Viaggio nei Balcani - Daniele Dainelli

In questa tesi di laurea si analizza il “Regional Housing Programme” (RHP) inIziativa sostenuta dalla comunità internazionale per dare una casa, a vent'anni dalla dissoluzione jugoslava, a chi non ce l'ha ancora. Riceviamo e pubblichiamo

18/05/2015 -  Assunta Soldovieri

‘“C’era una volta la mia Casa. La ricerca di un lieto fine attraverso la cooperazione regionale’ parte dalla conoscenza critica del passato per poi svilupparsi in un’analisi del presente che ci permette di volgere uno sguardo pieno di speranza al futuro del sud-est europeo.

I Balcani occidentali da secoli sono stati dilaniati da guerre intestine e di conquista che hanno portato a separazioni etniche ed ostilità tra le diverse popolazioni che vi risiedevano. A seguito della Seconda guerra mondiale un forte punto di svolta viene dato dall’ascesa di Tito e dalla sua politica ‘Bratstvo i Jedinstvo’ (Fratellanza e Unità).

Il Maresciallo si rese conto della potenziale minaccia proveniente dalle diverse etnie che si trovavano a convivere nello stesso territorio, ma al contempo non poteva chiudere gli occhi dinanzi all’importante ruolo che le appartenenze nazionalistiche ricoprivano per le varie popolazioni. La tattica attuata dal Partito Comunista Jugoslavo si rivelò vincente. Ad ogni nazionalità – minoranze comprese – venne garantita pari dignità, autonomia decisionale e rappresentanza istituzionale, ma stando attenti a non permettere a nessun gruppo di prevalere.

Questo portò equilibrio ed armonia nella regione; tuttavia, le conquiste di Tito cominciarono ben presto a vacillare in seguito alla sua morte. Spinte nazionalistiche si diffusero in tutta la regione. Le ambizioni di dominio del presidente Milošević da una parte e le spinte separatiste delle varie Repubbliche dall’altra, portarono allo scoppio della guerra civile che ha dilaniato i territori appartenenti all’ex Federazione jugoslava attraverso scontri e “pulizia etnica”.

Serbi, croati e bosniaci, che avevano imparato sotto il governo di Tito a vivere pacificamente, venivano aizzati gli uni contro gli altri dai rispettivi governi. Questo particolare lavoro si concentra sugli oltre 2.7 milioni di persone che, durante il conflitto, sono stati costretti a lasciare la loro casa, sia in senso fisico che lato, voltando le spalle al proprio passato, ai propri affetti e cercando rifugio altrove, sia all’interno della regione che oltre i suoi confini. Anche in seguito agli accordi di Dayton del 1995, che segnavano la fine formale del conflitto, i milioni di profughi si sono trovati senza un posto fisico a cui tornare: molti edifici erano stati distrutti dai bombardamenti o occupati da famiglie appartenenti all’etnia di maggioranza del luogo.

Un’analisi delle politiche messe in atto nei vari Paesi ha mostrato come le discriminazioni hanno continuato a prevalere in tutta la regione e questo ha ostacolato il ritorno dei rifugiati. Tuttavia, passi avanti sono stati fatti dal 2010 ad oggi: Serbia, Croazia, Bosnia Erzegovina e Montenegro hanno iniziato a collaborare per implementare una politica comune in modo da garantire il diritto di ritorno a coloro che non hanno ancora potuto riappropriarsi delle loro abitazioni. RHP –Regional Housing Programme– è il nome del nuovo progetto di cooperazione regionale che ha avuto formalmente inizio nel 2012 e si estenderà per 5 anni andando a beneficiare circa 74.000 individui. A distanza di un anno, i risultati ottenuti sembrano dare speranza per una definitiva risoluzione di questo problema pluridecennale, ma nuove e più approfondite analisi si riterranno necessarie in seguito alla conclusione del programma.


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