Prijedor, cittadina bosniaca celebre per la leggendaria battaglia del Kozara del 1942, sale alla ribalta della cronaca internazionale esattamente cinquant’anni dopo per le terrificanti immagini dei corpi emaciati dietro al filo spinato di un campo di concentramento. È solo la punta dell’iceberg di un progetto politico iniziato con l’occupazione militare della città da parte dei nazionalisti serbi, nella notte del 30 aprile 1992 . L’obbiettivo è quello di “pulire” la città da tutto ciò che non è serbo. Strumento non secondario di questa brutale campagna militare sono i media locali (“Kozarski Vjesnik” e “Radio Prijedor”), ai quali viene affidato il compito di distruggere la tradizionale convivenza tra cittadini attraverso la costruzione dell’«immagine del nemico» e traghettare la città verso una nuova identità etnicamente pura. Un’escalation di violenza di massa che provocherà la fuga e la deportazione di centinaia di migliaia di cittadini, l’internamento di oltre 5.000 persone, l’uccisione di oltre 3.000 individui, la distruzione di interi villaggi e l’imposizione di una memoria pubblica unilaterale e negazionista.
Simone Malavolti (Firenze, 1976) storico dei paesi jugoslavi e dei Balcani occidentali nell’età contemporanea ha conseguito un primo dottorato di ricerca presso l’Università di Perugia e un secondo presso l’Università di Firenze. Ha pubblicato saggi e articoli sulla storia della Croazia, della Bosnia-Erzegovina, della Jugoslavia, delle guerre degli anni novanta e sul Confine orientale italiano su numerose riviste e in opere collettanee. Collabora con l’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’età contemporanea ed è presidente dell’Associazione pAssaggi di Storia con la quale promuove progetti didattici per insegnanti e studenti.