la situazione e come reagirà l’élite al potere se le proteste dei cittadini dovessero proseguire.
A Belgrado, dove si è svolta la manifestazione più grande, non si sono verificati gravi disordini nonostante l’allerta fosse alta perché lo stesso giorno nella capitale si è tenuto anche un congresso dell’SNS. Si è verificato però un episodio di uso eccessivo della forza quando Aleksandar Krstić, comandante del corpo di polizia locale di una delle municipalità di Belgrado, ha spinto con brutalità una ragazza che protestava fino a bordo strada per poi lanciarla oltre una recinzione.
Il blocco delle principali strade del paese è durato un’ora, come inizialmente previsto, ma Savo Manojlović, rappresentante del movimento “Kreni promeni ” [Dai il via al cambiamento] che, insieme ad altre associazioni, ha organizzato la manifestazione dello scorso sabato, ha annunciato che le proteste proseguiranno.
“Le proteste cesseranno solo nel caso in cui il presidente della Repubblica Aleksandar Vučić decidesse di non firmare la legge incostituzionale sull’esproprio e le modifiche apportate alla legge sul referendum e l’iniziativa popolare”, si legge in un comunicato stampa diffuso dal movimento “Kreni promeni”. Manojlović ha invitato i cittadini a radunarsi il prossimo sabato, 4 dicembre, per bloccare le principali autostrade e strade extraurbane, qualora il presidente dovesse promulgare le leggi di cui sopra.
La reazione del potere
Le proteste ambientaliste non sono viste di buon occhio dalla leadership al potere.
La premier Ana Brnabić ha definito le manifestazioni tenutesi lo scorso fine settimana come fasciste e contrarie alla democrazia, criticando il fatto che alcuni hanno definito violenta la reazione dei cittadini che si sono opposti ai manifestanti che avrebbero “impedito a tutti di muoversi”.
“Che fallacia logica – una protesta contro la violenza nei confronti di chi ha impedito a tutti di muoversi?!? Bloccate il traffico, la gente si ribella, e poi protestate perché la gente si è ribellata? Forse dovremmo lasciare che siate voi a decidere se, quando e in quale direzione ci si può muovere, mentre tutti gli altri devono stare zitti, perché voi siete superuomini, übermensch?”, ha scritto la premier sul suo account Twitter.
Il presidente Vučić ha dichiarato che i manifestanti che lo scorso 27 novembre hanno bloccato le autostrade in Serbia hanno “violato la Costituzione e la libertà di movimento”, aggiungendo però che alle proteste ha partecipato solo “una manciata di persone ”.
La reazione di Vučić suggerisce che la leadership al potere sta ancora valutando come muoversi sulla questione delle controverse leggi. Ed è un atteggiamento del tutto comprensibile perché questa volta il governo non si trova ad affrontare le forze di opposizione – nei cui confronti continua ad applicare una tattica già sperimentata, una combinazione di campagne denigratorie e azioni volte a indebolire l’opposizione – bensì i cittadini e le organizzazioni ambientaliste che hanno avanzato richieste concrete, dimostrandosi anche pronti a intraprendere azioni radicali, come i blocchi stradali, che rappresentano un elemento nuovo rispetto alle proteste organizzate in passato.
Date queste premesse, è chiaro che il governo a breve dovrà prendere decisioni importanti che indubbiamente incideranno sull’andamento della rivolta ambientalista. A Vučić non piace essere costretto a piegarsi, almeno non pubblicamente, agli ultimatum, a prescindere da quale parte provengano – e negli ultimi nove anni, da quando è arrivato al potere, lo ha fatto pochissime volte – ma in questo momento non è uno scenario da escludere.
Secondo Radomir Lazović, rappresentante del movimento “Ne davimo Beograd” [Non affondiamo Belgrado], Vučić non firmerà le controverse leggi perché i cittadini hanno espresso una forte resistenza e un malcontento legittimo.
“Abbiamo già assistito a situazioni in cui questo regime criminale ha fatto marcia indietro [su alcune questioni] alla vigilia delle elezioni, ma senza un cambio di potere non c’è da aspettarsi che avvenga una vera svolta. Tutti quei progetti e leggi dannose non scompariranno dopo le elezioni”, ha dichiarato Lazović.
Il sociologo Jovo Bakić ritiene invece che Vučić cercherà di impedire nuove proteste, dispiegando, oltre agli agenti di polizia, anche la gendarmeria. “Non è da escludere che gli hooligan possano di nuovo presentarsi alle proteste. Staremo a vedere se [Vučić] deciderà di ingaggiarli nuovamente o meno. Ciò che mi rallegra è il fatto che la società civile sia sveglia”, ha affermato Bakić.
Ci attendono quindi giorni movimentati grazie alla questione ambientale che – nonostante in pochi se lo aspettassero – sta diventando un tema sociale e politico sempre più rilevante.
Il supporto della Commissione europea per la produzione di questa pubblicazione non costituisce un endorsement dei contenuti che riflettono solo le opinioni degli autori. La Commissione non può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto delle informazioni in essa contenute. Vai alla pagina del progetto Trapoco
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