Trasparenza, coordinamento, rapporti con politica e impresa. Una conferenza regionale a Budva ha discusso problematiche e obiettivi della società civile montenegrina

28/04/2009 -  Mustafa Canka

Il settore non governativo in Montenegro non sta attraversando un periodo facile. Causa una consistente diminuzione dei fondi, la dipendenza dagli enti donatori e dagli organismi politici, la difficoltà di accedere ai fondi europei e la crisi economica mondiale, si prevede che nel prossimo futuro le organizzazioni della società civile vedranno ridursi significativamente le disponibilità finanziarie per la realizzazione dei progetti. Di conseguenza, la sostenibilità economica è attualmente l'obiettivo prioritario del settore. Questo è uno dei dati emersi nel corso della conferenza regionale "Lo sviluppo della società civile in Montenegro", tenutasi sabato 25 aprile a Budva.

Il convegno - che ha visto fra gli organizzatori il Centro per la democrazia e i diritti umani di Podgorica (Cedem), l'organizzazione del terzo settore Euclid Network di Londra e il "Foreign and Commonwealth Office", ovvero il dipartimento del governo britannico che promuove gli interessi del Regno Unito oltreconfine - ha riunito una quarantina di funzionari statali e rappresentanti del settore non governativo in Montenegro e nei Balcani occidentali. All'evento ha partecipato inoltre l'ambasciatore britannico a Podgorica Kevin Lyne, che ha dichiarato l'intenzione del proprio paese di continuare a sostenere la società civile montenegrina, in particolare ora che il paese si avvicina sempre più all'Unione Europea.

Secondo il coordinatore del Cedem Nenad Koprivica, i partecipanti hanno concordato sulla necessità di una serie di azioni finalizzate a semplificare e migliorare la realizzazione dei numerosi progetti della società civile: rapida ricostruzione del settore, formazione continua, creazione di un network e migliore cooperazione fra organizzazioni non governative. A questo proposito Sanja Elezović, direttore esecutivo dell'ufficio montenegrino della fondazione Open Society, si è soffermata sull'esigenza di collegamento fra le ONG del paese. "Le ONG in Montenegro sono troppo piccole, non si occupano delle questioni più cruciali e non riescono ad assorbire i fondi europei: per questo devono lavorare sulle proprie strutture, rafforzare la propria professionalità e stabilire relazioni fra di loro", ha detto, aggiungendo che in questo modo le organizzazioni potranno ampliare la lorosfera d'influenza e rafforzare la popolarità presso il pubblico. È proprio questo il caso del Network per l'affermazione del settore non governativo (Mans) e della sua direttrice Vanja Ćalović, che i sondaggi indicano da anni come il personaggio pubblico più popolare in Montenegro.

Inoltre, le ONG montenegrine soffrono costantemente della carenza di informazioni sulle possibilità di ottenere i fondi dell'Unione Europea, in particolare quelli stanziati da Bruxelles per i prossimi due anni nell'ambito del programma di assistenza pre-adesione (IPA) e destinati allo sviluppo del settore non governativo nei Balcani occidentali. Durante la conferenza questo tema è stato approfondito da Nicolò Bertolini, rappresentante della delegazione della Commissione Europea a Podgorica, che ha poi concordato con gli altri relatori nel sollecitare il rafforzamento delle competenze delle ONG e il loro coordinamento a livello regionale.

Fra i temi più discussi è emersa la necessità di sviluppare la filantropia e la responsabilità sociale d'impresa: su questi indicatori, infatti, il Montenegro occupa l'ultimo posto fra i paesi della regione. Goran Đurović, direttore esecutivo del Centro per lo sviluppo delle organizzazioni non governative (Crnvo), ha evidenziato come la definizione di "attività rivolte al bene comune" utilizzata nelle leggi sul prelievo fiscale sia estremamente restrittiva e la maggioranza delle imprese non abbia interesse a collaborare con il settore non governativo, sottolineando inoltre che il governo potrebbe considerare la possibilità di sgravi fiscali per le donazioni di pubblica utilità e stimolare la creazione di fondazioni aziendali.

In questa prospettiva, si renderebbe cruciale assicurare maggiore trasparenza nel lavoro delle ONG. Eppure, la legge sulle organizzazioni non governative approvata nel 1999 è estremamente permissiva. Il risultato è che in Montenegro esistono oltre 3500 ONG, la maggioranza delle quali non è attiva o nasconde in realtà una piccola impresa che elude il fisco, perché i ricavi delle organizzazioni no-profit, fino a una soglia di 4000 euro, non sono soggetti a tassazione. Solo 200 ONG possono essere considerate autentiche espressioni della società civile - e queste hanno dato un contributo significativo al processo di democratizzazione del paese e alla lotta alla corruzione. Proprio per questo l'opinione pubblica ha fiducia solo in alcune organizzazioni e vede le altre come piccole imprese che evadono le tasse o riserve clientelari che creano posti di lavoro destinati ai raccomandati della politica.

Il terzo settore montenegrino è infatti legato a doppio filo al governo, che decide a quali ONG destinare i fondi, provenienti in parte direttamente dal budget statale (regolamentato dal Parlamento), in parte dai ministeri e in parte dai Comuni. Le modalità di attribuzione dei fondi da parte del Parlamento suscitano però intense controversie. Hanno diritto ai finanziamenti le ONG che si occupano di diritti umani, democrazia, sviluppo della società civile, integrazione europea, attività sociali, ecologia, cultura e istruzione. Ogni anno, la commissione parlamentare deputata indice un bando per l'assegnazione dei fondi e per stabilire quali organizzazioni ne beneficeranno, ma non esistono chiari criteri di selezione. In molti casi, la commissione assegna fondi molto inferiori alle richieste, senza indicare chiaramente quale parte del progetto è disposta a finanziare. Infine, non esistono metodi sicuri per monitorare l'effettivo uso dei fondi richiesti. È evidente che, in questo panorama, i rischi di interferenza politica e frode sono notevoli.


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