
Striscioni del partito AUR a Bucarest - © LCV/Shutterstock
L'universo sovranista romeno ha un peso elettorale sempre più forte. Al suo interno le sfumature e i punti di riferimento sono variegati – da Atatürk a Donald Trump – ma i nemici sono gli stessi, UE e globalizzazione in testa
(Questo articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata spagnola El Confidencial in collaborazione con la testata romena HotNews nell'ambito di PULSE)
Un grande pannello luminoso con il volto del politico di estrema destra romeno Călin Georgescu accoglie i clienti di Buchetino, un negozio di fiori aperto 24 ore su 24 a Bucarest. “L'amore è un'attività notturna”, scherza Stefan Surubariu, il proprietario, noto come Surub. Oltre a scatole di rose rosse, sciarpe di squadre di calcio e orsacchiotti, all'interno del negozio si trovano anche una maglietta con la foto dell'orecchio di Donald Trump colpito da un proiettile durante un comizio e una macchinetta del caffè con l'immagine di Trump con l'indice puntato in avanti.
“Vuoi un caffè Trump, oppure sei una fan di Ursula?”, chiede il proprietario, riferendosi a Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea. Con in testa un cappellino rosso con la scritta “Make America Great Again” (MAGA), il fiorista racconta che quando Călin Georgescu ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali romene – poi annullate – ha invitato dal suo account su TikTok a esporre nei negozi foto di Georgescu.
“Se vai in Turchia, vedi ovunque la faccia di Atatürk, il riformatore della Turchia moderna”. È così che Surub vede Georgescu, come “l'Atatürk della Romania”. Sostiene che Georgescu “ha detto cose che noi romeni non avevamo mai sentito da un politico. Parla di fede, parla di dignità, parla di sovranità, parla di patriottismo”. “La cultura del patriottismo si è persa – così come l'usanza di regalare fiori”, aggiunge.
Surub è uno delle migliaia di romeni che si definiscono “sovranisti”, in contrapposizione a quelli che loro chiamano “globalisti”, cioè i sostenitori dell'Unione europea e delle sue politiche. Sono cittadini nazionalisti, euroscettici e anti-NATO.
L'universo sovranista romeno
Attualmente in Romania ci sono tre partiti populisti di estrema destra che si definiscono tali: l'Alleanza per l'Unione dei Romeni (AUR), S.O.S. e il Partito della Gioventù (POT). Come spiega l'analista romeno Radu Magdin, della società di consulenza Smarlink, la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti “ha incoraggiato più politici del panorama tradizionale ad adottare le etichette di ‘patrioti’ o ‘sovranisti’, tra cui l'ex primo ministro socialdemocratico Victor Ponta”.
Sono passati oltre quattro mesi dal terremoto politico che ha scosso la Romania, quando Georgescu ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali con oltre due milioni di voti – il 22,9 per cento del totale –, ma il secondo turno è stato annullato quasi all'ultimo momento. La Corte costituzionale romena ha imputato la sua decisione al riscontro di falle e interferenze nel processo elettorale, tra attacchi informatici e attività di disinformazione tramite i social network.
In precedenza, a ottobre 2024, era stata invalidata anche la candidatura della controversa eurodeputata di estrema destra Diana Șoșoacă di S.O.S., famosa per essersi presentata al Parlamento europeo con una museruola da cane e un'immagine di Cristo. Il Tribunale costituzionale aveva ritenuto che “con i suoi ripetuti discorsi, Diana Iovanovici-Şoşoacă esorta ad alterare le basi democratiche dello stato e violare l'ordine costituzionale”.
Radu Magdin spiega che, sebbene le retoriche di Șoșoacă e Georgescu coincidano sotto molti aspetti ed entrambi siano stati molto critici nei confronti dell'UE e della NATO, hanno stili e personalità politiche diverse: “Georgescu è più misurato e strategico, mentre Șoșoacă è diretta e provocatoria”.
Le ragioni del successo
Sebbene l'etichetta di “sovranista” non sia stata finora centrale nella politica romena, secondo Magdin i politici di estrema destra hanno storicamente utilizzato una retorica nazionalista e intransigente, soprattutto negli anni Novanta e all'inizio dei Duemila. L'esempio più eclatante è quello di Corneliu Vadim Tudor, che nel 2000 arrivò al ballottaggio presidenziale e il cui partito ottenne quasi un quinto dei voti alle elezioni parlamentari.
L'ascesa delle forze della destra radicale in Romania fa parte di una tendenza europea più ampia, a cui il paese ha aderito all'inizio di questo decennio. Radu Magdin spiega che diversi fattori hanno contribuito alla loro crescita. In primo luogo, c'è il disincanto nei confronti dei partiti tradizionali, in particolare dopo che il Partito Socialdemocratico e il Partito Nazionale Liberale hanno formato una grande coalizione nel 2021.
A ciò si è aggiunto il malcontento della popolazione per la gestione della pandemia da Covid-19. Anche per effetto delle campagne social contrarie alle vaccinazioni, la Romania è il paese dell'Ue che ha fatto registrare la copertura vaccinale più bassa contro il coronavirus (42,5 per cento), secondo i dati del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie. Sono cifre molto lontane dalla media UE del 75,6 per cento.
Il malcontento deriva anche dalle disuguaglianze sociali, “nonostante la forte crescita economica generale”, puntualizza Magdin. Sulle strade romene circolano più di 8.000 auto Tesla, alcune delle quali costano più di 125.000 euro, ma un romeno su sei non ha il bagno in casa. Molti lamentano una scarsa qualità dei servizi pubblici ed esprimono una generale frustrazione nei confronti delle istituzioni e un crescente scetticismo verso l'integrazione europea e la globalizzazione.
A questo cocktail si aggiungono la forte eredità storica dei movimenti di estrema destra, in particolare quelli del periodo tra le due guerre mondiali, e il ruolo dei social network. Circa nove milioni di romeni, quasi la metà della popolazione, usano TikTok.
Il magazine di giornalismo investigativo Snoop ha intervistato diversi sostenitori di Georgescu per conoscere le motivazioni alla base del loro voto alle ultime elezioni. Sono emerse dodici parole chiave ripetute frequentemente dagli intervistati: sei usate in modo positivo – spiritualità, salute, casa, amore, calma, diplomatico – e sei con connotazioni negative – Ucraina, USR, LGBT/gay/omosessuale, PSD, sionista/ebreo e vaccino/covid.
Sono temi che risuonano con le persone intervistate durante una delle ultime proteste tenutesi davanti alla Corte costituzionale a Bucarest, dove i manifestanti chiedevano la ripresa del secondo turno delle elezioni annullate in autunno. “È un uragano contro il sistema globalista, vedrete crollare il sistema”, ha detto un manifestante. “Torniamo a essere le persone che eravamo!”, ha esclamato un altro sostenitore di Georgescu.
“Non ho problemi con gli altri orientamenti sessuali, ma non sono d'accordo con la loro promozione aggressiva”, sostiene Stefan Surubariu, il fiorista. "Abbiamo perso molto della nostra essenza, non abbiamo più la purezza spirituale di un tempo, le nostre tradizioni stanno scomparendo", continua. E dice che “tutto questo accade a causa della politica dell'Unione europea, a causa della signora Ursula, che dimentica che siamo popoli con culture diverse, con persone diverse, con credenze diverse, con storie diverse”.
Dalla Dacia a Trump
Make Romania Great Again era lo slogan esposto su un cartello di un manifestante durante la grande marcia indetta dall'AUR nel centro di Bucarest il 1° marzo scorso. Secondo Radu Magdin, molte di queste forze politiche romene si sono schierate con Donald Trump e si sono ispirate al suo successo elettorale.
In effetti i punti di contatto non mancano. I sovranisti romeni, per esempio, criticano spesso George Soros, la cultura progressista, i cosiddetti “sesso-marxisti”, i diritti LGBT, mentre rivendicano l’importanza del patriottismo e di un'economia che dia priorità al capitale nazionale.
Tuttavia, afferma sempre Magdin, “mentre Trump sostiene una posizione autarchica, la Romania dipende in larga misura dai fondi dell'UE e dagli investimenti esteri, il che rende meno praticabile una forte politica economica nazionalista”. Dall'ingresso nell'Unione europea, la Romania ha ricevuto oltre 100 miliardi di euro di fondi comunitari, secondo i dati del Ministero per gli Investimenti e i Progetti europei; la maggior parte di questi fondi è stata investita in infrastrutture e sviluppo.
Per quanto riguarda l’atteggiamento filorusso, secondo Magdin questa posizione non ha molto seguito in Romania, “dove la sfiducia nei confronti della Russia è estremamente alta: i sondaggi mostrano che solo il cinque per cento dei romeni è filorusso”, afferma. “Non sono pro-Putin, sono pro-Trump", conferma Surub. "Ma perché accusare qualcuno che non fa alcun male? Putin voleva solo recuperare alcuni territori dove vivevano e vivono cittadini russi”, aggiunge tuttavia.
Prima di salutarci, Surub ci chiede di fargli una foto con il tradizionale berretto di lana romeno. Alcuni sostenitori di Georgescu partecipano alle proteste vestiti con pelli di pecora o con l'antico costume dacico, “come durante l'assalto al Congresso degli Stati Uniti”, puntualizza il fiorista. La Dacia era un antico regno corrispondente grossomodo all'attuale Romania, noto per la sua resistenza contro l'Impero romano.
Alla realizzazione di questo articolo hanno contribuito Lauren-iu Ungureanu, Alexandra Nistoroiu e Sebastian Pricop della testata romena HotNews.
Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.
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