La geopolitica analizza il rapporto esistente tra i fattori geografici e quelli politici. E' da quest'ottica che in questa tesi di laurea si analizza la crisi Ucraina
Le probabilità e le modalità con le quali si possono intrecciare i destini di due o più paesi sono infinite. Scambi commerciali, flussi migratori, trattati politici, lingua, tecnologia, religione, guerra, pace, sono solo alcune delle tematiche più discusse nell’agenda delle relazioni estere fin dall’inizio dei tempi.
La politica internazionale rappresenta un vaso di Pandora, in cui i demoni della world society vengono domati o fomentati dalla geopolitica. La geopolitica è una disciplina che analizza il rapporto esistente tra i fattori geografici e quelli politici, ed è bene non confondere tale definizione con il concetto di geografia politica, che si occupa principalmente dell’aspetto strategico.
Nel caso del presente lavoro si fa riferimento a entrambi i concetti. Nel primo capitolo è effettuato un inquadramento geopolitico dell’area di interesse, sia con un excursus storico ma soprattutto geografico, perché come insegna Spykman “i ministri vanno e vengono, persino i dittatori muoiono, ma le catene montuose restano salde e incrollabili al loro posto”.
Questo passaggio iniziale è di notevole importanza poiché rappresenta la base dell’analisi proposta, per una migliore comprensione degli interessi di varia natura che confluiscono in zone come la Crimea e l’Ucraina.
Gli antefatti storici, che hanno visto la Crimea nel ruolo di abituale protagonista in alcuni dei momenti più importanti del passato, mettono in risalto un duplice aspetto di questa penisola una volta appartenuta all’Ucraina: la sua importanza geografica e soprattutto la sua composizione etnica. Queste caratteristiche portano alla luce profonde divergenze, confermate da un’attenta analisi del territorio. In questo caso lo sguardo punta più a est, sulla traiettoria del confine russo-ucraino, talvolta creando e rimodellando la carta geografica. L’inquadramento storico e quello geografico, sono una porta d’accesso per la comprensione della crisi in Crimea e dei conflitti che, fin dalla nascita dello stato ucraino, pervadono queste zone.
Nel secondo capitolo, grazie all’ausilio di adeguati software, è messa in risalto l’esistenza di molteplici Ucraine. L’Ucraina di etnia autoctone, quella di etnia russa, quella del quadrivia religioso, quella del settore energetico e quella linguistica. Le analisi sono state svolte su cartografie create ad hoc grazie alla tecnologia GIS, che si basa su un sistema di banche dati, hardware, software, ed organizzazione che gestisce, elabora ed integra informazioni su una base geografica.
Nel caso specifico si è proceduto spesso a georeferenziare le informazioni di nostro interesse, organizzandole in tabelle e associandole ai dati geografici di base. Questo lavoro è stato svolto a supporto di un’approfondita analisi del territorio. A titolo di esempio è riportata una delle cartografie elaborate nel lavoro di tesi (vd. figura 1 - zone commerciali/industriali dell’Ucraina).
Interpolando i dati etno-linguistici ricavati grazie al censimento ucraino del 2001 e i dati relativi all’uso suolo di tipo commerciale/industriale si può provare scientificamente la corrispondenza fra le attività del settore secondario e un’elevata presenza di russi e russofoni. Le zone così individuate corrispondono con: Kiev, Kharkiv, Donets’k, due in Dnipropetrov’k e Crimea.
Su tale cartografia è stata compiuta un’ulteriore analisi applicando la teoria dei baricentri. Assegnando un peso a ciascuna macroarea sulla base delle attività ivi presenti (e eliminando i dati con un’eccessiva dispersione spaziale), con un’operazione di calcolo si è ricavato il punto ideale dove si possono immaginare concentrate tutte le attività economiche e industriali dell’Ucraina. Tale punto ricade nel territorio di Zaporizhzhia, zona che presenta un’elevata concentrazione di russi in suolo ucraino, oltre ad avere la centrale nucleare più grande d’Europa. Ciò dimostra - a prescindere dal grado di dettaglio della carta - che il centro ideale delle attività ricade nella zona a maggioranza filorussa.
È inoltre messo in evidenza che la penisola di Crimea ha una massima corrispondenza a parità sia di presenza russa sia di attività del settore secondario, quindi una notevole vicinanza alla Russia sia economica che etno-linguistica. Dall’analisi effettuata dunque è palese che la crisi fosse inevitabile, come evidenziato dall’incrocio dei dati.
La situazione attuale, a lungo dibattuta su riviste accreditate e in conferenze ad hoc, è il risultato dell’implosione di questioni ben più profonde, di natura identitaria prima ancora che economica.
Nell’ultimo capitolo, il lavoro è concentrato sulla trattazione delle strategie adottate dagli attori protagonisti della crisi. Dunque si pone un accento sui percorsi politici effettuati dalla Russia e dall’Occidente. Gli sviluppi di piazza Majdan, il referendum nel marzo 2014, i rapporti russo-europei e sino-russo, le nuove rotte del Cremlino e il percorso effettuato dalla caduta dell’URSS fino ai giorni nostri, che sono solo alcune delle tappe compiute dal “gigante delle steppe”, evidenziando una crescita e una rilettura delle proprie politiche, pur rimanendo fedele alle proprie origini. Negli anni si è dato l’incipit alla creazione di una nuova identità nazionale, supportata dalla geopolitica teorica dell’eurasianismo e del neoeurasianismo grazie all’approccio di Gearòid Ó Thuathail, Vladimir Kolossov e John O’ Loughlin, quasi una profezia del repentino cambiamento della tattica moscovita nelle relazioni con paesi vicini e lontani. La Russia si risveglia dopo un periodo di tacito letargo, con i mezzi necessari a portare avanti i propri interessi in tutto il mondo, non solo con i paesi limitrofi. Da molto tempo gli Stati Uniti - con il conseguente appoggio dell’Unione Europea - stanno portando avanti un braccio di ferro con la Federazione Russa. Un botta e risposta che condurrà a notevoli sconvolgimenti geopolitici.
Ancora una volta la piccola Russia è al centro del grande scacchiere internazionale e la sua scelta di seguire la traiettoria atlantica in base agli accordi presi con l’unione Europea, è una decisione che non potrà allontanare del tutto Mosca da Kiev. Non si può accantonare il loro legame storico-culturale. Dal canto suo Putin non ha dato segni di cedimento dimostrando grande abilità e sangue freddo, anche nell’uso dell’hard power, com’è accaduto durante la crisi in Crimea. Con la neoannessione della penisola, la Russia si allunga attraverso lo stretto di Kerč controllando il mar di’Azov, dunque una zona strategica per i flussi commerciali; ma soprattutto il territorio si trasforma in un vero e proprio avamposto nel mar Nero non più sotto la legge ucraina. La comunità internazionale non è intenzionata a cedere totalmente la sovranità ai russi, benché si riscontrino pareri molto vari a riguardo. Il Cremlino ha sempre adottato un approccio coerente nella politica estera e ciò è visto positivamente da alcuni attori internazionali.
La vicenda della Crimea per Pechino, ad esempio, è in linea con la propria politica interna, considerando deplorevole la precedente cessione di Krusciov. Un simile atteggiamento da parte di un vicino ritenuto autorevole nella società internazionale deve far riflettere. Come nelle glorie passate, le guglie del Cremlino arrivano fino in Crimea, ravvivando le tradizioni storiche moscovite. Ora che le lancette di Simferopoli segnano lo stesso orario di Mosca, in Occidente si è avviato il countdown per le trattative sulle forniture di gas. Questo è solo uno degli aspetti della nuova politica russa, che in poco tempo è riuscita a mettere in crisi l’apparente compattezza dei paesi occidentali. Si è verificato un vero e proprio cambio di rotta rispetto al passato. Si abbandona la contrapposizione est-ovest stile anni Settanta, eppure si parla ancora di Occidente come di un blocco unico. La Russia ha fatto monito dell’esperienza passata. Il multilateralismo degli ultimi anni e i recenti avvenimenti, prospettano nuovi scenari e nuovi attori protagonisti che metteranno in difficoltà l’onnipresenza statunitense e l’economia europea
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