L'Ateneo di Udine è impegnato nelle relazioni universitarie con il sud-est Europa. Tra i programmi internazionali, il progetto europeo Tempus e il Centro "Irene" di ricerca sulla pace e sulla cooperazione
L'Università degli Studi di Udine è stata fin dalle sue origini un ponte proteso verso il mondo slavo, diventando un importante centro di incontri, scambi e contaminazioni con i paesi del sud-est Europa, all'interno di una regione che è da sempre crocevia di popoli e culture diverse.
Nata nel 1978, inizialmente con la sola Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, l'università friulana è stata fondata per volontà popolare, sull'onda emotiva della ricostruzione, dopo il sisma del '76 e grazie alla raccolta delle firme di 125.000 cittadini: un caso unico in Italia. All'interno della Facoltà di Lingue, rispecchiando le esigenze della peculiare collocazione geopolitica, l'ateneo ha puntato a sviluppare fortemente il dipartimento di Lingue e Civiltà dell'Europa Centro-Orientale, al punto che, di anno in anno, un numero sempre crescente di iscritti sceglie di includere nel piano di studi una lingua slava (lo sloveno, il serbo, il croato, il bosniaco, il ceco, il polacco, il russo o lo slavo ecclesiastico) oppure l'ungherese.
Durante gli anni Novanta, significativa e di grande impatto è stata da parte dell'Università di Udine l'accoglienza degli studenti provenienti da Sarajevo e da altre città dell'ex Jugoslavia che hanno apportato, attraverso la propria esperienza personale, un ricco contributo umano nella vita accademica udinese, reso ancor più significativo a causa delle drammatiche circostanze, e che in alcuni casi sono diventati personalità di riferimento per il dialogo interculturale. D'altra parte, numerosi sono stati e sono tuttora gli studenti e i ricercatori friulani che conducono nei Balcani le loro ricerche sul campo, motivati da passione e interesse nei confronti di società geograficamente vicine e allo stesso tempo lontane.
A rafforzare ulteriormente la prossimità con i paesi balcanici da parte dell'Università di Udine contribuirà senz'altro l'attivazione del corso di laurea in 'Mediazione culturale per le Lingue dell'Europa centrale e orientale', strutturato appositamente per formare una figura professionale che operi nel campo della mediazione linguistica e interculturale e che si orienti con competenza nella realtà dei paesi del sud-est Europa. Come spiega la professoressa Fabiana Fusco, presidente del Corso di laurea e docente di Linguistica: «il corso di Mediazione è stato uno dei primi in Italia a offrire un ampio ventaglio di lingue dell'Europa centro-orientale, rispondendo in tal modo a un'urgenza particolarmente avvertita in Friuli Venezia Giulia, ma anche nei territori contermini. È un corso che richiama parecchi studenti dall'Est: molti di essi sono già da tempo in Italia, ricordano la lingua materna o la parlano in famiglia, e aspirano a migliorare le loro conoscenze relative all'Italia e ai paesi da cui provengono».
Oltre a mantenere da anni convenzioni con varie università dei Balcani, l'Università di Udine è anche capofila di 'Tempus', un programma dell'Unione Europea disegnato per sostenere il processo di riforma sociale ed economica dei paesi non associati dell'Europa Centrale e Orientale, dell'ex URSS e dell'area mediterranea, e che include piani amministrativi e didattici, sviluppo di curricula congiunti, ristrutturazioni di corsi di studio o di facoltà, e naturalmente scambi di studenti.
I progetti Tempus in atto a Udine - che coinvolgono almeno altre due università occidentali e un'università di un paese balcanico - sono attualmente cinque. Grazie all'adesione al primo di essi, 7 studenti del Montenegro stanno trascorrendo un periodo di sei mesi presso la facoltà di Medicina dell'Università di Udine. Gli altri quattro progetti, riguardanti i settori dell'informatica, della bioetica, dell'economia e del business management, hanno come beneficiari e partner l'Università di Novi Sad, l'Accademia Serba di Scienza e Arti di Belgrado, le Università di Belgrado, di Niš e di Kragujevac, l'Università di Skopje, la Tibiscus University di Timisoara, l'Università di Banja Luka e l'Università di Prilep in Macedonia.
Ciò che rende ancora più esclusivo il compito che l'Università di Udine si è assunta in ambito internazionale è la creazione presso la sua sede di un Centro di Ricerca sulla Pace chiamato "Irene", inaugurato il 2 ottobre 2007, nella giornata mondiale della nonviolenza, con la volontà di dare spazio alla ricerca scientifica internazionale sui temi della pace e della cooperazione fra i popoli, e di promuovere iniziative che favoriscano lo sviluppo interdisciplinare e la creatività artistica ispirandosi al comune obiettivo della pace.
"Irene", del cui comitato scientifico fanno parte Giuliano Pontara, Hans-Peter Dürr, Johan Galtung, Ekkehart Krippendorff, Rocco Altieri, Pat Patfoort, Werner Wintersteiner e Verdiana Grossi, «si propone - come cita l'articolo 2 del regolamento - di studiare le condizioni sociali, economiche, tecnico-scientifiche e linguistiche per la realizzazione di una convivenza pacifica tra i popoli, con particolare riguardo al Friuli Venezia Giulia e al territorio dell'Alpe Adria, nel suo contesto europeo. Il Centro intende fondare la sua attività sul riconoscimento delle diversità culturali come valore e patrimonio comune dell'Umanità».
Il professor Fulvio Salimbeni, docente di Storia Contemporanea e vicedirettore di "Irene", è stato anche membro della Commissione mista italo-slovena che dal 1993 al 2000 ha lavorato alla stesura di un testo sulle relazioni tra i due paesi. A questo proposito riporta: «Parallelamente alla commissione dei 14 studiosi italiani e sloveni, era stata avviata anche una commissione italo-croata. Dopo la seconda riunione, però, i lavori con i croati erano già fermi. La scusa ufficiale fu che in quel momento doveva arrivare il Papa per la prima visita in Croazia. Successivamente, è scoppiata la guerra con la Serbia, e ovviamente avevano ben altro a cui rivolgere l'attenzione. Infine, una volta diventati indipendenti, non erano interessati a una commissione unica con gli sloveni, bensì chiedevano commissioni distinte. E ciò era assurdo storicamente perché l'Istria, pur statualmente divisa, aveva una storia che era comune per tutti. Insomma, con i croati il tema non è mai più stato ripreso».
Proseguire i lavori delle commissione miste rientra nelle finalità di "Irene": «Riguardo ai risultati raggiunti dalla commissione italo-slovena, i maliziosi dicevano che a Roma non importava niente - ricorda il prof. Salimbeni - ma per noi, a questo punto, conoscerci meglio, studiare le rispettive storie per avvicinarci reciprocamente, promuovere seminari e incontri tra storici su questi argomenti, è una necessità che nasce come movimento spontaneo dai centri, dalle università, dalle persone». In questo senso, il più ambizioso tra i progetti è quello di un manuale di storia italo-sloveno in comune che, annunciato durante la giornata conclusiva del ciclo di conferenze Sconfinamenti promosso da "Irene" a Gorizia la scorsa primavera, era stato concepito ancora ai tempi della commissione mista ed era stato anche indicato nelle raccomandazioni indirizzate ai due governi, italiano e sloveno. «L'intenzione di un confronto essenziale tra italiani e sloveni, per il quale i tempi sono più che maturi, sfocia idealmente nel proposito più ampio di un manuale di storia centroeuropea comune per sloveni, italiani, croati, austriaci e ungheresi. Ci vorranno anni per portare a termine concretamente questo progetto, ma ritengo giusto almeno tentare di avviarlo» anticipa il professor Salimbeni, che ci tiene a ribadire: «finiamola di insegnare ciò che ci divide, incominciamo a insegnare ciò che ci unisce. Trovare gli elementi comuni tra i popoli d'Europa è la chiave. Lentamente e faticosamente ci si sta avviando su questa strada: anche se a piccoli passi, la nostra Università lo sta facendo».
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