Socialisti, 'zaristi' e rappresentanti della comunità turca. Sembra esserci gran parte della storia dei Balcani nel nuovo governo bulgaro approvato il 16 agosto scorso dal parlamento. Le nomine governative degli amministratori regionali scatenano però forti tensioni
Dopo circa due mesi di complessi giochi politici, il 16 agosto il parlamento bulgaro, esposto a pressioni internazionali e sotto la minaccia reale di elezioni parlamentari anticipate, è finalmente riuscito a partorire un governo. La formazione del nuovo esecutivo è frutto del mandato dato al terzo gruppo parlamentare in ordine di grandezza, quello del Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), il partito della minoranza turca, e il presidente del consiglio è il leader del Partito Socialista Bulgaro (BSP), Sergej Stanisev.
Il mandato di formare il nuovo governo è stato conferito al DSP dopo che per quasi due mesi i socialisti e gli "zaristi", il partito dell'ex zar Simeon (NDSV), non sono riusciti a giungere a un'intesa per la spartizione delle poltrone e per la formazione di un'eventuale coalizione tra di loro. Alla fine di luglio gli "zaristi" si sono ritirati all'ultimo momento dal progetto di coalizione con i socialisti e con il DPS, una mossa che ha portato al fallimento del primo mandato per la formazione del governo, che era stato conferito al BSP. Da parte loro i socialisti hanno successivamente rifiutato di entrare in una coalizione con il NDSV in occasione del secondo mandato, conferito al NDSV, una decisione che comportava un quasi sicuro fallimento di ogni governo proposto da quest'ultimo di fronte al parlamento. Di fronte a questa situazione, il NDSV ha deciso di rinunciare a formare un governo.
La costituzione del paese prevede che il presidente della repubblica, quando il mandato del primo e secondo partito in ordine di grandezza danno luogo a un fallimento, conferisca il mandato a un gruppo parlamentare di sua scelta, indipendentemente dalle sue dimensioni. Qualora anche quest'ultimo dovesse fallire, il presidente è tenuto a nominare un governo tecnico ad interim, a sciogliere il parlamento e a indire elezioni anticipate. Durante le consultazioni politiche si sono delineate due possibilità: conferire il mandato al più piccolo tra i gruppi parlamentari, quello dell'Unione Popolare Bulgara (BNS), oppure conferirlo al terzo partito in parlamento, il DPS. Il leader di quest'ultimo, Ahmed Dogan, ha subito dichiarato pubblicamente che se avesse ricevuto il mandato, avrebbe proposto un esecutivo pressoché identico a quello con Stanisev come premier che non aveva ottenuto la fiducia in occasione del primo mandato.
Alla fine, il presidente Georgi Parvanov (ex leader del Partito Socialista), viste le divergenze interne al BNS, ha deciso di conferire il terzo mandato al DPS. Nel corso dei mesi che hanno preceduto le elezioni, così come durante i tentativi di formare un governo, il presidente si era impegnato in maniera particolarmente attiva per la creazione di una "coalizione dalle ampie basi" che avrebbe dovuto obbligatoriamente comprendere il DPS. Un governo dall'ampia maggioranza, creato con il sostegno del presidente Parvanov, avrebbe garantito a quest'ultimo una grande probabilità di essere rieletto in occasione delle elezioni presidenziali previste per il novembre dell'anno prossimo e la partecipazione del DPS al governo gli avrebbe assicurato il voto della minoranza turca. Messe di fronte alla prospettiva di elezioni anticipate, le tre principali forze politiche sono riuscite ad accordarsi sulla spartizione delle poltrone in soli due giorni, un tempo quasi record. Il 16 agosto il governo del premier Sergej Stanisev ha ottenuto la fiducia del parlamento con 169 voti a favore e 68 contro su 237 deputati presenti (il parlamento ha 240 deputati). L'esecutivo, composto da BSP, NDSV e DPS può contare sulla più ampia maggioranza parlamentare mai vista in Bulgaria dall'inizio della transizione.
La struttura e gli esponenti del nuovo governo sono in pratica uguali a quelli proposti e poi bocciati in occasione del primo mandato dei socialisti. Nonostante il governo sia stato formato con il mandato del DPS, i socialisti conservano il loro ruolo di leadership, in particolare la funzione di primo ministro e il maggior numero di ministri. Il premier Sergej Dmitrievic Stanisev è figlio di un ex alto funzionario del Partito Comunista. Si è laureato in Storia a Mosca e si è specializzato in Relazioni Internazionali a Londra. Ha lavorato come esperto in rapporti internazionali presso il BSP fino al 2001, anno in cui Georgi Parvanov, appena eletto presidente della repubblica (e fino ad allora presidente del BSP) lo ha lanciato nella posizione di leader del partito. Come leader Stanisev ha lavorato per trasformare il BSP da un partito post-comunista in un moderno partito socialista europeo.
Rispetto al primo esecutivo non approvato dal parlamento, i socialisti hanno rinunciato ad alcuni ministeri a favore del NDSV. Il nuovo governo avrà 15 ministeri, suddivisi in rapporto di 9-5-3 rispettivamente tra BSP, NDSV e DPS. I socialisti controlleranno i ministeri degli interni, degli esteri, delle finanze, dell'economia e dell'energia (che finora erano due ministeri separati), dei trasporti, dello sviluppo regionale, del lavoro e delle politiche sociali, della sanità, della cultura. Ha sorpreso molti la persona scelta dai socialisti come ministro delle finanze. Si tratta dell'indiscusso esperto di finanza e insegnante universitario Plamen Oresarski, che è stato viceministro delle finanze nel governo di destra guidato da Ivan Kostov (1997-2001). Fanno parte dell'esecutivo anche due ministri del governo socialista catastroficamente caduto nel 1997 in seguito a proteste di piazza: si tratta di Rumen Ovcarov (economia ed energia) ed Emilia Maslarova (lavoro e politiche sociali).
Al NDSV sono andati il ministero dell'educazione, quello dell'amministrazione statale, quello della difesa e quello delle questioni europee. A tre ministri del precedente governo Sakskoburggotski viene nuovamente assegnato un posto nel governo. L'ex ministro Georgi Petkanov diventa ministro della giustizia, l'ex ministro dei trasporti (e prima ancora dell'economia) Nikolaj Vasilev guiderà il nuovo ministero dell'amministrazione statale, mentre l'ex ministro per le questioni europee, Miglena Kuneva, conserva il suo posto. La rinnovata presenza di ministri del precedente gabinetto è stata presentata dal BSP come espressione di una politica di "continuità nel governo". Il ministero dell'educazione andrà a Daniel Valcev e quello della difesa al segretario capo del NDSV, Veselin Bliznakov. Conserva il suo posto anche il segretario generale del Ministero degli Interni del precedente governo, una posizione chiave per il controllo della polizia, gen. Bojko Borisov. Il nuovo ministro socialista degli interni ha tuttavia annunciato che effettuerà importanti cambiamenti strutturali nel dicastero di sua competenza.
Il DPS ha ottenuto tre poltrone ministeriali: agricoltura, ambiente e protezione civile. Si tratta degli stessi dicasteri che il partito controllava già nel governo Sakskoburggotski. Il ministro della protezione civile, Emel Etem, è anche vicepremier. Questo dicastero ha assunto una particolare importanza, perché recentemente la Bulgaria è stata colpita da inondazioni in seguito alle quali sono stati stanziati ingenti fondi da distribuire. In generale, i ministeri assegnati al DPS distribuiscono molti fondi per il programma di preadesione all'UE.
L'accordo preventivo era quello di distribuire i posti di viceministri in proporzione di 35-22-14 rispettivamente tra BSP, NDSV e DPS. Ma le principali sorprese sono venute dall'assegnazione dei posti di amministratori delle regioni, che in Bulgaria non vengono eletti direttamente dai cittadini e vengono nominati invece dal governo. Secondo l'accordo tra i partner di coalizione i posti dovevano essere suddivisi in proporzione 14-8-6. I tre partiti tuttavia non sono riusciti ad accordarsi su quali regioni dovessero andare ai singoli partiti e pertanto si è dovuti ricorrere a mercanteggiamenti e compromessi. Il BSP tiene in particolare modo a controllare le regioni in cui i cittadini di etnia turca sono in maggioranza e che tradizionalmente sono controllate dal DPS. Il leader di quest'ultimo, Dogan, ha accettato di non avere amministratori in queste regioni e in cambio ha ricevuto dai socialisti la promessa di avere il controllo di regioni particolarmente appetitose come quelle di Varna e Sofia. Il NDSV si è sentito danneggiato dall'accordo tra BSP e DPS, perché consegnerebbe le cinque maggiori regioni unicamente a tali due partiti. La situazione si è ulteriormente complicata per la crescente insoddisfazione nel paese contro la nomina degli amministratori del DPS. Il 28 agosto, a Varna (la terza città della Bulgaria in ordine di grandezza, situata sul Mar nero) 17 partiti e organizzazioni, tra i quali anche la sede metropolitica locale della chiesa ortodossa, hanno dato vita a un "comitato rivoluzionario per la difesa di Varna" e hanno organizzato proteste contro l'eventuale nomina di un amministratore del DPS. Il 29 agosto il Sinodo della chiesa ortodossa ha preso ufficialmente le distanze dalla decisione del metropolita di Varna. Anche strutture politiche e organizzazioni non governative della regione di Sofia hanno protestato contro la nomina di un amministratore regionale del DPS. Dichiarazioni di protesta contro nomine analoghe sono state inviate al presidente della repubblica, al premier e al presidente del parlamento anche da formazioni politiche di altre regioni, ivi comprese alcune strutture regionali del BSP, le quali ritengono ingiusto che il DPS abbia amministratori in regioni in cui il partito non ha alcuna influenza.
Il governo, come era scontato, ha appoggiato il proprio partner di maggioranza. I socialisti hanno diffuso una dichiarazione in cui si condannavano i fenomeni di tensione etnica nel paese. Secondo il premier Stanisev queste tensioni artificiose sono opera di circoli politici irresponsabili e conseguenza di interessi economici non limpidi nelle singole regioni, nonché in generale di chi non desidera che vi sia uno stato forte. Secondo alcuni osservatori il conflitto potrebbe trasformarsi in un problema interetnico. Il 30 agosto sono stati infine comunicati pubblicamente i nomi degli amministratori regionali: la distribuzione delle poltrone conferma che ai socialisti sono andate le zone a maggioranza turca e che al DPS sono andate le regioni che gli erano state promesse, in particolare quella di Varna, dove erano state organizzate le proteste. In seguito alle tensioni createsi il DSB, partito di destra dell'ex premier Kostov, ha annunciato che proporrà al governo una nuova normativa per la nomina degli amministratori mediante il voto dei cittadini. Per ora le forze di governo non si sono pronunciate su tale proposta.
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