Già due anni fa Osservatorio aveva lanciato la proposta di un Kosovo "Regione europea". Per uscire dalla sterile contrapposizione indipendenza sì, indipendenza no. Il documento introduttivo al convegno OB 2006
"Il vero referendum sul futuro dell'Unione Europea si terrà nei Balcani"
Commissione Internazionale per i Balcani, 9 maggio 2006
Un anno di negoziati a Vienna tra la delegazione di Belgrado e quella di Pristina non ha condotto ad alcun risultato, se non all'irrigidimento delle parti sulle rispettive posizioni. Nelle prossime settimane saranno gli emissari delle grandi potenze, come nell'Ottocento, a stabilire il futuro della regione.
Una pace duratura in Kosovo non può che essere fondata su una prospettiva politica nuova che superi la nozione ottocentesca dello Stato Nazione, nel quadro della costruzione di un'Europa politica in grado di acquisire sempre maggiori ambiti di sovranità e capace di applicare appieno il principio di sussidiarietà.
Due anni fa l'Osservatorio sui Balcani cercò di introdurre una nuova prospettiva nel dibattito in corso per uscire dalla situazione di stallo evidente in Kosovo.
Gli aspetti principali della nostra proposta riguardavano:
- la centralità dell'Europa come soggetto politico post-nazionale, unione di minoranze, cornice nella quale ricercare una soluzione alla controversia;
- la necessità di rileggere criticamente il concetto di autodeterminazione dei popoli nell'epoca dell'interdipendenza e dell'affermazione di spazi transnazionali sia a livello politico che economico, sociale e culturale;
- la necessità di accogliere positivamente e dare risposte innovative tanto alle istanze di autogoverno quanto alla rivendicazione delle radici culturali ed identitarie plurime presenti in Kosovo.
La nostra proposta era quella del Kosovo come prima "Regione Autonoma Europea", con uno status garantito sul piano internazionale da un forte ancoraggio alle istituzioni di Bruxelles e fondato sul piano interno sull'autogoverno.
Ricerca di soluzioni condivise
Da allora poco è stato fatto sul piano delle soluzioni diplomatiche, mentre è peggiorato vistosamente il clima politico nella regione. Il dibattito è bloccato sui simboli e prescinde dalle condizioni di vita, presenti e future, dei cittadini kosovari. Lo spettro di una prosecuzione indefinita dello stallo o di una soluzione non condivisa, imposta ad uno dei contendenti (o a entrambi), rende inoltre più concreta l'ipotesi di nuovi conflitti, pronti a riemergere in forme sempre più virulente.
La realtà del Kosovo di oggi è quella di un'economia assistita, sostenuta artificialmente dalla presenza internazionale e inquinata dalla criminalità organizzata. Il ridimensionamento delle rimesse dall'estero, per effetto di una politica europea di chiusura all'immigrazione, rappresenta un ulteriore fattore di rischio per il prossimo futuro. In assenza di un'economia capace di valorizzare le risorse del territorio, quel che si prefigura per il Kosovo - indipendente o no - è il contesto di uno stato senza regole potenziale ostaggio delle reti criminali.
Mentre in entrambi i paesi, in Serbia come in Kosovo, è difficile far emergere un'altra prospettiva che non sia quella - speculare - della rivendicazione di una piena sovranità statuale sulla regione contesa, crediamo utile riproporre alla discussione gli elementi che potrebbero portare all'affermazione di una possibile soluzione alternativa e condivisa. Questi elementi trovano sostanza all'interno della proposta del Kosovo come "Regione Autonoma Europea".
Un'opportunità per l'Europa
Dal punto di vista europeo, i costi umani, sociali e finanziari che verrebbero da un eventuale riaccendersi violento del conflitto o dalla semplice vicinanza di un contesto in preda ad una forte deregolazione, sono ampiamente superiori a quelli derivanti da una seria politica di inclusione.
La soluzione di quel conflitto rappresenta al contrario un'opportunità e una sfida storica per rilanciare il processo di costruzione europea dopo il disorientamento seguito ai referendum francese e olandese. Nel cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, è nei Balcani che si ripropongono per l'Unione le stesse ragioni del proprio processo costitutivo: la composizione dei conflitti attraverso l'inclusione e l'innovazione politica.
Questa volta però l'Europa che deve intervenire non è solo quella delle diplomazie. E' necessario ridare impulso alle iniziative della società civile, in grado di verificare se altre basi finora inesplorate di trattativa possano aprire varchi praticabili dalla diplomazia ufficiale. Le istituzioni dei popoli per la pace, gli enti regionali e locali e le organizzazioni non governative che in questi anni hanno costruito partnership territoriali con il Kosovo sono chiamate a mettersi alla prova e ricercare soluzioni condivise laddove la rigidità delle posizioni ufficiali ha impedito di trovare una via d'uscita.
Oggi riproponiamo il nostro disegno di Kosovo "Regione Autonoma Europea" sostanziandolo con alcuni punti, base di discussione per immaginare percorsi possibili attraverso cui raggiungere questo obiettivo. L'intento della nostra proposta è stimolare la ripresa del dialogo tra tutte le comunità interessate, introducendo nuove idee ed ipotesi su cui confrontarsi, consapevoli del fatto che nessun accordo può essere imposto dall'esterno ma va costruito dalle parti in causa.
Nove punti
per uscire dallo stallo sullo status del Kosovo
1. Designazione del Kosovo come prima Regione Autonoma Europea, rappresentato all'interno delle istituzioni dell'Unione (27+1) e internazionalmente riconosciuto, con una rappresentanza speciale nel Consiglio d'Europa e nelle Nazioni Unite.
2. Definizione di un ampio statuto di autonomia a tutti i livelli della vita amministrativa della Regione Autonoma.
3. Riconoscimento delle radici culturali e nazionali plurime della Regione Autonoma.
4. Smilitarizzazione della Regione Autonoma.
5. Presenza di una forza di polizia europea con compiti di protezione delle minoranze e di tutela del patrimonio e delle identità storico, culturali, religiose della regione.
6. Libertà di circolazione e abolizione dei visti verso l'Unione Europea e i paesi confinanti.
7. Istituzione di una Commissione per la verità e la riconciliazione che affronti la questione degli scomparsi e della giustizia per le vittime.
8. Riconoscimento e garanzia effettiva del diritto al ritorno per tutti coloro che risiedevano in Kosovo prima del 1999 e istituzione di un fondo, stanziato dall'Unione Europea, per sostenere gli sfollati che scelgono di non rientrare in Kosovo.
9. Definizione delle controversie tra Belgrado e Pristina sui beni e i diritti delle proprietà appartenute alla Federazione Jugoslava o alla Serbia, con l'intervento risarcitorio della comunità internazionale.
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