Il saggio di Alessandra Rognoni ricostruisce le vicende della deportazione del popolo ceceno ad opera del governo sovietico sulla base di numerose interviste a deportate raccolte a Mosca tra il 2004 e il 2006
Il 23 febbraio del 1944 migliaia di soldati dell'NKVD (Commissariato del Popolo degli Affari Interni) accerchiarono città e villaggi ceceni e nel corso di poche ore deportarono l'intera popolazione. Caricate su vagoni merci, in condizioni disumane, circa 500.000 persone furono trasferite nelle steppe dell'Asia centrale, dopo un viaggio che durò dalle tre alle sei settimane. Il motivo ufficiale fu l'accusa collettiva di aver collaborato con i nazisti durante l'occupazione del territorio sovietico. In realtà era solo un pretesto per eliminare una popolazione giudicata inaffidabile, che si era mostrata poco incline ad accettare il processo di "sovietizzazione" e ad abbandonare le proprie tradizioni culturali e religiose.
In questo saggio Alessandra Rognoni* si propone di ricostruire le vicende della deportazione della popolazione cecena e inguscia dando ampio spazio alla voce delle deportate sulla base di numerose interviste raccolte a Mosca tra il 2004 e il 2006. A tutt'oggi manca ancora un lavoro sistematico di raccolta testimonianze orali di chi, tra ceceni e ingusci, visse e subì la deportazione del 1944. La possibilità di parlare, e di scrivere, della deportazione si è verificata solo tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta. Prima di allora, la censura sovietica vietava qualunque riferimento alla deportazione, mentre, dopo il 1994, la guerra in Cecenia ha impedito qualunque tipo di ricerca scientifica.
Leggi l'intero saggio Fonte Università Ca' Foscari, Venezia
* Alessandra Rognoni, slavista, si è laureata a Milano in Lingue e Letterature straniere con una tesi sull'Associazione Memorial di Mosca. Ha terminato un dottorato di ricerca presso l'Università di Torino sulla deportazione di ceceni e ingusci. Si occupa di storia del Caucaso del nord e in particolare di storia della Cecenia.
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