L'analisi della storia recente e delle prospettive future per la Georgia. Riceviamo e pubblichiamo questa tesi di Francesco Trecci
di Francesco Trecci
Attraverso questa mia ricerca ho cercato di portare alla luce la storia e le cronache del periodo più recente della Georgia. Un decennio che ha segnato profondamente, nel bene e nel male, la vita dei georgiani. A conclusione del lavoro è possibile fare un breve bilancio e vedere quali possano essere le prospettive per questo piccolo ma tenace ed orgogliosissimo tassello del delicato mosaico caucasico.
Il 1991, l'anno dell'indipendenza, poteva essere per i georgiani l'inizio di un periodo fecondo, per ritrovare la loro libertà e la loro indipendenza dopo settant'anni. Tragicamente, il 1991 e gli anni a seguire registrano invece una pesante crisi economica e politica. La Georgia, che nel periodo sovietico ospitava migliaia di turisti e visitatori di tutta l'Unione, che aveva a Tiblisi un'élite politico-culturale progressista, nel biennio 1991-93 viene completamente travolta da conflitti e crisi democratiche.
Con l'arrivo di Shevarnadze si assiste ad una risalita, lenta ma costante, senza tentazioni nostalgiche. La seconda metà degli anni Novanta vede finalmente il silenzio delle armi, la nascita di un dialogo con le minoranze e il rafforzarsi della democrazia nel paese. La situazione economica è migliorata, nonostante ci siano ancora molti problemi, senza dubbio si può affermare che il paese è uscito dall'emergenza e può pensare più serenamente al suo avvenire.
Ho riportato, a seguire, due prospettive alternative del futuro della nazione georgiana, due diverse concezioni della politica estera e del collocamento del paese che dividono la politica georgiana. La prima prospettiva è quella incarnata dal presidente Shevarnadze e dalla stragrande maggioranza del ceto politico-intellettuale: l'avvicinamento e l'ingresso in Europa, l'alleanza con l'Occidente. L'altra prospettiva è completamente opposta: è portata avanti dal presidente dell'Adiarija Abasidze, che propone un nuovo patto con la Russia. Una rilettura della storia e la volontà di stringere un patto "democratico" con Mosca.
Fin dal suo insediamento, Shevarnadze ha cercato un contatto positivo con i paesi europei e gli Stati Uniti. Gli aiuti economici del FMI e della BM hanno vincolato la Georgia ad un completo passaggio ad una economia liberista. Fin dal 1994, i governi che si sono succeduti hanno portato avanti alleanze, partenariati, accordi economici con l'Occidente. L'élite al potere nel Paese crede fermamente che il benessere economico e la stabilità possano venire solo da ovest, la classe dirigente incarna il sentimento anti-russo che è strisciante tra i georgiani. Ovviamente il processo di occidentalizzazione è molto lungo e complesso, la ricerca di un'alleanza militare con la Nato è già in corso, ma la prospettiva dell'ingresso nell'Unione Europea è un traguardo ad oggi quasi irraggiungibile o, comunque, non a portata di mano.
Fino a qualche anno fa pareva impensabile che nella politica georgiana si riaffacciasse l'ipotesi, seppur minoritaria, di un nuovo patto politico, economico e militare con Mosca. Il governo Gamsakurdjia, come abbiamo avuto modo di vedere, in nome di un nazionalismo tenuto represso per troppi anni, isolò il paese ma soprattutto ruppe in maniera profonda ogni legame con la Russia.
Shevarnadze ha creato le condizioni per un ristabilimento di relazioni civili con Mosca, i rapporti tutto sommato sono tornati normali.
Allo stato attuale, la Georgia sembra molto più propensa ad indirizzarsi sulla prima prospettiva.
A differenza del passato, però, questa volta sarà il popolo georgiano a scegliere il proprio futuro. Infatti, a piccoli passi la democrazia georgiana si sta rafforzando. La dialettica politica si fa sempre più vivace, si manifesta un vivo pluralismo, la magistratura tende a smarcarsi dal potere politico, lentamente si sta formando una coscienza civile condivisa. Pace democrazia e benessere non si raggiungono di colpo, necessitano anzi di un paziente, talvolta defatigante, impegno quotidiano.
"Nel farsi di ogni avvenimento che poi grandemente si configura c'è un concorso di minuti avvenimenti, tanto minuti da essere a volte impercettibili, che in un moto di attrazione e di aggregazione corrono verso un centro oscuro, verso un vuoto campo magnetico in cui prendono forma: e sono insieme, il grande avvenimento appunto. In questa forma, nella forma che insieme assumono, nessun minuto avvenimento è accidentale, incidentale, fortuito: le parti, sia pure molecolari, trovano necessità -e quindi spiegazione- nel tutto, e il tutto nelle parti" (L. Sciascia, L'affaire Moro, Sellerio, Palermo, 1978, pag. 31.)
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