Dalla dissoluzione della Jugoslavia si sono sviluppati molte relazioni tra i paesi di nuova indipendenza e l'Unione europea. In questa tesi di laurea venono guardati dal punto di vista del diritto comunitario. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Tesi di dottorato in diritto pubblico – diritto comunitario e dell’Unione europea di Deborah Grbac, discussa il 16 gennaio 2008 presso l’Université de Sciences sociales de Toulouse 1, Toulouse (Francia), École de doctorat en Sciences juridiques et politiques. In corso di pubblicazione da parte dell’Atelier national de reproduction des thèses, Université de Lille III, Lilla (Francia).
Dal momento della scissione dell’ex Iugoslavia, all’inizio degli anni novanta, esistono relazioni strutturate fra Unione europea e i paesi, allora di nuova indipendenza, collegialmente chiamati i “Balcani occidentali”.
Tali relazioni sono state pensate e gestite dall’Unione europea in base ad una logica di coerenza regionale che ha ricondotto al suo interno, non solo i paesi sorti dall’ex Iugoslavia: Croazia, Repubblica di Iugoslavia, diventata nel frattempo Repubblica di Serbia, Montenegro, ex Repubblica iugoslava di Macedonia e Bosnia Erzegovina, ma anche la vicina Albania.
Questa prospettiva allargata, chiamata “Approccio regionale” è stata sviluppata, a partire dalla metà degli anni novanta, sulla base di diverse iniziative che operano sia negli ambiti di azione più “comunitari”, a partire dalla suddivisione introdotta dal Trattato sull’Unione europea, come in quelli che all’epoca si riferivano alla nascente Politica estera dell’Unione europea.
Fra le iniziative del primo pilastro dell’azione della Comunità europea, una delle iniziative più interessanti è stata l’apertura commerciale del mercato interno comunitario alle merci provenienti dai paesi dei Balcani occidentali. In un primo tempo questa apertura ha avuto luogo attraverso la concessione di misure commerciali autonome, per passare, in un secondo tempo, ad accordi commerciali, il cui contenuto è stato incluso in una nuova generazione di accordi di associazione chiamati “Accordi di stabilizzazione e di associazione”.
Questi accordi costituiscono le fondamenta giuridiche del “Processo di stabilizzazione e di associazione” rivolto ai paesi della regione, che supera il precedente “Approccio regionale”. E’ a partire dal Vertice di Salonicco del giugno 2003, che lo scopo del Processo di stabilizzazione ed associazione é diventato quello di garantire ai paesi dei Balcani occidentali una prospettiva d’adesione concreta all’Unione europea. Questa prospettiva si declina attraverso gli strumenti messi a disposizione dal Processo chiamati «Partenariati europei».
In base al secondo pilastro dell’azione dell’Unione europea, dal momento in cui questa si è dotata di propri strumenti di politica estera, i Balcani occidentali sono diventati il terreno privilegiato di sperimentazione delle attività sviluppate in base alla Politica estera e di sicurezza comune e della Politica europea di sicurezza e di difesa.
Dalle azioni di «soft policy», condotte a partire dagli anni novanta, come le missioni di sorveglianza o l’adozione di sanzioni, si é passati alle missioni della Politica europea di difesa. Queste missioni, militari, di polizia e civili, contribuiscono, a seconda del loro grado di coinvolgimento, non solo al rafforzamento dell’autonomia e dell’indipendenza dei paesi ospitanti, ma assicurano anche, laddove necessario, la rappresentanza dell’intera comunità internazionale sul posto e la garanzia del rispetto degli accordi di pace. Infine, tali missioni sono una testimonianza concreta dell’azione esterna dell’Unione europea esercitata in quanto attore internazionale.
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