18 marzo 2016
Foto: Oxfam

Oxfam e 18 organizzazioni umanitarie, in una lettera ai leader UE, denunciano l’aggravarsi dell’emergenza umanitaria in Europa

 

“La decisione di spostare sulla Turchia le responsabilità europee sui migranti significherebbe una messa in discussione dei valori comunitari e l’abbandono degli obblighi di legge fondamentali”: è la denuncia che viene lanciata da Oxfam insieme ad altre 18 organizzazioni internazionali che lavorano a stretto contatto in Europa con rifugiati e migranti, in una lettera congiunta  inviata alla vigilia del Consiglio europeo che si è aperto ieri a Bruxelles. “Un accordo del genere, che i leader europei potrebbero siglare già questa settimana, creerebbe un pericoloso precedente, quello di togliere ogni valore alla normativa che tutela i diritti umani”, avvertono le organizzazioni, che chiedono ai leader dell'Unione di rispettare i diritti fondamentali dei rifugiati e di far tesoro della lezione dello scorso anno: “I muri portano solamente perdita di vite umane. Dal 2014, circa 7.500 persone sono morte in mare: molti di loro erano bambini”. L'appello evidenzia come la chiusura delle frontiere europee e le restrizioni ai confini hanno drammaticamente peggiorato la crisi umanitaria che vede migranti e rifugiati costretti a vivere in condizioni disperate in Grecia, Macedonia, Serbia e Sicilia.

“La decisione di chiudere la cosiddetta ‘rotta balcanica’ è arrivata all’improvviso, – afferma Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia - l’Unione Europea ha messo da parte i suoi valori per assecondare la politica interna dei diversi stati. Tutto ciò non servirà a niente, non risolverà alla radice il dramma delle persone in fuga che cercano di arrivare in Europa. L’Ue e la Turchia dovrebbero lavorare insieme, ma le recenti proposte hanno trasformato la questione migratoria in una sorta di mercato, con le persone che vengono utilizzate come merce di scambio. Donne e bambini stanno dormendo all’aperto, al freddo, fra l’umidità e il fango mentre stanno finendo le scorte di cibo e acqua potabile e le pessime condizioni di vita hanno portato allo sviluppo di malattie come l’Epatite A. Ora chiediamo che nell’incontro in programma questo venerdì, i leader dell’Unione Europea e della Turchia mettano al primo posto i diritti e la sicurezza delle persone” conclude Bacciotti.

“La proposta di accordo con la Turchia, nella sua forma attuale, rischia di spingere le persone nelle mani di contrabbandieri e trafficanti su rotte sempre più pericolose – afferma Jane Waterman , direttrice dell'International Rescue Committee britannico – mentre è ancora possibile controllare i confini senza trascurare gli obblighi legali e morali di base. L’Unione Europea ha la capacità di gestire questa situazione in maniera umana ed efficace, ma deve dimostrare il necessario coraggio e volontà politica. E' il momento di pensare a proteggere le persone, non a difendere i confini”.

La chiusura dei confini nei Balcani ha costretto decine di migliaia di persone a spostarsi in accampamenti di fortuna, senza alcun accesso a beni essenziali come un riparo, cibo, assistenza medica e acqua. Per le organizzazioni umanitarie è sempre più difficile raggiungere velocemente queste aree. Secondo quanto riferito, la polizia di frontiera valuta il diritto ad ottenere la protezione internazionale con interviste di appena dieci minuti. In Sicilia, invece, le persone arrivate stanno ricevendo avvisi di espulsione senza aver avuto accesso ad alcuna informazione sui propri diritti.

In Grecia sono bloccate già 45.000 persone, di cui migliaia sparse nei villaggi fra Atene e il confine macedone; fino a 3.000 persone giungono ogni giorno in Grecia dalla Turchia via mare. I centri di transito, gli alberghi gestiti dalle ong, gli spazi sicuri e i centri diurni di Atene sono tutti al completo, compreso l’ex aeroporto in disuso della città. Sebbene manchino adeguati servizi igienico sanitari e gli spazi riservati alle donne, il governo sta ora pensando di utilizzare per l'accoglienza vecchi stadi sportivi. Si pensa anche all'utilizzo di alcune ex basi militari. Dal momento che la polizia ha vietato alle compagnie di autobus di portare i rifugiati afghani alla frontiera, migliaia di persone sono ora sparse nella Grecia centrale, tra Atene e il confine settentrionale. Alcuni siriani sono stati allontanati dal confine con la Macedonia, dove circa 13.000 persone sono accampate nella speranza che la frontiera venga riaperta.

In Serbia e Macedonia, circa 1.500 rifugiati provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan sono ferme da tre settimane al confine settentrionale della Macedonia: circa 400 tra siriani e iracheni sono accampati nel fango, in una terra di nessuno fra i due paesi. La polizia di frontiera valuta lo status di rifugiato con una procedura informale, sulla base di un colloquio di appena dieci minuti, negando l’accesso a tutti coloro che appaiono come “migranti economici”.

 In Sicilia, a centinaia di migranti provenienti da Burkina Faso, Mali, Gambia, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio e Guinea è stato di fatto impedito di accedere alla procedura di protezione internazionale e dunque a qualsiasi forma di sostegno offerta dallo Stato.

 

Le organizzazioni firmatarie:

Association Vasa prava BiH – Legal Aid Network

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI).

Croatian Law Network

Danish Refugee Council

Doctors of the World UK.

Group 484

International Rescue Committee UK

Legal-Informational Centre for NGOs in Slovenia

Local Democracy Foundation

Macedonian Young Lawyers Association

Magna

Medici per i Diritti Umani Onlus

Medicines du Monde - Greece

Norwegian Refugee Council

Oxfam International

People in Peril Association

Save the Children International

Solidarity Now

World Vision