Che cosa hanno rappresentato gli anni Ottanta in Romania per chi allora era bambino, adolescente, studente? Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

14/02/2011 -  Caterina Tognazzo

E’ possibile guardare agli ultimi dieci anni della dittatura romena con sguardo nuovo, critico, ma al contempo tenero? Che cosa hanno rappresentato gli anni Ottanta in Romania per la generazione più giovane, costituita da coloro che erano in quegli anni bambini, adolescenti, studenti e che quindi ricordano il Comunismo come un’esperienza personale?

Il lavoro qui presentato ten

ta di rispondere a queste domande.

Negli ultimi anni, infatti, in Romania, come in altri paesi dell’Est Europa si assiste ad un fenomeno curioso in cui, la generazione di intellettuali che, nell’ ’89 era poco più che adolescente, cerca di recuperare e fare i conti con il passato recente della Romania: i membri di questa generazione, infatti, diversamente dai loro genitori o dai loro fratelli maggiori, non erano rimasti implicati in alcun modo nelle maglie del sistema e del regime totalitario.

A portare avanti l’operazione di analisi-recupero, non sono gli storici (il recente passato romeno pare essere infatti una ferita ancora aperta), ma giovani registi attraverso alcuni film, quali: 4 luni, 3 săptămîne şi 2 zile [4 mesi, 3 settimane e 2 giorni] di Cristian Mungiu; Cum mi-am petrecut sfârşitul lumii [Come ho trascorso la fine del mondo] di Cătălin Mitulescu; Amintiri din epoca de aur [Racconti dell’età dell’oro] di Cristian Mungiu, Răzvan Marculescu, Constantin Popescu, Hanno Höfer, Ioana Uricaru, più un quarto film Niki Ardelean, colonel în rezervă [Niki e Flo] del grande maestro Lucian Pintilie, nonché alcuni scrittori e critici letterari con le loro opere: Tinereţile lui Daniel Abagiu [La giovinezza di Daniel Abagiu], romanzo di Cezar Paul-Bădescu; În căutarea comunismului pierdut, saggio di Paul Cernat, Ion Manolescu, Angelo Mitchievici, Ioan Stanomir e O lume dispărută – Patru istorii personale urmate de un dialog cu H.R.Patapievici degli stessi quattro autori.

Il mio lavoro offre dapprima una introduzione storica, presenta attraverso schede ciascuna opera e gli autori e, infine, analizza trasversalmente i temi comuni o ricorrenti in esse.

Un primo elemento comune è la possibilità di guardare con occhi diversi agli anni Ottanta in Romania. Infatti per questi autori l’Età dell’oro di Ceauşescu, coincide con l’Età dell’oro della propria infanzia e adolescenza e utilizzare il racconto cinematografico o letterario per descrivere quest’Epoca equivale a riappropriarsene. E’ secondo me possibile notare un desiderio di poter guardare al passato con un certo distacco, ma anche un’infinita tenerezza, la stessa che potrebbe caratterizzare ciascuno di noi nel ripensare alla propria infanzia o prima giovinezza. Viene meno infatti l’aspetto prettamente storico della dittatura comunista, per lasciare emergere quello personale: alcune opere lasciano comunque intravedere la drammaticità di talune esperienze ( “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” è decisamente poco ironico), ma prevale l’aspetto individuale della vicenda, di chi è vissuto in quel mondo “come un pesce nell’acqua”.

Le opere di cui mi sono occupata tendono ad evidenziare ad esempio una serie di oggetti “tipici” del socialismo: le divise da pioniere, le sigarette Kent, così come viene spesso sottolineato l’aspetto della vita scolastica e sociale con una sorta di nostalgia da parte degli autori. Uso volutamente il termine “nostalgia” che però non deve essere confusa con quella che potrebbero provare ad esempio i genitori di questi autori, magari perché impoveriti nel dopo Rivoluzione: si tratta infatti di una nostalgia rivolta non all’ideologia, al regime o alla società comunista, ma semplicemente nei riguardi della propria giovinezza. L’operazione di recupero degli oggetti-simbolo, non è in fondo molto diversa da quella che ogni generazione in ogni contesto geografico e sociale fa con i propri: solo che per questa generazione assume una connotazione particolare perché permette loro di recuperare il proprio passato liberamente, senza condizionamenti di natura politica o storica.


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