Decine di giornalisti hanno marciato ieri per le strade della capitale bosniaca in risposta alla violenta irruzione di alcuni hooligans negli uffici di Radio Sarajevo
Venerdì scorso, infatti, ultras del team locale, lFK Sarajevo, avevano letteralmente preso in ostaggio la redazione dell’emittente, minacciando di morte il personale se non avesse rimosso dal sito la notizia di un tifoso condannato a 5 anni di prigione in Bielorussia per possesso di cocaina.
I giornalisti bosniaci, dopo essersi riuniti di fronte alla sede della società di calcio (che ha condannato l’accaduto), si sono diretti verso gli uffici del Pubblico Ministero del Cantone di Sarajevo e infine verso il Parlamento, chiedendo maggiori garanzie per la professione e, in particolare, che gli attacchi alla stampa vengano considerati illeciti penali. Secondo i media bosniaci, nonostante un procedimento sia stato avviato nei confronti dei due sospettati, questi sarebbero già stati rilasciati.
“Questa manifestazione è per Gordana Katana, Meliha Smajkić, Vladimir Kovačević e per tutti gli altri colleghi che hanno subito attacchi negli ultimi anni”, ha affermato Faruk Vele di Radio Sarajevo . “Essere un giornalista in Bosnia è veramente dura e sta diventando sempre più difficile. Vogliamo dire allo stato: proteggici, abbiamo diritto al lavoro e alla libertà”.
Forte è stata la condanna da parte del rappresentante dell'OSCE per la libertà dei media, Harlem Desir, il quale ha esortato le autorità “a garantire che i giornalisti siano in grado di svolgere il loro importante lavoro in un ambiente sicuro”. Dello stesso avviso anche il capo della missione dell'OSCE in Bosnia, Kathleen Kavalec: "Deve esserci il diritto dei giornalisti di pubblicare notizie senza il timore di rappresaglie. Quando i giornalisti vengono messi a tacere, la società soffre”.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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