17 novembre 2008

La giornalista Alda Radaelli racconta la dura e provante esperienza di assedio di Sarajevo vissuta personalmente tra il 1992 e il 1995. Un libro dedicato a chi tuttora ha nostalgia dello "spirito di sarajevo" e lo vuole ritrovare

Vivere con la popolazione assediata, sotto le bombe e con la fame: è quanto ha fatto la giornalista Alda Radaelli a Sarajevo tra il 1992 e il 1995. Il risultato di questa dura e provante esperienza è Sabur, un affresco impedibile di una guerra sporca che ancora oggi condiziona gli equilibri europei. Il titolo del libro, Sabur, è una parola bosniaca, di origine ottomana, che l'autrice ha appreso a Sarajevo e che significa tolleranza, pazienza, autodisciplina. Ed è quanto ha aiutato gli abitanti della città a vivere l'assedio. Sarajevo è un caso emblematico che incombe come una spada di Damocle su tutti noi europei.
Il volume è arricchito da un postfazione del fotoreporter di guerra Mario Boccia, la cui visione della guerra e dell'assedio è diversa da quella esposta dalla Radaelli, e la cui testimonianza è stata accolta tra le pagine di Sabur proprio per dimostrare che è la civiltà dello scambio di opinioni a dover prevalere, anche e soprattutto tra coloro che vedono nelle cose sfumature diverse.

Alda Radaelli si occupa di giornalismo e fotoreportage sul tema dei diritti umani. Ha una lunga dimestichezza con la ex Jugoslavia e l'Albania, da dove nel 1965 ha pubblicato i primi reportage per Il Giorno. Ha vissuto dentro la città di Sarajevo dal 1993 al 1997, nel corso e dopo la fine dell'aggressione alla Bosnia. Ha pubblicato "Sarajevo, la dimensione del sogno" nel 1996 e "Sabur" nel 1997.
Sabur, Racconti d'amore e di massacro
di: Ala Radaelli
anno di pubblicazione: 2008
casa editrice: Infinito Edizioni