Slavika - Incontro con Božidar Stanišić

Incontro con lo scrittore, poeta e traduttore bosniaco, nell'ambito del Festival di cultura slava

Božidar Stanišić dialoga con Lijljana Banjanin dell’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Lingue e Letterature straniere e Culture moderne.

Božidar Stanišić (Visoko, 1956) è uno scrittore, poeta e traduttore bosniaco. Laureatosi presso la Facoltà di Filosofia all’Università di Sarajevo presso il dipartimento di storia e letteratura jugoslava, dal 1992 insieme alla famiglia abita in Friuli a Zugliano in provincia di Udine in seguito al suo rifiuto di imbracciare le armi e portare una divisa in conseguenza allo scoppio delle guerre jugoslave in Bosnia ed Erzegovina. In Italia oltre a diversi contributi di critica letteraria sono state pubblicate diverse raccolte.

OPERE

I buchi neri di Sarajevo, Bottega Errante Edizioni, traduzione di A. Parmeggiani, R. Molesi

Quando nel ‘92 Božidar Stanišić – bosniaco di cultura serba sposato a una bosniaca di famiglia croata – comparve sulla porta di casa mia, non capii subito di trovarmi di fronte a un déja vu. Non mi resi conto che egli arrivava impaurito, incredulo e spaesato esattamente come migliaia di profughi istro-dalmati quarant’anni prima di lui. Quel professore di lettere mite e silenzioso rappresentava la stessa tragedia e anche la stessa indecorosa mascherata. (dalla prefazione di Paolo Rumiz)

La Bosnia degli anni Novanta, prima e dopo lo scoppio del conflitto, la meravigliosa Sarajevo distrutta dall’assedio, i momenti di incredulità che precedono la guerra e gli attimi di spaesamento immediatamente successivi; questi sono gli sfondi delle storie di uomini e donne che vedono cambiare all’improvviso il corso della loro vita. Uno stile tutto giocato sui movimenti, i pensieri, i silenzi di chi è sopravvissuto in un sottilissimo e precario equilibrio tra follia, proiezioni, ricordi e il riaffiorare dei fantasmi del passato e della vita prima del conflitto. I buchi neri non sono solo quelli subiti dalla città bosniaca, martoriata e distrutta nell’anima, ma sono gli abissi e le feroci solitudini di ognuno di noi di fronte alla pazzia di tutte le guerre.

Curatela di Ivo Andríc, Sul Fascismo, Nuova Dimensione, traduzione di D. Badnjevic, M. Orazi

Ivo Andric per circa due anni (1920-1921) assunse l’incarico di diplomatico presso l’ambasciata del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni in Vaticano. Durante il suo periodo romano un fenomeno politico e sociale non sfugge alla penna dello scrittore: la nascita e lo sviluppo del fascismo. Tutti i suoi scritti su questo tema sono stati elaborati dopo la sua permanenza a Roma e quella, brevissima, a Trieste (fine 1922 – inizio 1923) e pubblicati sulle riviste letterarie croate e serbe nel periodo 1923-1926. All’edizione italiana di questi inediti di Andric si aggiungono due ricordi dello scrittore serbo, entrambi del secondo dopoguerra: il primo è del suo amico Kalmi Baruh, ispanologo, ebreo di Sarajevo vittima dello sterminio nazista; il secondo è frutto di una sua dolorosa passeggiata per i sentieri dell’antico cimitero ebraico della capitale della Bosnia-Erzegovina. Questi saggi trasmettono intatta l’originalità dello sguardo di Andric sul fascismo e le sue conseguenze, un fenomeno che al tempo suscitò molte perplessità nelle cancellerie e nei parlamenti delle cosiddette vecchie democrazie e che oggi, travestito a volte da varie forme di populismo, conferma la sua preoccupante vitalità ideologica.

 

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