Il 21 febbraio si celebra la Giornata internazionale della lingua madre, indetta dall'Unesco per promuovere la diversità culturale e il multilinguismo. Si inserisce in questo contesto l'iniziativa dell'Associazione degli Studenti Albanesi a Trieste, che ha dato il via alla prima scuola di lingua albanese. Un'iniziativa per non dimenticare la lingua madre e per accompagnare i bambini a unire l’identità del paese di origine a quello di accoglienza
Ogni lingua parlata nel mondo possiede una storia e una musica particolare. Molti bambini corrono il rischio di dimenticare la lingua materna che viene appresa in ambito familiare dalla nascita fino ai cinque-sei anni. Insomma la lingua dell’infanzia, dei giochi e delle coccole.
L’Asat - Associazione degli Studenti Albanesi a Trieste – ha dato il via alla prima Scuola di lingua albanese in città, un’idea che è nata insieme alle famiglie di nazionalità albanese, residenti a Trieste e prevalentemente originari del Kosovo. A Trieste vivono 1.727 albanesi di cui 921 provenienti dall’Albania e 808 dalla Repubblica del Kosovo, l'albanese, parlato da 6 milioni di persone nel mondo, è la lingua ufficiale dell'Albania, della neonata Repubblica del Kosovo ed è anche una delle lingue ufficiali della Macedonia. Nell’anno 2010/2011 nel sistema scolastico italiano (dalle scuole materne fino alle superiori di secondo grado) gli studenti di cittadinanza albanese - solo dall'Albania - erano 99.102, cioè il 13,95% del totale degli studenti stranieri in Italia, secondi per numero solo ai rumeni.
La scuola di lingua albanese è appena iniziata, ci sono circa venti alunni, dai sei fino ai tredici anni, i corsi sono gratuiti e aperti a tutti. È un’iniziativa spontanea che vive della passione e del lavoro volontario. Obiettivo costruire persone complete che non si sentano tagliate a metà tra l’identità del paese di origine e quello di accoglienza. La scuola media Guido Corsi ha offerto un’aula dove tenere le lezioni e messo a disposizione la fotocopiatrice. "Il progetto – ha spiegato Arlind Doberdolani, presidente dell’Asat e studente della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste – è nato dalla necessità dei bambini di imparare correttamente la lingua madre per conservare le radici dell’identità culturale. La padronanza della propria lingua d'origine è molto importante – ha proseguito Arlind - perché può facilitare l'apprendimento della lingua dell'istruzione nel paese d’accoglienza, stimolando i progressi di questi alunni in tutti i campi”. “Inoltre – ha concluso - il modo in cui la loro lingua materna è vista nella comunità ospitante rafforza l'autostima e il senso di identità degli alunni immigrati e delle loro famiglie".
L'insegnante è Irena Alushani a Trieste dal 1997, laureata in Scienze Storiche all’Università di Tirana e poi anche presso il nostro ateneo, da molti anni mediatrice culturale in particolare nelle scuole materne comunali. “Mi sono accorta che i bambini avevano difficoltà di inserimento – ha commentato Irena – l’integrazione è fatta di tante tappe ma per prima cosa bisogna accettare se stessi”. “Osservandoli mi accorgevo che erano impauriti e silenziosi – ha proseguito Irena che ha insegnato a lungo in Albania – respingevano la loro lingua anche con me che ero lì come mediatore”. “Al contrario avere una conoscenza approfondita della propria madrelingua è una base importante per poterne imparare bene anche una seconda o terza e allo stesso tempo – ha concluso - un bambino più sicuro diventa più accogliente verso gli altri, integrandosi meglio e conserva un legame con il proprio paese, garantendogli se vorrà un possibile ritorno”.
Il cervello riconosce la lingua madre, questo il risultato di un importante studio dell'Università di Milano Bicocca e del CNR che ha dimostrato che esiste una regione del cervello in cui componenti indipendenti dell'attività bioelettrica cerebrale distinguono la lingua madre da qualunque lingua appresa in età scolare. “La lingua materna – ha dichiarato Alice Mado Proverbio del Laboratorio di Elettrofisiologia cognitiva del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca e coordinatore del progetto di ricerca - si distingue da quella non materna in quanto insieme al suono delle parole il cervello codifica tutte le altre informazioni su come è fatto il mondo, come si vive, come funzionano le cose, e il tutto è fortemente intriso di sentimenti e affetti (gioia, dolore, vergogna, amore, tristezza)".
"Si impara ad esempio – ha spiegato la docente - ciò che è vietato, ciò che è bene fare, ciò che è pericoloso, ciò che è ridicolo”. Queste informazioni, saranno resistentissime, immuni cioè da amnesia, e molto ridondanti. “Ecco perché – ha proseguito la docente - noi riconosciamo la traccia bioelettrica delle parole appartenenti alla lingua madre”. Conseguentemente come rivelato da questa ricerca le seconde lingue, apprese ad esempio in ambito scolastico, o lavorativo, sono più facilmente soggette ad amnesia, anche se studiate in modo più approfondito perché includono parole di frequenza d'uso più bassa, e, in genere, un valore d'immagine inferiore.
"I bilingui - ha dichiarato Proverbio - sono più bravi a risolvere i conflitti, hanno velocità di trasmissione interemisferica maggiore e usano maggiormente entrambi gli emisferi. Il loro cervello è più plastico e gestisce una quantità maggiore di informazioni”. "Dall'altra parte - ha concluso - sono mediamente più lenti degli altri all'inizio dell'apprendimento e subiscono più interferenze tra una lingua e l'altra." Nel mondo esistono più di 6.000 lingue e ognuna di esse conserva un segreto per comprendere e descrivere la realtà. Eppure più di 1.000 sono a rischio estinzione.