Bosnia Erzegovina, Kosovo, Serbia. Sviluppo economico e sociale, elaborazione dei conflitti. Il Trentino della solidarietà rinsalda le relazioni con i Balcani con una visita dell'assessore Iva Berasi
Fonte: Trentino Solidarietà
Le sigle che stanno dietro alle iniziative sostenute dalla Provincia autonoma di Trento sono diverse: Tavolo trentino con il Kossovo a Pec/Peja (e nell'enclave serba di Gorazdevac), Tavolo trentino con Kraljevo nell'omonima municipalità della Serbia, cooperativa Insieme a Bratunac, in Bosnia Erzegovina, Progetto Prijedor nella municipalità bosniaca di Prijedor. Identici però gli intenti: favorire lo sviluppo economico e sociale di queste zone accompagnando al tempo stesso il cammino delle popolazioni nell'elaborazione dei conflitti che hanno vissuto e nella costruzione di una convivenza pacifica. Durante il viaggio dell'assessore Berasi è stato inaugurato fra l'altro a Pec/Peja il centro giovanile Zoom, recentemente ristrutturato.
Parlare di Balcani non è mai facile: non solo perché le memorie della guerra sono ancora fresche, o perché la transizione politica non è ancora terminata, ma soprattutto per il coinvolgimento nelle vicende degli anni '90 di tante persone, di tante realtà della società civile, di tanti comuni. Ciò vale in particolare per il Trentino, un territorio che, dopo la fine della guerra, ha deciso di non andarsene, di rimanere lì e di continuare a costruire un rapporto fatto prima di tutto di rispetto reciproco, di attenzione, di amicizia. "Lo sviluppo spesso mortifica la partecipazione - sintetizza l'assessore Berasi - ma in queste esperienze vediamo esattamente il contrario: vediamo la partecipazione ritornare, vediamo le comunità mobilitarsi e fare rete, con le realtà pubbliche e quelle private, con il volontariato, le scuole, le associazioni, utilizzando strumenti che vanno dal microcredito ai gemellaggi al commercio equo e solidale. E' un arricchimento anche per noi, non solo per chi beneficia di questi progetti."
Accompagnato dai funzionari e dai tecnici dell'ufficio competente, l'assessore Berasi ha toccato con mano almeno alcune di queste iniziative. La missione è iniziata nella città di Peja/Pec, in Kossovo, dove la delegazione è stata ricevuta dal sindaco Ali Berisha e dalla sua Giunta. Tanti i progetti in corso di realizzazione: innanzitutto è stato inaugurato, dopo i recenti lavori di ristrutturazione, il centro giovanile Zoom, attivo dal 2003 e frequentato ormai da centinaia di giovani. La gestione della struttura, molto bella e spaziosa, è affidata ad un tavolo in cui sono rappresentate le diverse realtà associative che la animano, organizzando attività che vanno dal teatro ai corsi di lingue, dal giornalismo fino ai gruppi di studio sul tema della convivenza (un tema che riguarda tutte le componenti del tessuto sociale locale: kossovari, serbi e rom). A breve, sempre con il contributo della Provincia autonoma di Trento, verrà rimesso a nuovo anche il prospiciente campo da basket. Nel corso della visita l'assessore Berasi, assieme alla coordinatrice del Tavolo trentino con il Kossovo Alessandra Angius, ha anche inaugurato il nuovo ufficio per la promozione turistica della vicina val Rugova (che collaborerà con l'iniziativa Viaggiare i Balcani, promossa da Progetto Prijedor e associazione Tremembé).
Dietro questa espressione un poco ostica c'è una realtà molto concreta, che l'assessore Berasi ha potuto visitare di persona, recandosi nell'enclave serba di Gorazdevac. In questo piccolo villaggio rurale a pochi chilometri dal centro di una città comunque vivace e animata, vive una piccola comunità serba, come altre analoghe sparse per il Kossovo guardata a vista dai Caschi blu dell'Onu (ormai quasi scomparsi dalle strade di Peja). Non ci sono luci, non c'è lavoro né futuro; solo quel poco di assistenzialismo garantito dalla lontana Belgrado. C'è, in più, molta paura di uscire, di mescolarsi con la popolazione kossovara (e musulmana, i serbi com'è noto sono di religione ortodossa). Il centro Zoom - assieme agli sforzi di volontari come Fabrizio Bettini di Operazione Colomba, che vive qui da anni - serve anche a questo: a fare incontrare i giovani, a far sì che si riconoscano come simili, sulla base di identici bisogni e identiche aspettative.
Seconda tappa del viaggio la municipalità di Kraljevo, in Serbia. Anche qui - complice la bellezza dei luoghi e la ricchezza del patrimonio culturale - torna il tema del turismo sostenibile. Il progetto "Put Vode-La strada dell'acqua" ha consorziato numerosi albergatori, ristoratori, agricoltori, ma anche custodi dei monasteri e amministratori locali, per lanciare a tutti gli effetti questa regione montuosa come destinazione agrituristica. Il Tavolo è presieduto da Emiliano Bertoldi (prima - fra l'altro - in Kossovo), e a Trento è coordinato da Paola Filippi: vi aderiscono molti Comuni trentini, associazioni e cooperative. Oltre ad incontrare alcuni degli aderenti al progetto Put Vode l'assessore Berasi ha visitato la casa di riposo di Mataruska Banja, gemellata con l'analoga struttura di Rovereto, il centro diurno dell'associazione Mnrl, creato da genitori di ragazzi disabili, e la sede dell'associazione Fenomena, che assiste le donne vittime di violenza.
Qui a Kraljevo - a differenza che nelle altre realtà visitate - il tema della convivenza sembrerebbe apparentemente meno presente, non essendoci copresenza sul territorio di popolazioni diverse per lingua o religione: esso però si ripropone in altra forma, perché assicurare agli anziani una vita dignitosa, non emarginare i disabili (che ancora spesso vivono segregati nelle case) o combattere la violenza sulle donne, specie dentro alle mura domestiche, può essere altrettanto difficile che far convivere fianco a fianco etnie diverse.
Terza tappa il paese di Bratunac, in Bosnia Erzegovina. Il viaggiatore non lo percepisce immediatamente, ma qui siamo a pochi chilometri da Srebrenica, luogo che la memoria storica inchioda per sempre alla parola "genocidio", che l'Europa credeva di avere seppellito con la fine della Seconda guerra mondiale: parliamo degli oltre 8.000 musulmani uccisi nel luglio del 1995 dalle truppe serbo-bosniache al comando di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, complice il non-intervento del contingente Onu che doveva proteggere l'enclave.
Anche qui, la solidarietà trentina sta facendo un piccolo-grande miracolo. E anche qui - come in altre realtà visitate - questo miracolo vede al centro le donne. Parliamo della cooperativa Insieme, che riunisce circa 500 piccoli produttori di lamponi e altri frutti di bosco, sia serbi che bosniaci (ovvero musulmani). Ad illustrare il progetto una delle sue più accese sostenitrici, Rosa Fontana, fondatrice dell'associazione delle donne rurali della valle di Cembra "Ventessa", assieme ad Ilario Ioriatti, ex-direttore della cooperativa Sant'Orsola - a Salvatore Ferruzzi e a molti altri. La cooperativa è nata per dare maggiore forza ai piccoli produttori, prima "strangolati" dai grossisti: con l'aiuto dell'assessorato alla solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento la sede - una ex-segheria - è stata dotata di celle frigorifere e linee di lavorazione moderne. Contemporaneamente si è lavorato anche sul versante vivaistico, con la selezione e commercializzazione di piante più resistenti Nel futuro c'è ora la "chiusura del ciclo", ovvero la trasformazione del prodotto in marmellate e confetture. Ma la cosa più importante è stata dimostrate che in queste terre di dolore e di morte è possibile tornare a fare assieme, fianco a fianco. Anche se i padri, i fratelli o i mariti riposano in uno dei tanti cimiteri sparsi un po' ovunque tutt'attorno, in un paesaggio altrimenti magnifico, fatto di terra grassa, di colline ingentilite dalla presenza di un campanile o di un minareto.
Infine, sempre in Bosnia, Prijedor, dove è attivo dal 1998 il progetto omonimo. Si tratta senza dubbio del più grande e del più complesso dei progetti avviati dal Trentino nei Balcani, per l'esperienza accumulata e per il numero di partners coinvolti nelle diverse aree d'intervento. Anch'esso promotore di una Adl (Agenzia per la democrazia locale, organismo riconosciuto dal Consiglio d'Europa) come il Tavolo con Kraljievo in Serbia, in questi anni ha fatto scuola nel campo della programmazione partecipata oltre che della promozione della riconciliazione, in una città teatro di violenze indicibili (gli impianti della miniera di Omarska divennero sede di uno dei primi campi di concentramento aperti in Europa dai tempi del nazismo). Eppure la vita è più forte, anche qui: oggi, nonostante gli enormi problemi economici, le difficoltà con cui si scontrano i profughi che ritornano alle loro case o che sono costretti a vivere a Prijedor perché la loro vera casa, altrove, è andata persa per sempre, nella pedonale del centro ragazzi e ragazze si dedicano con passione al rito dello "struscio" come in ogni altra città europea (da notare fra l'altro l'assenza di donne velate: l'Islam balcanico è in questo senso tutt'altro che rigido, almeno a giudicare dai tanti pantaloncini e dalle tante minigonne che si vedono circolare nelle sue strade). Tutt'attorno, case in costruzione, campi che vengono arati di nuovo, attività che risorgono.
A Prijedor l'assessore Berasi, accompagnata da Michele Nardelli e dai responsabili locali del progetto, ha visitato, nel sobborgo di Ljubija, il più povero della città, un circolo di donne che danno assistenza agli anziani più bisognosi, e che offre assistenza socio-sanitaria di base. Circa 300 famiglie sono aiutate "a distanza" da altrettante famiglie trentine: una solidarietà silenziosa e concreta con chi, a causa della guerra ma anche dell'impoverimento economico, non ha quasi nulla. Successivamente la delegazione ha visitato due centri giovanili e per l'infanzia ed infine un agriturismo del circuito di turismo responsabile (in futuro, forse turismo "tout court") che si sta creando anche a Prijedor.
La giornata successiva è stata dedicata all'incontro con il sindaco Marko Pavic, con il coordinatore della locale Associazione degli agricoltori (che si relaziona con Ctm-Altromercato, e con la quale ha collaborato all'inizio la compianta Elisabetta Vindimian della Fondazione Mach), ed infine con i responsabili del Parco Nazionale Kozara, sul monte omonimo, luogo che custodisce le memorie della resistenza dei partigiani jugoslavi all'aggressione nazista durante la Seconda guerra mondiale. Il parco, assieme al Museo Kozara, ha allacciato rapporti fra gli altri con Arte Sella, con il Parco Adamello-Brenta, con la Fondazione museo storico del Trentino. Ancora relazioni, ancora maglie di una rete di rapporti che cresce di giorno in giorno, di anno in anno. Un bel modo per costruire, malgrado tutto, un mondo migliore.