Vitomil Zupan - screenshot YouTube

Vitomil Zupan - screenshot YouTube

Un grande scrittore europeo, convinto che l'atto di scrivere sia intrinseco alla vita stessa: dello sloveno Vitomil Zupan, poliedrico e segnato da un'esistenza vissuta "senza parafulmini" è stato tradotto in italiano solo "Menuet za kitaro", forse la sua massima espressione narrativa

30/12/2024 -  Božidar Stanišić

Un solo romanzo di Vitomil Zupan è stato tradotto in italiano. È grazie al fiuto dell’editore Voland che Menuet za kitaro (na petindvajset strelov) è stato pubblicato in Italia [1]. La scorrevole traduzione dallo sloveno e un interessante ritratto dello scrittore nella postfazione al romanzo sono frutto dell’impegno di Patrizia Raveggi.

Non ho intenzione di dilungarmi sui motivi per cui solo un libro di Zupan è uscito in Italia, mentre alcuni editori italiani – sia prima che dopo l'uscita dell’edizione italiana di Menuet – hanno pubblicato libri di scrittori sloveni contemporanei “in voga”. Libri di qualità di gran lunga inferiore a quella delle opere di Zupan. E mi fermo qui.

Resta un’incognita su quando almeno alcune opere della vasta produzione letteraria di Zupan verranno pubblicate in Italia. Penso ad esempio a Potovanje na konec pomladi [Viaggio di fine primavera], Mrtva mlaka [Pozzanghera morta], Klement e Zasledovalec samega sebe [L’inseguitore di se stesso] – opere d’avanguardia nella storia del romanzo sloveno, scritte tra il 1937 e il 1940 – ma anche ai romanzi Levitan e Igra s hudičevim repom [Giocare con la coda del diavolo] dell’ultima fase della sua produzione letteraria, inestricabilmente legati alla sua esistenza, tanto che, come anche in Menuet, i protagonisti sono un alter ego dell’autore. Non è riuscito a finire il romanzo Apokalipsa vsakdanjosti [L’apocalisse del quotidiano]. Una digressione: Zupan è molto interessante anche come saggista.

Quest’anno con piacere ho letto nuovamente la monografia Vitomil Zupan: važno je priti na grič – življenje in delo Vitomila Zupana (biografija, dokumenti, novele, pričevanja) [Vitomil Zupan: l’importante è raggiungere la collina – vita e opere di Vitomil Zupan (biografia, documenti, romanzi, testimonianze)], pubblicata dieci anni fa in occasione dei cent’anni dalla nascita del grande scrittore [2].

Annotando alcune osservazioni dei contemporanei di Zupan e dei conoscitori della sua vita e produzione letteraria, ho sottolineato il giudizio impietoso di Aleš Debeljak [3]: “L’incontro con le opere di Zupan mi ha rivelato tutta la povertà della letteratura slovena” (Credo si riferisse principalmente alla letteratura contemporanea.) Questo grande progetto editoriale – che ci fa conoscere meglio la figura e le opere di Zupan attraverso una raccolta poliedrica di testi e fotografie – è un omaggio davvero interessante allo Scrittore.

In questo articolo commemorativo cercherò di mettere in luce gli aspetti che ritengo importanti per la comprensione del processo di formazione e crescita di Vitomil Zupan, artista e testimone di un’epoca spesso vissuta dallo scrittore come un attacco diretto contro di lui e come un conflitto tra individuo e macchina della storia. Tutto questo – senza parafulmine.

Zupan, nato nel 1914, non ebbe alcun ricordo di suo padre, un volto tra milioni di europei che non tornarono dalla carneficina della Grande guerra. Da adolescente assistette alla morte di un amico, coinvolto in un tragico gioco con una pistola di Zupan. Poi, probabilmente spinto dall’illusione che le peregrinazioni potessero rimarginare le ferite, iniziò il suo girovagare per il mondo, sempre però perseguitato da quella tragedia che, come lui stesso affermò, “gettò un’ombra” sulla sua fiducia nella felicità.

Anche dopo essersi iscritto al Politecnico di Lubiana continuò a viaggiare senza meta, lavorando come fuochista su una nave inglese, imbianchino e addetto all’installazione di parafulmini in Francia, pugile per passione, ma anche per necessità, giunse anche in Bosnia, dove divenne maestro di sci.

In patria considerato vicino ad alcune organizzazioni di sinistra, subito dopo l’occupazione italiana Zupan, insieme ad altri membri dell’associazione Sokol, si unì al Fronte di liberazione della Slovenia. Nel 1942 fu arrestato e deportato nel campo di concentramento di Gonars. Riuscì però a fuggire, unendosi nuovamente ai partigiani.

La sua vita dopo la guerra fu segnata da una storia divertente, seppur falsa, che nel 1948 Zupan raccontò in stato di ebbrezza in una taverna. Il processo a suo carico per “propaganda nemica” in un certo senso è paragonabile al processo a Meursault, protagonista de Lo straniero di Camus. Quindi, un processo contro la personalità dell’imputato – immorale, secondo i giudici.

Condannato a diciotto anni di reclusione, Zupan – all’epoca già uno scrittore affermato, premiato per le sue opere – ne scontò sette. (Il capitolo della Monografija che analizza questo periodo è una cronaca della prigionia di Zupan e degli anni immediatamente successivi all’uscita dal carcere, ma anche una vivisezione dei legami tra politica, ideologia e la cosiddetta vita letteraria).

Oltre all’esperienza di carcere, Zupan visse un incontro ravvicinato con la morte: affetto da una grave forma di tubercolosi, ormai sull’orlo della morte, fu letteralmente spinto verso la vita da un amico medico.

Così fu salvato un grande scrittore europeo, la cui produzione letteraria, per quanto poliedrica (drammi per teatro, radio e tv, sceneggiature, poesie, saggi, critiche cinematografiche, traduzioni), resta incentrata sul romanzo e occupa un posto di primo piano nella storia della letteratura slovena del XX secolo. Un grande scrittore anche per la sua convinzione che l’atto di scrivere sia intrinseco alla vita stessa.

Zupan scriveva anche in carcere, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, senza nemmeno sapere se quanto scritto sarebbe mai stato pubblicato. Scriveva canzoni sfuggendo agli sguardi delle guardie e spesso, quando non riusciva a mettere per iscritto i suoi versi, li scriveva nella sua “mente”, imparandoli a memoria per non dimenticarli. (I giovani scrittori, non solo sloveni, nell’esempio di Zupan potrebbero trovare stimoli per un percorso verso la comprensione del senso dell'atto di scrivere anche in un clima di repressione. Sarebbe auspicabile che en passant riflettessero anche sull'assurdità delle inibizioni autoimposte in attesa di premi e riconoscimenti: per tutto il tempo trascorso in carcere Zupan attendeva l’arrivo dell’alba con la speranza di poter continuare a scrivere.)

Durante la prigionia Zupan scrisse circa seimila versi. Una maestosa opera poetica che, pur conservata per anni nell'archivio NUK a Lubiana, non sarebbe sopravvissuta fino ai giorni nostri se non fosse stato per Ifigenija Simonović, traduttrice e poetessa. È lei che dobbiamo ringraziare per la pubblicazione di otto raccolte di poesie di Zupan, di cui sette scritte in carcere e una del periodo successivo.

Ifigenija Simonović non solo ha salvato tutto ciò che poteva essere salvato tra i manoscritti su fogli ormai in stato di degrado, ma ha anche pubblicato le opere recuperate con le proprie risorse. Alcuni editori hanno accettato di pubblicare solo una selezione di poesie salvate, ma Ifigenija ha respinto tale proposta.

Secondo la traduttrice, quella di Zupan è "un'opera gigantesca che ancora aspetta di essere accettata, valorizzata e inclusa nella letteratura slovena […] Sono poesie molto profonde. Ogni poesia è profonda. [Zupan] aveva scritto molto in carcere per allenare il suo spirito. Da pugile, sapeva di dover meditare e mantenere vivi tutti i suoi muscoli ogni giorno. Così era riuscito a tenersi in forma, dimostrando una forza interiore. Mi ha attratto con la sofferenza, ormai superata, che emanava e con la luce dei suoi occhi”.

Senza voler sminuire gli altri romanzi di Vitomil Zupan, credo che Menuet sia la massima espressione delle capacità narrative dell'autore, della sua ricerca di uno stile originale delle sintesi delle sue visioni del mondo e dell'uomo. Anche il romanzo Levitan, in cui Zupan racconta con un linguaggio intenso i giorni trascorsi in carcere, può essere considerato un autoritratto dello scrittore.

Mi limito a qualche osservazione su Menuet. Vi consiglio di leggere la postfazione all’edizione italiana a firma di Patrizia Raveggi.

Ricordiamo come si balla il minuetto: in questa danza francese, in tempo di 3/4, i corpi di chi balla si toccano. (Nel suo romanzo Zupan rievoca la maestosità del Minuetto del grande compositore spagnolo Fernando Sor, un implicito richiamo alla struttura musicale come caratteristica imprescindibile di ogni grande romanzo).

Menuet si snoda su due piani temporali: il periodo bellico – in cui Jakob Bergant Berk, oltre al suo piccolo ruolo di combattente, ha un ruolo più grande, quello di scrittore che riflette sull'assurdità della guerra – e quello post-bellico, ambientato in Spagna, dove Berk incontra un ex ufficiale tedesco.

All’apice della sua maturità narrativa, Zupan intreccia le immagini di guerra e quelle degli anni del dopoguerra, riflettendo sul destino e sull’esperienza della guerra in cui tutto assume un significato particolare: la terra, il cielo, l’acqua, i volti umani, la paura e la speranza, la sessualità (soprattutto), lo sforzo per mantenere la mente sana e indipendente, gli occhi che osservano il mondo durante e dopo la guerra, con sensibilità e meditazione, il dubbio sulla possibilità per un essere umano di trovare un antidoto alla guerra.

(Quest'ultimo aspetto del romanzo di Zupan, soprattutto nel contesto dell'ex Jugoslavia, era stato colto profeticamente da Živojin Pavlović, regista che, ispirandosi a Menuet, nel 1980 aveva realizzato il film Doviđenja do sledećeg rata [Arrivederci alla prossima guerra].

Undici anni più tardi, la guerra giunse in Jugoslavia, e da oltre tre decenni funge da leva anche in altre parti del mondo). Se doveste leggere questo romanzo, potreste essere spinti a domandarvi chi e cosa si tocca (e come) in questa danza romanzesca degli opposti.

Ora che sono riuscito a racchiudere tutti questi aspetti del romanzo di Zupan in un solo paragrafo – un’impresa paragonabile a quella di far stare tre orsi in una fića [la Fuat 600], aggiungo due note: gli anziani di Lubiana ricordano Vitomil Zupan attraversare le strade, in uniforme partigiana, diretto al cimitero, per rendere omaggio ai suoi commilitoni, quasi volendo dire: nessuna ideologia può rivendicare il merito esclusivo della vittoria sul nazismo. Secondo Zupan, la più bella vendetta è essere migliori di chi ci ha fatto del male.

Con il suo spirito e anima anarchica, se fosse vivo, Zupan continuerebbe ad opporsi al mondo di oggi.

 

Alcune opere di Zupan tradotte dallo sloveno da Aleksandra Ksenija Jelen:

 

IL CONTINENTE NERO

Il continente nero è verde giallo azzurro

bianco e rosso ciliegia

e le bandiere delle sue terre sono piene di stelle

azzurre verdi gialle rosse e

bianche, tranne una, che è nera.

L’ebano è nero, il caffè e una bella ragazza

Ma nel profondo del doganiere del nuovo stato

c’è un piccolo, curioso, voglioso

bambino

pieno di bianchi sorrisi

 

In tutto il processo di sviluppo delle società osserviamo che le potenze civilizzatrici cercano di superare -e ci riescono pure - le potenze culturali. Perciò, in linea con il desiderio di alleviare il lavoro umano, abbiamo scoperto la dinamite, ma l’abbiamo utilizzata soprattutto a scopi distruttivi e omicidi; di ciò si è reso conto con orrore Alfred Nobel e ha cercato di espiare il suo peccato con l’istituzione del premio per la pace. In base a questa linea di pensiero abbiamo avuto a disposizione prima la bomba atomica che l’industria nucleare. Seguendo questi paradossali meandri, conquisteremo prima la Luna che sistemare le cose nel nostro mondo. A causa di questa oscura procedura, le società sviluppate e ricche si corrompono.

Per questo motivo ogni progresso materiale senza il corrispettivo progresso culturale risulta molto problematico. Perciò ogni miglioramento unilaterale della ricchezza nasconde in sé un piccolo, ma duro boomerang, che vola senza essere visto, ma giunge inevitabilmente a bersaglio. La ricchezza può rivoltarsi contro se stessa – proprio come la ghigliottina decapitò il povero Guillotin, che l’aveva ideata.

(Scritto per Dramma, giornale teatrale del SNG – numero 7, 1962-63)

 

[1] Minuetto per chitarra (a venticinque colpi), 2019, p. 516

[2] Mladinska knjiga, Lubiana, 2014. Autori: Neli Malečkar, Aleš Berger, Ifigenija Simonović e Alenka Puhar

[3] Aleš Debeljak (1961-2016), poeta, saggista, traduttore, critico letterario e sociologo sloveno. Le sue raccolte di saggi e poesie sono state tradotte in diverse lingue europee. Uno dei suoi libri di poesia è disponibile anche in italiano: Momenti di angoscia (Flavio Pagano editore, Salerno 1990; traduzione a cura di T. Steka).


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