Da sei giorni Mauro Donato è in stato di fermo per un'accusa già smentita da numerosi testimoni. Il sindacato italiano e la Federazione internazionale dei giornalisti chiedono alle istituzioni nazionali, che stanno già seguendo la vicenda, di intensificare le pressioni per giungere a una rapida e felice soluzione della vicenda
Fonte: Fnsi
"La notizia del fermo del fotoreporter torinese Mauro Donato, da sei giorni bloccato in Serbia con un'accusa già smentita da numerosi testimoni, desta forte preoccupazione". È quanto affermano Associazione Stampa Subalpina e Federazione nazionale della Stampa italiana, che chiedono alle istituzioni italiane, che stanno già seguendo la vicenda attraverso l'ambasciata di Belgrado, di intensificare le pressioni sul governo serbo coinvolgendo anche le istituzioni europee affinché si possa giungere a una rapida e felice soluzione della vicenda.
"Conosciamo Mauro come un professionista serio, impegnato da tempo a documentare la sofferenza della centinaia di migranti bloccati sulla 'Balkan Route', attendiamo con ansia la sua liberazione vicini in questo momento difficile alla sua famiglia", conclude il sindacato.
Al fianco del fotoreporter anche la Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) che si unisce alla Fnsi nel sollecitare le autorità serbe a rilasciare immediatamente Mauro Donato e chiede "all'ambasciata italiana in Serbia e agli altri organismi internazionali di intensificare la pressione internazionale per liberare il nostro collega".
Donato, 41 anni, è accusato di violenze e rapina e si trova in prigione da venerdì scorso. Le accuse sono state smentite dai testimoni lunedì nel corso dell'udienza in tribunale. L'aggressione è avvenuta in un edificio abbandonato che ospita un centinaio di migrati nel villaggio di Sid, in Serbia, dove il fotoreporter si trovava con un collega per lavoro.
"I rapporti – spiega la Ifj – dicono che il fotoreporter è stato scambiato per il responsabile del furto di 300 dinari (nemmeno 3 euro) sulla base di una vecchia foto sul passaporto che oggi non gli somiglia più. Nonostante le testimonianze in suo favore, il giudice ha deciso di non rilasciarlo, mentre le indagini sono ancora in corso. Se dichiarato colpevole, potrebbe affrontare fino a 15 anni di carcere".
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto