Anemos o dei venti adriatici

Incontro/dibattito pubblico del prof. Fabio Fiori nell'ambito del corso di Letteratura italiana

Introduce
Marilena Giammarco, Università G.D'Annunzio di Chieti e Pescara

Vento, vjetar per i croati, parola con origine comune in molte lingue indoeuropee. Per tutti i marinai è il respiro del mare, che porta nel cielo le nuvole e sull'acqua le navi. Più tecnicamente il vento è “quella corrente di aria atmosferica, che trapassa da luogo a luogo sopra alcuno dei trentadue rombi dell'orizzonte”. Due righe stracariche di significati meteorologici e insieme storici, di fatti di natura e cultura.
Il dalmata nel suo dizionario ci ricorda che “perché il vento sia buono, basta a buon navigante che non sia contrario”. Una verità in apparenza banale, ma che merita di essere ricordata nell'età dei motori, fatta di supponenza innaturale. E di quanto il vento determinasse fortune o disgrazie del marinaio ne è testimone l'augurale “buon vento”, sopravvissuto nel linguaggio comune al definitivo tramonto novecentesco dell'età della vela.