Venerdì 23 novembre a Rimini si tiene l'evento "Landscapes. Balcani - fatti nostri", conversazione con i due giornalisti Marina Lalović e Gigi Riva e proiezione di una selezione di immagini della mostra attualmente in corso al MoMA di New York “Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia, 1948–1980”
I Balcani sono “fatti nostri”, di noi italiani ed europei. A partire da questa sintetica e provocatoria affermazione si avvierà una conversazione con Marina Lalović e Gigi Riva, venerdì 23 novembre, alle ore 18.30, presso Mijic Architects di Rimini (Corso d'Augusto, 185). Uno studio che da quindici anni è anche una finestra culturale sull'Europa, non solo per importanti mostre dedicate all'architettura, ma per incontri con autori e concerti con musicisti di fama internazionale.
Gigi Riva giornalista di L'Espresso e La Repubblica, che ha seguito le guerre balcaniche continuando a raccontare il successivo evolversi della situazione, ritiene che nei Balcani “Niente è concluso, tutto torna sempre a un eterno presente. La parola balcanizzazione andrebbe però aggiornata visti i conflitti simili trasversali a una fetta di mondo. Si possono proporre come sinonimi: italianizzazione, spagnolizzazione, inglesizzazione, belgicizzazione, persino statiunizzazione eccetera. In questo senso i Balcani hanno annunciato, come spesso nella storia, il futuro”.
Un contesto quindi complesso e per molti aspetti ancora turbolento, dove però non mancano segnali di dialogo, soprattutto sul versante culturale. A riguardo Marina Lalović, giornalista freelance di origine serba e apprezzata voce di Rai Radio Tre racconterà un “territorio politico frammentato e conflittuale, ma anche senza confini: la Jugosfera. E’ proprio in questo spazio che le persone dell’ex-Jugoslavia si uniscono grazie alla cultura comune che non vedono come una minaccia ma come strumento per un dialogo. Questo non significa abbracciare la jugonostalgia, ma sfruttare questa eredità dissonante e le risorse del presente per un dialogo necessario e inevitabile”.
Durante la serata verrà proietta una selezione di immagini tratte dal catalogo della mostra attualmente in corso al MoMA di New York, intitolata “Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia, 1948–1980”. Sarà questo un altro modo per esplorare una nazione allora in bilico tra l'Ovest capitalista e l'Est socialista, un'altra manifestazione della “radicale diversità, ibridazione e idealismo” che caratterizzò la Jugoslavia nella seconda metà del Novecento, utile comunque anche per comprendere i Balcani di oggi.
L’esposizione è composta da un'ampia gamma di materiali di approfondimento: più di 400 disegni, modelli, fotografie e filmati racconti in archivi pubblici, collezioni private e musei in tutta la regione, come scriveva Marco Abram, ricercatore di OBCT lo scorso 8 agosto:"Il visitatore potrà soffermarsi ad esempio sul piano per la ricostruzione di Skopje dopo il terremoto del 1963 e sulla progettazione di interi quartieri come Novi Beograd e Split 3. Scoprire edifici divenuti celebri come la biblioteca di Pristina e le strutture innalzate lungo la costa adriatica per sostenere lo sviluppo turistico nel paese, oppure apprezzare il design ormai iconico del kiosk jugoslavo. Protagonisti assoluti sono i grandi architetti e architette dell’epoca". Si parla di architetti come Bogdan Bogdanović, Juraj Neidhardt, Svetlana Kana Radević, Edvard Ravnikar, Vjenceslav Richter e Milica Šterić.
"I monumenti dedicati alla resistenza partigiana e alle tragedie della Seconda guerra mondiale naturalmente non mancano", scriveva Marco Abram, "ma promettono di trovare qui la necessaria contestualizzazione,tra funzioni politiche e commemorative, spinte intrecciate dall’alto e dal basso, ruolo dell’arte nel processo di rielaborazione del conflitto.
Guarda il video della presentazione della mostra "Toward a concrete utopia: architecture in Yugoslavia 1948-1980", tenutasi a New York il 10 luglio 2018