Gli abitanti di Gornje Nedeljice, una frazione di Loznica in Serbia occidentale, sono decisi a non accettare che dove abitano sorga la miniera di litio, gestita da Rio Tinto e ben voluta dall'UE. Contro la miniera anche il regista Emir Kusturica. Nostro reportage
“Non scaverete! Non scaverete!”. Gli abitanti di Gornje Nedeljice, una frazione del comune di Loznica nella Serbia occidentale, gridano all’unisono sventolando striscioni e cartelli. Per l’ennesima volta, in questa giornata di fine ottobre hanno deciso di bloccare il traffico di una strada locale per manifestare la loro opposizione al progetto di Rio Tinto.
È infatti tra queste colline coltivate a mais, soia e frumento e attraversate dal fiume Jadar, che dovrebbe sorgere la nuova miniera di litio voluta dal gruppo anglo-australiano, un progetto sostenuto anche dalla Commissione europea, presente quest’estate a Belgrado ad un vertice organizzato dal governo serbo. Nel paese però la maggior parte dei cittadini è contraria e Loznica è la capitale di quelle proteste.
Il ritorno di Rio Tinto
Sono passati vent’anni da quando Rio Tinto ha scoperto quello che assicura essere il più grande giacimento di litio d’Europa, nella valle dello Jadar non lontano da Loznica. La miniera – dice l’impresa – sarebbe in grado di produrre fino a 58mila tonnellate di litio all'anno, abbastanza per alimentare più di un milione di veicoli elettrici, aiutando così l’Europa nella sua transizione energetica.
L’estrazione del litio è però un processo molto inquinante e le manifestazioni contro questo progetto sono state feroci in Serbia. A inizio 2022, proprio a causa delle proteste, Belgrado sembrava aver abbandonato l’idea, ritirando i permessi a Rio Tinto. Ma quest’estate si è ripartiti con il beneplacito dell’Unione europea.
A inizio luglio la Corte costituzionale serba ha definito illegittima la decisione governativa del 2022 e appena una settimana dopo, sono venuti a Belgrado – in occasione di un “Vertice sulle materie prime critiche” annunciato all’ultimo minuto – il commissario europeo Maroš Šefčovič e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che hanno promesso alla Serbia di costruire assieme la filiera del litio.
Secondo il presidente serbo Aleksandar Vučić, il litio di Loznica sarà esportato già a partire dal 2028, perlopiù sotto forma di batterie e componenti prodotti in Serbia, e sarà venduto solo a partner europei, nonostante l'interesse che avrebbero manifestato alcuni partner cinesi.
Serbia contraria
Al vertice e alla firma di un memorandum d’intesa tra Belgrado e Bruxelles sono seguite decine di manifestazioni che hanno scosso la Serbia per tutta l’estate, culminando a metà agosto con un grande raduno nella capitale, dove si sono ritrovati più di 30mila cittadini contrari alla miniera. Gli oppositori al progetto temono tra le altre cose che la miniera inquini le acque del fiume Jadar e quindi quelle della Drina, e che devasti i terreni agricoli in un’area della Serbia oggi ancora intatta. In una giornata di fine ottobre, a Loznica abbiamo incontrato alcuni di questi manifestanti.
Vesna Raos è tornata nella Serbia occidentale una decina di anni fa, dopo aver vissuto a lungo a Roma. Ha comprato una casa che rischia ora di trovarsi tra la miniera e il deposito di scarti. “Cerchiamo di impedire una catastrofe, quale sarebbe una miniera di litio in questa zona”, spiega Vesna durante la manifestazione, “ma è un’ardua impresa, visto com’è il paese in cui viviamo e il modo in cui è governato”. “Con la miniera – aggiunge Vesna Raos – ogni vita normale sarebbe impossibile”.
È dello stesso avviso anche Vladan Jakovljević, un apicultore della zona. “Nel 2018 abbiamo finito di costruire il nostro stabilimento di produzione del miele, un nuovo edificio da 300 metri quadri. Non sapevo nulla dei progetti del governo”, racconta Vladan, “oggi ho 400 arnie su quella collina laggiù, a un paio di chilometri dal luogo in cui dovrebbe sorgere la miniera”. Quest’estate, questo apicultore di 63 anni è stato arrestato durante una delle proteste, assieme ad altri sei militanti della zona. “Un onore”, commenta sorridendo.
Pressioni sugli attivisti
La repressione del dissenso si è in effetti fatta più dura negli ultimi mesi, con decine di attivisti arrestati o messi sotto pressione. Online è spuntato il sito kopacemo.com, letteralmente “scaveremo”, dove sono elencati con tanto di foto, nome e cognome, i “terroristi ecologici”, come vengono chiamati gli oppositori al progetto.
Il presidente Aleksandar Vučić assicura da mesi che la miniera non avrà un impatto negativo sulla natura e che contribuirà a creare 15mila nuovi posti di lavoro nella filiera del litio, ma nelle ultime settimane non ha esitato a dare degli “ignoranti” agli scienziati che si sono opposti pubblicamente alla miniera. Inoltre, per convincere la popolazione locale, a inizio settembre Vučić ha trasferito per qualche giorno il suo ufficio a Loznica. Ma invano.
“Se Vučić avesse davvero voluto parlare con la gente, avrebbe fatto due passi per strada e non si sarebbe limitato agli incontri organizzati, come fa di solito. In ogni caso, si è tenuto ben alla larga da Gornje Nedeljice. Ha portato i rappresentanti di Rio Tinto a 80 km da qui, ma qui non è venuto”, afferma Nebojša Petković, uno degli organizzatori della protesta, anche lui nella lista nera del sito kopacemo.
Nella via in cui si trova la sua casa, Rio Tinto ha già comprato diverse abitazioni. Tutte sono state sventrate, i tetti rimossi e gli edifici circondati da cartelli che avvertono “struttura pericolante” e “divieto di accesso”. “Una strategia per spingerci tutti a vendere, ma noi non cederemo”, assicura Petković.
Opposizione unita
Nebojša Petković e gli altri abitanti di Gornje Nedeljice possono contare su un sostegno trasversale nella società e al parlamento di Belgrado. Dalla sinistra ecologista alla destra ultranazionalista sono in tanti ad opporsi alla miniera per motivi diversi, dalla protezione dell’ambiente alla sovranità delle risorse.
Alla manifestazione a Gornje Nedeljice sfila anche il deputato socialdemocratico Srdjan Milivojević. “Queste non sono proteste contro l’Europa, la Russia o la Cina, queste sono proteste contro una persona che ha fatto un’overdose di potere e che si chiama Aleksandar Vučić”, spiega Milivojević, che aggiunge “sono convinto che ci sono persone anche in Italia che dicono 'quello che non va bene per noi, non va bene neanche per la Serbia', e sono convinto che possiamo lottare assieme [contro questo progetto, nda.], perché io voglio che la Serbia entri nell’Unione europea”.
Nelle ultime settimane, un nuovo alleato si è unito al movimento degli oppositori alla miniera di litio. Il regista Emir Kusturica, diventato negli anni un paladino del nazionalismo serbo, ha detto di essere pronto a “dare la vita” pur di impedire la miniera di Rio Tinto.
In aperta opposizione al presidente Vučić, Kusturica ha detto che “era dal 1941 che la Serbia non viveva un’umiliazione simile”. “Sono pronto a perdere la vita nella lotta contro coloro che vogliono distruggere l'ambiente, cioè coloro che volevano estrarre cobalto, nichel e litio sul territorio della Serbia”, ha promesso il regista.
La sua presa di posizione contro Rio Tino è stata subito festeggiata dagli attivisti. Zlatko Kokanović, uno dei fondatori dell'associazione "Ne damo Jadar”, ha paragonato il coinvolgimento di Kusturica a quello del cantante croato Darko Rundek nel movimento contro la costruzione di una centrale idroelettrica alla sorgente del fiume Una.
“Il sostegno di chiunque provenga dalla vita pubblica significa molto per noi, perché rafforza la nostra lotta, soprattutto se si tratta di qualcuno come Kusturica, che gode grande autorità tra la gente”, ha dichiarato Kokanović al quotidiano serbo Danas , “è bello che personaggi pubblici popolari si occupino di questi argomenti”. Nel caso del fiume Una, l’impegno degli attivisti e di diversi personaggi famosi ha permesso di fermare il cantiere. Nel caso della miniera di litio, Zlatko Kokanović si augura lo stesso esito.
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