16 maggio 2012
curato da Fabrizio Caramagna
casa editrice: Genesi
anno di pubblicazione: 2012
collana: Aforisticamente
pagine: 224
prezzo: 20,00 euro
traduzione di Olja Arsic
L’aforisma satirico è uno dei generi letterari più diffusi nella cultura serba. Negli ultimi due secoli diversi autori si sono distinti per i loro aforismi, ma la parte più importante della produzione aforistica serba si è manifestata negli ultimi quattro decenni. Durante gli anni sessanta e settanta sotto il regime comunista di Tito, ci sono state personalità di spicco (Brana Crnčević, Duško Radović, Vladimir Bulatović Vib, Pavle Kovačević) ma è a partire dagli anni ottanta (dopo le ultime convulsioni del comunismo in seguito alla morte di Tito e l’affiorare delle prime ombre della guerra civile) che si forma un intero movimento di scrittori di aforismi.
Agli inizi degli anni ottanta, sotto la pressione degli avvenimenti politici e sociali, nasce infatti il Circolo Aforistico di Belgrado (in serbo Beogradski aforističarski krug), come associazione spontanea di scrittori e aforisti accomunati dalla satira contro lo Politica vista come il Male assoluto. Il Circolo Aforistico di Belgrado comincia ad espandersi e a diffondersi ben oltre i confini di Belgrado fino a Novi Sad, Užice, Kragujevac, coprendo alla fine tutto il territorio della Serbia.
Negli anni novanta, sotto i colpi della guerra civile, il Circolo Aforistico di Belgrado, con il suo humour e la sua satira “sovversiva”, diventa l’arma più adatta e, allo stesso tempo, più letale nella lotta contro la lingua orwelliana propagandistica e guerrafondaia del regime serbo, contro la visione quasi kitsch della guerra patriottica, contro il lavaggio del cervello delle coscienze che avveniva tramite i tanti influenti mezzi di comunicazione di massa, soprattutto la potente Televisione di Stato serba (RTS). L’aforisma è il miglior mezzo per riuscire a smascherare le vere intenzioni del regime serbo, denudando e ridicolizzando i politici, gli pseudo-intellettuali, i patrioti professionali e altri creatori del discorso militante.
Uno dei fondatori e soprattutto una delle anime spirituali del Circolo Aforistico di Belgrado è Aleksandar Baljak. Aleksandar Baljak, che ha guidato il Circolo Aforistico di Belgrado in qualità di presidente fin dai primi anni ottanta, è stato uno dei più attivi promotori di iniziative ed eventi legati all’aforisma nel corso degli ultimi trenta anni. Se gli scrittori di aforismi in Serbia hanno preso coscienza di se stessi in quanto movimento, uno dei meriti va sicuramente a lui. Una delle date che segnano l’aforisma in Serbia è il 1792, anno in cui viene pubblicata la prima silloge aforistica da parte di Mihailo Maksimović, Piccolo abbecedario per bambini grandi, un’altra data importante è il 1987, anno in cui Baljak pubblica l’antologia Istorija afokalipse (“Storia dell’afocalisse”, dove si coglie il gioco di parola tra aforisma e apocalisse). L’antologia – che comprende non solo aforisti, ma anche scrittori, pubblicisti, satirici – i cui motti di spirito vengono qualificati a posteriori come aforismi – ha avuto la particolarità di includere e riunire autori condannati alla macchia, permettendo a loro di uscire allo scoperto e di leggersi a vicenda. L’antologia ha così creato la consapevolezza di un movimento aforistico in chiave anti regime.
In nessun altro paese di Europa, negli ultimi venticinque anni, l’aforisma ha avuto una diffusione così vasta come in Serbia. Non c’è giornale o rivista letteraria che non abbia dedicato uno spazio all’argomento, non si contano i reading in piazza, le letture alla radio e i premi letterari aventi come oggetto l’aforisma, mentre il più importante evento, il Satira Fest, che si svolge a Belgrado ad ottobre e dura almeno un paio di giorni, raccoglie sempre una enorme folla di partecipanti e lettori. Addirittura è stato prodotto un film aforistico, un unicum nel panorama cinematografico internazionale. Il film in questione è opera di uno dei più conosciuti registi serbi, Boris Mitić, e si intitola “Doviđenja, kako ste?” (“Goodbye, How are you?”), un film-documentario della durata di 60 minuti su “un eroe del nostro tempo che sarebbe pronto a morire per credere in qualcosa ma che non crede più a niente”. Boris Mitić descrive gli effetti della guerra e della corruzione serba attraverso un linguaggio cinematografico originale, che raccoglie i migliori aforismi politici della vita serbo e jugoslava degli ultimi cinquanta anni mescolandoli in un collage di immagini sorprendenti.
I temi dell’aforisma serbo contemporaneo sono strettamente legati al contesto politico e sociale di questi ultimi venticinque anni: il destino e il declino del comunismo, la guerra civile e il genocidio, la corruzione, il culto della personalità, la censura e il lavaggio delle coscienze attraverso i mezzi di comunicazione di massa, la crisi economica e la perdita del potere d’acquisto della classe media. Gli scrittori di aforismi creano attorno a questi temi un teatro di personaggi, di oggetti e di situazioni allegoriche che rappresentano emblematicamente non solo la situazione sociale e politica in cui vivono, ma più generalmente la condizione metafisica e ontologica dell’uomo, dominato dall’ipocrisia, dalla stupidità e dalla mancanza di qualsivoglia senso etico.
Gli “eroi” negativi che compaiono negli aforismi sono figure conosciute al pubblico serbo. Sono politici di primo piano, leader di partito, ministri e amministratori, criminali di guerra e killer, poliziotti e generali, esponenti dei media, magnati e giudici che per due decenni hanno condotto la Serbia verso la rovina. Tuttavia essi compaiono negli aforismi in modo spesso cifrato, tra le righe, così da sfuggire alle maglie della censura. Come scrive bene Vitomir Teofilović: “Utilizzando la differenza tra la carta d’identità ufficiale del regime e il suo aspetto reale, tra la facciata e la rozza realtà, tra le parole e i fatti, tra il significato fittizio e quello reale del valore del regime, l’aforisma era protetto perché il destinatario non si doveva riconoscere – in tal caso l’ideale riconoscerebbe se stesso come uno pseudo-valore, l’angelo sarebbe identificato con il diavolo. In questo gioco tra il riconoscersi tacito e il non riconoscersi pubblico, tra la tragica realtà sociale e il suo riscontro pubblico idilliaco, tra la brutta realtà e la finzione ideale, l’aforisma ha trovato il suo spazio”.
Soffermandosi sulla parabola della Serbia dal collasso del comunismo verso la metà degli anni ottanta all’impoverimento economico e alla crisi finanziaria del nuovo millennio, gli aforisti descrivono non solo la condizione della Serbia, ma l’intera condizione umana. Loro bersaglio non è questo o quel sistema politico, ma il meccanismo di ogni sistema autoritario, non questa o quella morale, ma un mondo privo di moralità, non questa o quella assurdità e follia, ma la stessa assurdità e follia del reale.