A vent'anni dallo scoppio della guerra in Bosnia Erzegovina, la Comunità di Sant'Egidio sceglie Sarajevo per l' "Incontro mondiale delle religioni per la pace" che si svolgerà a settembre
Fonte: Vaticaninsider - La Stampa.it
Elaborazione di Osservatorio Balcani e Caucaso
Nessuna città come Sarajevo è in grado, oggi, di simbolizzare il passato e il presente dell'Europa: un passato – recente e ancora minaccioso – fatto di guerra e di odi nazionalistici e religiosi; un presente di faticosa costruzione della convivenza e del compromesso.
E' per questo che, a vent'anni dalla fine della guerra fratricida che ha provocato la morte di 11mila persone, la Comunità di Sant'Egidio ha deciso di portare proprio a Sarajevo la tappa 2012 del suo "Incontro mondiale delle religioni per la pace".
L'obiettivo – ha spiegato il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, che ha presentato in febbraio l'incontro insieme all'arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljić – è quello di portare nella città-martire del conflitto in Bosnia-Erzegovina “un messaggio di pace e solidarietà”, con l'obiettivo di farne un “paradigma” per il futuro dell'Europa.
L'incontro si svolgerà dal 9 all'11 settembre 2012 nella capitale bosniaca e vedrà coinvolte, per la prima volta dalla fine del conflitto, tutte le comunità religiose del Paese. “Una delle nostre speranze – spiega Impagliazzo – è tirare fuori dal suo isolamento la comunità serbo-bosniaca”, di religione cristiana ortodossa, rimasta fino ad oggi ai margini della vita del nuovo Stato nato dagli accordi di Dayton.
Ma c'è anche la volontà di dare visibilità e voce ai musulmani bosniaci, storicamente moderati, come testimonia la loro lunga convivenza con i cristiani nella regione.
Da anni, ha spiegato il cardinale Puljić, subiscono la 'concorrenza' di gruppi wahabiti aggressivi nei confronti dei cristiani, generosamente finanziati dall'estero. Malgrado il loro piccolo numero – sono poche migliaia – questi gruppi riescono a seminare tensioni nei delicatissimi equilibri del Paese.
Le cicatrici del lungo conflitto, spiega l'arcivescovo della città, sono ancora tutt'altro che richiuse: “E' facile ricostruire le case. Più difficile è rinnovare il cuore, purificare le memorie dall’odio, perché esistono ferite ancora da risanare”.
Puljić sottolinea anche la difficile situazione economica del Paese, in cui “il 40% della popolazione non ha lavoro e i giovani sono costretti ad andare via”. A destare la preoccupazione del porporato, c'è anche il calo numero della minoranza cattolica croata a Sarajevo, giunta a rappresentare l’appena 8% della popolazione in una città a maggioranza musulmana.
Oggi non ci sono statistiche ufficiali. Ma sta di fatto che “in Bosnia Erzegovina, prima della guerra i cattolici erano 820 mila, oggi se ne contano 440mila, quasi la metà”. “Spero - ha concluso il cardinale - che l’incontro di preghiera per la pace possa contribuire a creare un clima positivo per il futuro di questo Paese”.
“L’appuntamento di settembre – spiega Impagliazzo - serve a mettere in rilievo il nuovo ruolo delle religioni. Se vent’anni fa furono motivo di divisione, oggi diventano elemento di unità e convivenza. La Bosnia è Europa e l'Europa può contribuire attivamente alla ricostruzione del Paese. Da Sarajevo, città martire, può nascere un nuovo spirito di incontro, oltre le ferite e i rancori, per una nuova memoria condivisa".
La Comunità Sant'Egidio prosegue dunque nel suo impegni con e nei Balcani, iniziato nel 1996 in Kosovo, ancora ai tempi della Federazione Jugoslava. L'incontro di settembre sarà anche un'occasione per verificare quali passi si sono fatti in direzione della dichiarazione comune che nel lontano giugno 2001 firmarono a Roma i rappresentanti delle quattro maggiori comunità religiose esistenti in Bosnia Erzegovina (S.E. Mustafa Cerić - Rais Ulama di Bosnia, P. Jovan Georgievski – Patriarcato serbo-ortodosso, S.E.Card.Vinko Puljić, Arcivescovo di Vrhbosna, Dr.Jacob Finci, Presidente della Comunità Ebraica di Bosnia), durante l'incontro "Le religioni per la coabitazione in Bosnia Erzegovina" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio e a cui partecipò Andrea Riccardi, fondatore della Comunità e oggi ministro per la Cooperazione e l'Integrazione. Già allora, Riccardi ribadì i concetti che stanno alla base dell'evento del prossimo settembre a Sarajevo: " La Bosnia rappresenta un banco di prova per l'Europa, per la convivenza e la responsabilità europea, oltre che un luogo in cui dialogo interreligioso significa possibilità concreta di convivenza».