Gli Accordi di Dayton hanno dettato le linee guida per la ricostruzione della Bosnia Erzegovina. Un'analisi dello sviluppo del paese dalla fine del conflitto ad oggi, tra divisioni interne e integrazione europea. Una tesi di laurea
di Francesco Gradari
Non vi sono dubbi sul fatto che Dayton abbia avuto un valore più ampio della fine dei combattimenti in Bosnia Erzegovina (BiH). A livello regionale, l'Accordo ha consacrato la dissoluzione dello spazio jugoslavo, permettendo così alle disuguaglianze socio-economiche e alle tensioni etniche già esistenti all'interno della Federazione di ampliarsi. L'importanza di Dayton supera pertanto il semplice contesto bosniaco, e anche per questa ragione non si è mai riusciti a dar vita ad una revisione formale di tale accordo. A livello locale, inoltre, Dayton non ha rappresentato un semplice accordo di pace contenente, come avviene di solito, un cessate il fuoco e la demarcazione dei confini. Il testo dell'accordo, infatti, racchiude anche i principi generali del funzionamento dello Stato e le linee guida della ricostruzione del paese.
Riconoscendola come Stato unitario composto tuttavia da due Entità, Dayton fa della BiH lo stato più decentralizzato al mondo. La Republika Srpska e la Federazione della Bosnia Erzegovina, infatti, sono separate da una Inter-Entity Boundary Line, la quale non può essere definita né come un confine internazionale né come un semplice limite amministrativo essendo le Entità dotate di vasti poteri e competenze.
Un bilancio estremamente sintetico del periodo postbellico non può non evidenziare il fatto che la BiH sembri sempre più il risultato di un'alchimia diplomatica che, se da un lato ha avuto il grande merito di fermare la guerra e di riconoscere la BiH all'interno dei suoi confini internazionali, dall'altro ha creato enormi problemi durante la fase di ricostruzione. Questa alchimia oggi ostacola pesantemente l'inserimento del paese nelle strutture euro-atlantiche.
Dal loro canto i donors, dati gli scarsi successi ottenuti nella normalizzazione del paese e la contemporanea apparizione di altre zone d'intervento su scala mondiale, hanno già ridotto il loro sostegno e mostrano una sempre maggiore volontà di fuga dalla BiH, sintomo di una più vasta volontà di fuga dai Balcani.
Al termine del conflitto, la BiH era un paese senza futuro. Nel 2005 per questo stesso paese esistono prospettive d'inserimento nell'UE e nella NATO. E' evidente, quindi, che la BiH di oggi non é più lo stesso paese del 1995. I progressi più consistenti che la BiH ha registrato in questo lasso di tempo riguardano principalmente, oltre al settore della ricostruzione materiale, quelli del ritorno di profughi e rifugiati, della gestione autonoma del processo elettorale e del rafforzamento dello Stato centrale. E' importante però sottolineare che in aggiunta all'arretratezza economica ereditata dal passato jugoslavo e ai problemi sorti con il conflitto - in particolare modo la rottura dei legami intercomunitari - oggi la BiH si trova a dover affrontare altre difficoltà generate dall'applicazione dell'Accordo di Pace. Tra queste la principale sembra essere la sindrome di dipendenza di cui il paese soffre nei confronti del sostegno politico ed economico della comunità internazionale.
Fino ad ora la debolezza delle istituzioni e dell'economia, la mancanza di un reale sostegno da parte della classe politica bosniaca al programma di riforme e, non da ultimo, l'assenza di collaborazione con il TPIJ, sono stati gli ostacoli più significativi nel cammino europeo del paese. Quest'ultimo era cominciato nel 1999 con il via libera di Bruxelles all'apertura del Processo di Stabilizzazione e Associazione per i paesi dei Balcani Occidentali. Dopo la redazione di una Road Map (2000) e la pubblicazione di uno Studio di Fattibilità (2003) da parte della CE, l'integrazione europea della BiH sembra essere oggi un processo bloccato, non riuscendo il paese a soddisfare le richieste di Bruxelles per l'apertura delle negoziazioni in vista della conclusione di un ASA. L'UE pretende dalla BiH la piena collaborazione con la comunità internazionale e il buon funzionamento del governo e delle istituzioni centrali, ma ciò è attualmente impossibile.
Il paese, infatti, è nelle mani dell'Alto Rappresentante - il quale guida il programma di riforme ma non può garantirne l'applicazione - e dei partiti nazionalisti che sostengono pubblicamente il rafforzamento dello Stato centrale ma, nei fatti, impediscono ogni alterazione dello status quo. Ciò nonostante, quelle dell'ingresso nell'UE e nella NATO sembrano essere le due sole prospettive di lungo termine per la BiH. Difficile però dire con certezza se e quando il futuro della BiH sarà all'interno dell'UE.
In quest'ultimi anni Bruxelles ha aumentato in maniera consistente il suo sostegno alla BiH, facendo sì che l'attuale assistenza comunitaria non si limiti più solamente all'aspetto finanziario, ma comprenda anche forme d'intervento e collaborazione politico-militari. Il bisogno di stabilità che proviene dai Balcani obbliga però l'Europa a riflettere sullo sviluppo ancora embrionale della sua politica estera e di sicurezza.
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