Ad inizio novembre prosegue il viaggio della scultura in ferro 'L'Uomo di Sarajevo' dell'artista marchigiano Giuseppe Gentili. Dopo essere stata esposta a Riccione nel Giardino Caduti di tutte le guerre, su iniziativa di Associazione Arte per le Marche, ora è la volta di Sarajevo in occasione degli eventi in memoria del conflitto iniziato vent'anni fa
Fonte: Comune di Riccione
Elaborazione di Osservatorio Balcani e Caucaso
Dopo settimane di esposizione nel Giardino Caduti di tutte le guerre del Municipio di Riccione, la scultura “L’Uomo di Sarajevo” dello scultore marchigiano Giuseppe Gentili si preparà a partire per Sarajevo. La grande scultura in ferro, nata dalla sensibilità dell’artista come testimonianza di pace e umanità contro tutte le guerre e giungerà nella capitale bosniaca ad inizio novembre, nel ventennale della sanguinosa guerra di Bosnia.
Alla breve cerimonia di inaugurazione due mesi fa, hanno partecipato molti rappresentanti istituzionali, tra i quali il Sindaco Massimo Pironi, il presidente del Centro Ascolto Disabilità sociali (CAD) di Roma, Gerardo Rosa Salsano e Antonella Ventura, curatrice dell’iniziativa e presidente dell’Associazione Arte per le Marche.
“Il senso di questa opera – aveva ricordato il sindaco Massimo Pironi – è quello di farci riflettere su una guerra che si è consumata, nell’indifferenza pressoché generale dei Paesi dell’Europa, a due passi da noi, sull’altra sponda dell’Adriatico. Non dimenticare i caduti di quella guerra, atroce e insensata come tutte le guerre, deve essere l’impegno di ogni giorno per ogni uomo di buona volontà”. Un plauso, dunque, a questa iniziativa, perché solo coltivando la memoria possiamo difenderci dal buio della guerra e della violenza”.
L’opera, di grandi dimensioni (m. 2,90x3,70x1,75) nasce dalla sensibilità dell’artista come testimonianza di pace e umanità contro tutte le guerre, non una in particolare. L’opera è arrivata a Riccione da San Benedetto del Tronto, dove è rimasta esposta nell’abito dell’iniziativa “La notte della Bellezza”.
Lo scultore Giuseppe Gentili nasce a Pollenza (Macerata) nel 1942, frequenta gli studi artistici e consegue il Diploma di Maestro d'Arte nel 1963. A venticinque anni espone le sue prime opere in scultura, con consenso di pubblico e di critica. Innovativo per la tecnica e per il materiale che adopera, realizza pannelli in basso rilievo, sbalzi in rame, bronzetti e numerose opere di grande dimensione: lavora con la fiamma ossidrica, mista alla fusione.
Di lui si interessano per il collezionismo: Charly Chaplin, che acquista tre opere; Federico Fellini, il regista delle favole folli; Pablo Picasso, che accetta l'offerta di un "Don Chisciotte", figura emblematica nella produzione dello scultore. L'artista iberico pone l'opera, alta più di due metri, nel parco della sua villa di Mongius (Nice), assegnando di fatto un riconoscimento alla genialità creativa dello scultore.
Espone a Montreal (Canada), impressionando per la drammaticità esistenziale delle opere, e a Nizza, città dove, in occasione del terzo "Grand Prix de New York", gli viene assegnata la targa "Plaquette d'or - Statue de la Libertè". Nel 1979, l'artista si trasferisce a Spoleto, instaurando con il Festival dei Due Mondi un proficuo lavoro dialettico, che si traduce in mostre e in celebrazioni della sua arte (Spoleto Magazine). Eccentrico e anticonvenzionale, gestisce il mondo creativo con atteggiamenti di vita, che plasma come pezzi visivi: contesta e irride "il rispetto dell'arte ufficiale - che egli dice - in Italia combina grossi guai". Nascono così le tante sculture alla fiamma ossidrica, che diffonde in Italia e al'estero, entrando nelle case e nelle collezioni di molti privati.
La sua personalità può riassumersi con quanto racconta di sè stesso: "Non voglio essere chiamato contestatore, non m'interessa accordarmi ad una qualsiasi protesta. Io vivo per la mia arte e della mia arte. E chi non sa cosa sia l'Arte non può capirmi". Al proclama, seguono opere di grosso spessore per l'impegno umano e la valenza sociale: dalla ricerca indirizzata verso episodi della Bibbia (particolarmente drammatica la serie di Caino e Abele) al volto di Cristo della Sindone, carico di tragedia; dal Don Chisciotte al grido de L'uomo di Sarajevo.