12 febbraio 2011
di Miro Tasso
casa editrice: Mladika
anno di pubblicazione: 2010
pagine: 192
prezzo: 14,00 euro
introduzione di Boris Pahor
Nella provincia di Trieste lo Stato fascista attuò una capillare italianizzazione dei cognomi stranieri che alterò la locale struttura onomastica e i cui effetti si possono constatare anche ai giorni nostri: basta scorrere una qualsiasi guida telefonica e si noteranno numerosi cognomi di grafia italiana che sono invece di tutt’altra origine, generalmente slovena.
Il tutto rientrava in un disegno di uniformità nazionale imposto dall’alto che cercava di occultare le tracce della diversità rappresentata da comunità e da culture potenzialmente non omologabili. La specifica operazione partì dalla prefettura della provincia di Trieste sulla base di un regio decreto del 1927 e coinvolse almeno cinquantamila persone soltanto nella città adriatica.
Il libro, che è suddiviso in cinque capitoli, non è un saggio storico, bensì una storia di cognomi ambientata a Trieste a partire dagli anni immediatamente successivi alla conclusione del primo conflitto mondiale, per arrivare alla fine del regime fascista.
I dialoghi sono frutto di immaginazione, ma il loro contenuto è autentico perché ricavato da fonti archivistiche e bibliografiche trascritte in chiusura dell’opera.
Una dettagliata analisi degli specifici provvedimenti che vennero messi in atto è riportata nella postfazione finale e ad essa seguono le schede biografiche dei protagonisti della vicenda, nonché l’elenco dei cognomi cambiati nel comune di Trieste.
In appendice sono pubblicati alcuni decreti di italianizzazione dei cognomi nell’allora Provincia di Trieste.