Cinque traghetti che ogni giorno, nel periodo estivo, collegano Bari a Durazzo, Albania. E spesso è difficile trovare un biglietto. Studenti, lavoratori, anziani. Breve cronaca del viaggio più comune tra gli immigrati che vivono e lavorano nel nostro Paese
I traghetti della linea Bari-Durazzo partono alle 23:00, ma già alle 19:00 il porto del capoluogo pugliese è stracolmo di gente e auto che attendono l'imbarco. Le macchine sono già sistemate in fila per cinque e aspettano il via libera, mentre gli altri passeggeri sono in attesa fuori all'entrata principale dell'edificio portuale.
All'interno invece, dove ci sono anche gli sportelli delle varie agenzie di viaggio, il flusso di chi va e viene è massiccio. Chi ha già il biglietto aspetta in una lunga fila per pagare la tassa d'imbarco di due euro. Ma sono in molti quelli che ancora non ne hanno trovato uno e lo cercano disperatamente. A gestire la fila c'è un giovane ragazzo di Bari che ogni tanto annuncia ad alta voce, in albanese, l'esaurimento dei biglietti: "S'ka bilete!".
Ma nessuno si scoraggia e la ricerca continua ancora. Agli sportelli dell'"Adriatica", un vecchio signore che dall'aspetto sembra essere sui 60 anni, prega una delle addette (anche lei albanese) di aiutarlo. "Dai, aiutami a trovare un biglietto - le dice - Sono anziano, viaggio da solo e ormai non so parlare più né in albanese né in italiano: l'albanese l'ho dimenticato con gli anni, l'italiano non l'ho ancora imparato". L'anziano tenta di tutto per guadagnare la simpatia della funzionaria, ma lei alla fine taglia corto: "Mi dispiace, ma ormai non ci è rimasto neanche un biglietto".
È la domenica del 31 luglio, uno dei giorni più affollati del periodo estivo che coincide con il grande flusso del ritorno a casa degli emigranti albanesi che vivono e lavorano in Italia. Secondo alcune stime ufficiali, sarebbero più di 500 mila gli Albanesi che hanno lasciato il proprio Paese cercando la fortuna altrove. Più di 200 mila hanno preferito l'Italia, ma di loro solo circa 120 mila sarebbero regolari.
Il flusso è tale che nemmeno i 5 traghetti che partono quotidianamente da Bari per Durazzo riescono a fare fronte alla domanda. Come ci spiegano agli uffici dell'imbarco, "i due traghetti messi a disposizione dall''Adriatica' hanno una capacità singola di 2400 passeggeri. I tre traghetti delle altre agenzie hanno una capacità minore, poco più di 1000 passeggeri". Basterebbe un piccolo calcolo per capire che nei giorni a cavallo tra luglio e agosto circa 8.000 mila emigranti albanesi hanno lasciato quotidianamente l'Italia per tornare alle proprie case. La cifra coincide con quella che i media albanesi daranno nei giorni successivi.
Alle 19:45 comincia l'imbarco: al ritmo lento e tortuoso si aggiunge la fatica di portare su per le scale della "Domiziana" le enormi valige che tutti si trascinano dietro. "Avash, avash" (piano, piano), dicono alcuni membri dell'equipaggio incaricati di sistemare i passeggeri. Anche se le valige che spesso si incastrano l'una con l'altra ostacolano il transito, tutti spingono e vogliono passare per primi: sono molti quelli che hanno un biglietto "Ponte" e devono trovare un angolo tranquillo lungo i corridoi, dove buttare giù una coperta sulla quale sdraiarsi per passare la note.
Al nono piano della nave, alcuni giovani ragazzi si chiedono preoccupati come faranno a passare la notte dormendo per terra. "Non lamentatevi - sbotta una donna con un tono di voce che rivela un certo fastidio - abbiamo visto di peggio". Notando l'espressione stupita dipinta sulle facce dei ragazzi, la donna aggiunge: "A me è capitato di dormire per terra in traghetti ben peggiori, tra la ruggine e l'olio. Almeno questo è tutto tappezzato".
Tra i passeggeri ci sono anche molti studenti che frequentano le università italiane. Etis ha 23 anni ed è iscritta alla laurea specialistica in "Comunicazione Istituzionale e d'Impresa" all'Università di Perugia. Ha finito gli esami della sessione di giugno-luglio ed ora sta tornando a casa per le vacanze. Anche lei ha un biglietto "Ponte" poiché "è il modo più economico di viaggiare per uno studente". Dice di non scartato l'idea di prendere l'aereo perché, oltre al caro prezzo del biglietto, "se si è in gruppo il viaggio sulla nave è più faticoso, ma anche più divertente. Poi, la gente si abitua". Infatti, girando per i corridoi della "Domiziana", si ha l'impressione che in fin dei conti la gioia e l'adrenalina che create dall'emozione di tornare a casa sono assai maggiori della scomodità del viaggio in nave.
Etis racconta che da 5 anni studia in Italia e nei suoi viaggi, dove prende sempre il traghetto, alla fine qualcosa è cambiato. "Ci sono più servizi, la comodità - spiega - è aumentata un po' anche la gentilezza dell'equipaggio nei confronti dei viaggiatori: se prima erano molto più sgarbati, alzavano la voce e parlavano in dialetto, ora si usa più l'italiano corretto e cercano di essere un po' più gentili".
È lei a svelarci la poca simpatia nei rapporti tra l'equipaggio e i passeggeri, che poi noteremo durante tutto il tragitto. Basta un piccolo contatto tra le parti, anche in situazioni ordinarie, come la fila davanti alla cassa del bar, che cominciano a volare battute, frecciatine maliziose, e pure qualche offesa reciproca.
Se l'accusa dei passeggeri è la poca gentilezza, quella dei membri dell'equipaggio è l'inciviltà dei viaggiatori. Ce la confessa un ufficiale che preferisce non dire il proprio nome. È di Bari e dice di essere stato per la prima volta in Albania nel 1983, "quando a Durazzo non c'era niente". È da parecchio tempo che lavora sulla tratta tra le due coste dell'Adriatico, e ci confessa di aver visto "di tutto". "Ma comunque - aggiunge subito - negli ultimi anni molte cose sono cambiate". In cosa? "È cambiata la gente - risponde, facendo attenzione alle parole nel tentativo di non essere offensivo - che ora è molto più civile".
È quasi mezzanotte e dall'orario ufficiale di partenza ormai è passata un'ora. Fuori ci sono ancora un centinaio di macchine che aspettano in fila l'imbarco. L'attesa comincia a diventare insopportabile. Un tizio al volante comincia a suonare il clacson. Lo seguono altri due-tre, poi tutto il gruppo. I nervi tesi portano ad una protesta acustica contro il ritmo lentissimo dell'imbarco. Forse una buona occasione per smaltire la tensione che si è creata.
A bordo i corridoi sono ormai pieni e si cammina a fatica, facendo attenzione a non calpestare i piedi di qualcuno. In uno di essi incontriamo Fatime, una donna sui 40 anni. È originaria di Elbasan, ma da 5 anni vive con la propria famiglia in provincia di Treviso. Viaggia insieme al marito e ai due figli che stanno dormendo accanto a lei. "Non dormo per paura di lasciare le valige incustodite", dice, mentre cerca di passare il tempo conversando con una signora anziana vestita a lutto. "Non mi abituerò mai all'Italia - racconta - Per i giovani è più facile ma per la nostra generazione ci sono troppi problemi, anche con la lingua". Fatime dice di essere laureata in ingegneria, e aggiunge "per garantire un futuro migliore ai miei figli mi sono sacrificata e sono venuta in Italia, dove faccio le pulizie in un carcere".
"Almeno una volta all'anno torno in Albania, perché ho lasciato i miei genitori - continua il suo racconto - Preferisco viaggiare in aereo. Se prenoti con 3-4 mesi d'anticipo risparmi sul biglietto. Ma mio marito aveva un problema con la scadenza del permesso di soggiorno e l'incertezza sulla data ci ha portati a scegliere il traghetto". Alla fine, anche per lei, la stanchezza prevale sulla prudenza e Fatime appoggia la testa su una delle valige e si addormenta.
È l'1:25 quando la "Domiziana" salpa dal porto di Bari in direzione delle coste albanesi. La potenza dei suoi motori le permette di viaggiare a 22 miglia orarie e la mattina dopo raggiungerà Durazzo alle 8:30.
Il pianto dei bambini fa da sveglia, impossibile continuare a dormire. Alle 7:00 sono già quasi tutti in piedi. Gli uomini vanno a fare la fila al bar, mentre le donne sono in bagno a truccarsi e sistemarsi. Le gonne e i vestiti eleganti prendono il posto dei jeans, i capelli raccolti dietro la nuca ormai sono pettinati con cura, i tacchi hanno sostituito le scarpe da ginnastica indossate la sera precedente. Sanno bene che una volta scese dalla nave le aspetta la ghiaia e la polvere che caratterizzano il porto di Durazzo, "ma la prima impressione che devono lasciare sui parenti che le aspettano è più importante", ci spiega Etis, la studentessa di Perugia.
Lo sbarco comincia alle 8:30. Per oltre un centinaio di metri le rotelle delle valige non servono più ed è meglio se le tieni in braccio. Finché arrivi al cancello d'uscita dal porto, devi rispondere alla domanda frequente: "Serve un taxi?". Una volta fuori, oltre ai parenti, ti aspettano i tanti Rom che chiedono l'elemosina, perlopiù bambini. Ma a dare qualcosa a loro ci pensano i parenti, felici di riabbracciare nuovamente i loro cari. Quelli appena scesi dalla nave stranamente rispondono sempre: "Sciò! Non abbiamo niente!".
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